§ V.

../IV ../VI IncludiIntestazione 1 novembre 2013 100% Da definire

IV VI
[p. 20 modifica]

§ V.

Oscurità delle leggi.

Se l’interpretazione delle leggi è un male, egli è evidente esserne un altro l’oscurità che strascina seco necessariamente l’interpretazione, e lo sarà grandissimo se le leggi sieno scritte [p. 21 modifica] in una lingua straniera al popolo, che lo ponga nella dipendenza di alcuni pochi, non potendo giudicare da se stesso qual sarebbe l’esito della sua libertà, o dei suoi membri, in una lingua che formi di un libro solenne e pubblico un quasi privato e domestico.

Quanto maggiore sarà il numero di quelli che intenderanno e avranno fra le mani il sacro codice delle leggi, tanto men frequenti saranno i delitti, perché non v’ha dubbio che l’ignoranza e l’incertezza delle pene aiutino l’eloquenza delle passioni. Che dovremo pensar degli uomini, riflettendo esser questo l’inveterato costume di buona parte della colta ed illuminata Europa?

Una conseguenza di queste ultime riflessioni è che senza la scrittura una società non prenderà mai una forma fissa di governo, in cui la forza sia un effetto del tutto, e non delle parti, e in cui le leggi, inalterabili se non dalla volontà generale, non si corrompano passando per la folla degl’interessi privati. L’esperienza e la ragione ci hanno fatto vedere che la probabilità e la certezza delle tradizioni umane si sminuiscono a misura che si allontanano dalla sorgente. Che se non esiste uno stabile monumento del patto sociale, come resisteranno le leggi alla forza inevitabile del tempo e delle passioni?

Da ciò veggiamo quanto sia utile la stampa, che rende il pubblico, e non alcuni pochi, depositario delle sante leggi, e quanto abbia dissipato quello spirito tenebroso di cabala e d’intrigo che sparisce in faccia ai lumi ed alle [p. 22 modifica] scienze apparentemente disprezzate, e realmente temute dai seguaci di lui. Quest'è la cagione, per cui veggiamo sminuita in Europa l’atrocità de’ delitti che facevano gemere gli antichi nostri padri, i quali diventavano a vicenda tiranni e schiavi. Chi conosce la storia di due o tre secoli fa e la nostra, potrà vedere come dal seno del lusso e della mollezza nacquero le più dolci virtù, l’umanità, la beneficenza, la tolleranza degli errori umani: vedrà quali furono gli effetti di quella che chiamasi a torto antica semplicità e buona fede: l’umanità gemente sotto l’implacabile superstizione; l’avarizia, l’ambizione di pochi tinger di sangue umano gli scrigni dell’oro e i troni dei re; gli occulti tradimenti, le pubbliche stragi; ogni nobile, tiranno della plebe; i ministri della verità evangelica lordando di sangue le mani che ogni giorno toccavano il Dio di mansuetudine, non sono l’opera di questo secolo illuminato, che alcuni chiamano corrotto.