Dei delitti e delle pene (1821)/XXXIII
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§ XXXIII.
Della tranquillità pubblica.
Finalmente tra i delitti della terza specie sono particolarmente quelli che turbano la pubblica tranquillità e la quiete de’ cittadini, come gli strepiti e i bagordi nelle pubblice vie destinate al commercio ed al passaggio de’ cittadini, come i fanatici sermoni, ch’eccitano le facili passioni della curiosa moltitudine, le quali prendono forza dalla frequenza degli uditori, e più dall’oscuro e misterioso entusiasmo, che dalla chiara e tranquilla ragione, la quale mai non opera sopra una gran massa d’uomini.
La notte illuminata a pubbliche spese, le guardie distribuite nei differenti quartieri delle città, i semplici e morali discorsi della religione riserbati al silenzio ed alla sacra tranquillità dei tempii protetti dall’autorità pubblica, le arringhe destinate a sostenere gli interessi privati e pubblici nelle adunanze della nazione, nei parlamenti, o dove risieda la maestà del sovrano, sono tutti mezzi efficaci per prevenire il pericoloso addensamento delle popolari passioni. Questi formano un ramo principale della vigilanza del magistrato, che i Francesi chiamano della police: ma se questo magistrato operasse con leggi arbitrarie, e non istabilite da un codice che giri fra le mani di tutti i cittadini, si apre una porta alla tirannia, che sempre circonda tutti i confini della libertà politica. Io non trovo eccezione alcuna a questo assioma generale: che ogni cittadino deve sapere quando sia reo, o quando sia innocente. Se i censori, e in genere i magistrati arbitrari sono necessari in qualche governo, ciò nasce dalla debolezza della sua costituzione, e non dalla natura di governo bene organizzato. L’incertezza della propria sorte ha sacrificate più vittime alla oscura tirannia, che non la pubblica e solenne crudeltà. Essa rivolta gli animi più che non gli avvilisce. Il vero tiranno comincia sempre col regnare sulla opinione, che previene il coraggio, il quale solo può risplendere o nella chiara luce della verità, o nel fuoco delle passioni, o nell’ignoranza del pericolo.