Degli edifizii/Libro sesto/Capo II

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CAPO II.

Il Paratonio, e l’Antipirgo. Teucria, Berenice,
Tolemaide, Borio, e le due Augile.


Gran parte della Libia è deserta; e quantunque non vi sieno stati quasi mai a presidio corpi di soldati, mirando l’Imperadore nostro a volerla salva dalle incursioni de’ vicini Mauri, vi pose due rocche con guarnigione; una detta il Paratonio, l’altra l’Antipirgo, non lungi dalla Pentapoli. La Pentapoli poi è lontana da Alessandria venti giornate di cammino. In questa Pentapoli egli fortificò grandemente la città di Teucria; rifece di pianta le mura di Berenice, e vi edificò bagni pubblici. Di più negli estremi confini della Pentapoli alla parte dell’austro i due monasterii detti Agrilode l’uno, e l’altro Dinarzione, munì di mura e d’altri ripari contro i Barbari di quella regione, onde fossero ritenuti dal fare improvvise scorrerie nell’Impero romano.

Qui pure è la città di Tolemaide, florida in addietro e popolata; ma col tempo rimasta quasi senza abitanti per grande scarsezza d’acqua, per questo essendone gran numero passato ad altri luoghi. L’Imperador nostro restituì alla città la primiera sua felice condizione, ristaurandone l’acquidotto.

Ultima della Pentapoli verso l’occidente è la città di Borio, in sito in cui i monti si addossano l’uno sull’altro a modo, che così stretti insieme intercludono il passo a’ nemici. Questa città, che non avea mura, l’imperadore cinse di validissimi bastioni; e con tutta [p. 473 modifica]la circostante contrada assicurò contro ogni tentativo ostile.

Quattro giornate di cammino da Borio, e volte al fianco australe di essa, stanno due città dello stesso nome, che è quello di Augila, antiche entrambe, ed abitate da una classe d’uomini tutti consacrati ad antichi riti religiosi. Ed in fatti sino al tempo nostro essi continuavano nella loro superstizione, a molte divinità rendendo culto. Antichi tempii erano qui dedicati ad Ammone, e ad Alessandro il Macedone, ai quali fino al principato di Giustiniano gl’indigeni facevano sagrifizii: nè mancava una schiera numerosissima di sacerdoti, detti Jerotuli. Ma l’Imperadore, che cerca di provvedere non solamente alla incolumità de’ corpi, ma eziandio alla salute delle anime de’ suoi sudditi, con ogni mezzo venne a soccorso di quel popolo, fra le altre sue provvidenze a quella spezialmente avendo applicato il suo zelo, d’istruirlo nella santa religione con sì felice riuscimento, che dai patrii istituti li convertì tutti quanti a Cristo: ed ivi edificò anche un tempio alla Madre di Dio, presidio di salute e di fede vera alle città. Così in quel paese operò egli.

Borio, vicina ai Barbari Mauri, sino a questi giorni fu esente da pubbliche gravezze, non essendovisi mai a memoria d’uomini veduti esattori di tributi, o di gabelle. Ivi i Giudei, antichi abitanti del luogo, aveano un antico tempio molto onorato ed ammirato, il quale è fama che fosse fabbricato da Salomone, re degli Ebrei. Fatti anche tutti questi dai riti de’ loro maggiori passare alla religione cristiana, l’imperadore Giustiniano mutò quel tempio in una chiesa.