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e delle pene | 109 |
§ XXXVII.
Di un genere particolare di delitti.
Chiunque leggerà questo scritto, accorgerassi che io ho ommesso un genere di delitti che ha coperto l’Europa di sangue umano, e che ha alzate quelle funeste cataste, ove servivano di alimento alle fiamme i vivi corpi umani, quando era giocondo spettacolo e grata armonia per la cieca moltitudine l’udire i sordi confusi gemiti dei miseri, che uscivano dai vortici di nero fumo, fumo di membra umane, fra lo stridere delle ossa incarbonite, e il friggersi delle viscere ancor palpitanti. Ma gli uomini ragionevoli vedranno che il luogo, il secolo e la materia non mi permettono di esaminare la natura di un tal delitto. Troppo lungo e fuori del mio soggetto sarebbe il provare, come debba essere necessaria una perfetta uniformità di pensieri in uno stato, contro l’esempio di molte nazioni; come opinioni, che distano tra di loro solamente per alcune sottilissime ed oscure differenze, troppo lontane dalla umana capacità, pure possono sconvolgere il ben pubblico, quando non sia autorizzata a preferenza delle altre; e come la natura delle opinioni sia composta a segno che, mentre alcune col contrasto fermentando e combattendo insieme si rischiarano, e soprannuotando le vere, le false si sommergono nell’obblio; altre, mal sicure per la nuda loro costanza, dehbono essere vestite di autorità e di forza. Troppo