Dei delitti e delle pene (1780)/Capitolo XXXIX
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§. X X X I X.
Dello spirito di famiglia.
Lo spirito di famiglia è un’altra sorgente generale di errori e d’ingiustizie della legislazione: la crudeltà e gli altri vizj delle leggi penali furono approvate dagli uomini anche i più illuminati, ed esercitate dalle repubbliche più libere, per aver considerato piuttosto la società come un unione di famiglie, che come un unione di uomini. Vi siano cento mila uomini, o sia venti mila famiglie, ciascuna delle quali è composta di cinque persone, compresovi il capo che la rappresenta; se l'associazione è fatta per le famiglie, vi saranno venti mila uomini, e ottanta mila schiavi; se l’associazione è di uomini, vi saranno cento mila cittadini, e nessuno schiavo. Nel primo caso vi sarà una repubblica, e venti mila piccole monarchie, che la compongono nel secondo, lo spirito repubblicano non solo spirerà nelle piazze e nelle adunanze della nazione, ma anche nelle domestiche mura, dove sta gran parte della felicità o della miseria degli uomini. Nel primo caso, come le leggi ed i costumi sono l’effetto dei sentimenti abituali dei membri della repubblica, o sia dei capi della famiglia, lo spirito monarchico s'introdurrà a poco a poco nella repubblica medesima; e i di lui effetti saranno frenati soltanto dagl'interessi opposti di ciascuno, ma non già da un sentimento spirante libertà ed uguaglianza. Lo spirito di famiglia è uno spirito di dettaglio, e limitato a'piccoli fatti. Lo spirito regolatore delle repubbliche, padrone dei principj generali, vede i fatti e li condensa nelle classi principali ed importanti al bene della maggior parte. Nella repubblica di famiglie, i figli rimangono nella potestà del capo che vive, e sono costretti ad aspettare dalla di lui morte una esistenza dipendente dalle sole leggi. Avvezzi a piegare ed a temere nell'età pia verde e vigorosa, quando i sentimenti son meno modificati da quel timore di esperienza che chiamasi moderazione, come resisteranno essi agli ostacoli che il vizio sempre oppone alla virtù nella languida e cadente età, in cui anche la disperazione di vederne i frutti si oppone ai vigorosi cambiamenti?
Quando la repubblica è di uomini, la famiglia non è una subordinazione di comando, ma di contratto; e i figli quando l’età li trae dalla dipendenza di natura, che è quella della debolezza, e del bisogno di educazione e di difesa, diventano liberi membri della città, e si assoggettano al capo di famiglia per parteciparne i vantaggj, come gli uomini liberi nella grande società. Nel primo caso, i figli, cioè la più gran parte e la più utile della nazione, sono alla discrezione dei padri: nel secondo, non sussiste altro legame comandato, che quel sacro, ed inviolabile di somministrarci reciprocamente i necessarj soccorsi, e quello della gratitudine per li beneficj ricevuti, il quale non è tanto distrutto dalla malizia del cuore umano, quanto da una mal intesa soggezione voluta dalle leggi.
Tali contraddizioni fralle leggi di famiglia, e le fondamentali della repubblica, sono una seconda sorgente di altre contraddizioni fralla morale domestica, e la pubblica; e però fanno nascere un perpetuo conflitto nell’animo di ciascun uomo. La prima inspira soggezione e timore; la seconda coraggio e libertà: quella insegna a restringere la beneficenza ad un piccol numero di persone senza spontanea scelta; questa a stenderla ad ogni classe di uomini: quella comanda un continuo sacrificio di se stesso a un idolo vano che si chiama bene di famiglia, che spesse volte non è il bene di alcuno che la compone; questa insegna a servire ai proprj vantaggj, senza offendere le leggi, o eccita ad immolarsi alla patria col premio del fanatismo, che previene l'azione. Tali contrasti fanno che gli uomini si sdegnino a seguire la virtù, che trovano inviluppata e confusa, e in quella lontananza che nasce dalla oscurità degli oggetti sì fisici che morali. Quante volte un uomo, rivolgendosi alle sue azioni passate, resta attonito di ritrovarsi malonesto! A misura che la società si moltiplica, ciascun membro diviene più piccola parte del tutto, e il sentimento repubblicano si sminuisce proporzionalmente, se cura non è delle leggi di rinforzarlo. Le società hanno, come i corpi umani, i loro limiti circoscritti, al di là de’ quali crescendo, l'economia ne è necessariamente disturbata. Sembra che la massa di uno stato debba essere in ragione inversa della sensibilità di chi lo compone; altrimenti crescendo l’una e l’altra, le buone leggi troverebbono nel prevenire i delitti un ostacolo nel bene medesimo che hanno prodotto. Una repubblica troppo vasta non si salva dal dispotismo, che col sottodividersi e unirsi in tante repubbliche federative. Ma come ottener questo? Da un dittatore dispotico, che abbia il coraggio di Silla, e tanto genio per edificare, quanto egli n’ebbe per distruggere. Un tal uomo, se sarà ambizioso, la gloria di tutti i secoli lo aspetta; se sarà filosofo, le benedizioni de’ suoi cittadini lo consoleranno della perdita dell’autorità, quando pure non divenisse indifferente alla loro ingratitudine. A misura che i sentimenti, che ci uniscono alla nazione, s’indeboliscono, si rinforzano i sentimenti per gli oggetti che ne circondano; e però sotto il dispotismo più forte, le amicizie sono più durevoli, e le virtù (sempre mediocri) di famiglia, sono le più comuni, o piuttosto le sole. Da ciò può ciascun vedere quanto fossero limitate le viste della più parte dei legislatori.