Dei delitti e delle pene (1821)/XXXVII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | XXXVI | XXXVIII | ► |
§ XXXVII.
Di un genere particolare di delitti.
Chiunque leggerà questo scritto, accorgerassi che io ho ommesso un genere di delitti che ha coperto l’Europa di sangue umano, e che ha alzate quelle funeste cataste, ove servivano di alimento alle fiamme i vivi corpi umani, quando era giocondo spettacolo e grata armonia per la cieca moltitudine l’udire i sordi confusi gemiti dei miseri, che uscivano dai vortici di nero fumo, fumo di membra umane, fra lo stridere delle ossa incarbonite, e il friggersi delle viscere ancor palpitanti. Ma gli uomini ragionevoli vedranno che il luogo, il secolo e la materia non mi permettono di esaminare la natura di un tal delitto. Troppo lungo e fuori del mio soggetto sarebbe il provare, come debba essere necessaria una perfetta uniformità di pensieri in uno stato, contro l’esempio di molte nazioni; come opinioni, che distano tra di loro solamente per alcune sottilissime ed oscure differenze, troppo lontane dalla umana capacità, pure possono sconvolgere il ben pubblico, quando non sia autorizzata a preferenza delle altre; e come la natura delle opinioni sia composta a segno che, mentre alcune col contrasto fermentando e combattendo insieme si rischiarano, e soprannuotando le vere, le false si sommergono nell’obblio; altre, mal sicure per la nuda loro costanza, dehbono essere vestite di autorità e di forza. Troppo lungo sarebbe il provare, come, quantunque odioso sembri l’impero della forza sulle menti umane, del quale le sole conquiste sono la dissimulazione, indi l’avvilimento, quantunque sembri contrario allo spirito di mansuetudine e di fraternità comandato dalla ragione e dall’autorità, che più veneriamo, pure sia necessario ed indispensabile. Tutto ciò deve credersi evidentemente provato, e conforme ai veri interessi degli uomini, se v’è chi con riconosciuta autorità lo eserciti. Io non parlo che dei delitti che emanano dalla natura umana e dal patto sociale, e non dei peccati, de’ quali le pene anche temporali debbono regolarsi con altri principii che quelli di una limitata filosofia.