Decameron/Giornata settima/Novella sesta
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Giornata settima - Novella quinta | Giornata settima - Novella settima | ► |
[VI]
Madonna Isabella con Leonetto standosi, amata da un messer Lambertuccio, è da lui visitata; e tornato il marito di lei, messer Lambertuccio con un coltello in mano fuor di casa sua ne manda, ed il marito di lei poi Leonetto accompagna.
Maravigliosamente era piaciuta a tutti la novella della Fiammetta, affermando ciascuno, ottimamente la donna aver fatto e quel che si convenia al bestiale uomo. Ma poi che finita fu, il re a Pampinea impose che seguitasse; la quale incominciò a dire:
Molti sono li quali, semplicemente parlando, dicono che Amore trae altrui del senno e quasi chi ama fa divenire smemorato. Sciocca oppinione mi pare: ed assai le giá dette cose l’hanno mostrato, ed io ancora intendo di dimostrarlo.
Nella nostra cittá, copiosa di tutti i beni, fu una giovane donna e gentile ed assai bella, la qual fu moglie d’un cavaliere assai valoroso e da bene. E come spesso avviene che sempre non può l’uomo usare un cibo, ma talvolta disidera di variare, non sodisfaccendo a questa donna molto il suo marito, s’innamorò d’un giovane il quale Leonetto era chiamato, assai piacevole e costumato, come che di gran nazion non fosse, ed egli similmente s’innamorò di lei: e come voi sapete che rade volte è senza effetto quello che vuole ciascuna delle parti, a dare al loro amor compimento molto tempo non s’interpose. Ora, avvenne che, essendo costei bella donna ed avvenevole, di lei un cavalier chiamato messer Lambertuccio s’innamorò forte, il quale ella, per ciò che spiacevole uomo e sazievole le parea, per cosa del mondo ad amar lui disporre non si potea: ma costui con ambasciate sollecitandola molto e non valendogli, essendo possente uomo, la mandò minacciando di vituperarla se non facesse il piacer suo; per la qual cosa la donna, temendo e conoscendo come fatto era, si condusse a fare il voler suo. Ed essendosene la donna, che madonna Isabella avea nome, andata, come nostro costume è di state, a stare ad una sua bellissima possessione in contado, avvenne, essendo una mattina il marito di lei cavalcato in alcun luogo per dovere stare alcun giorno, che ella mandò per Leonetto che si venisse a star con lei, il quale lietissimo incontanente v’andò. Messer Lambertuccio, sentendo il marito della donna essere andato altrove, tutto solo montato a cavallo, a lei se n’andò e picchiò alla porta. La fante della donna, vedutolo, n’andò incontanente a lei, che in camera era con Leonetto, e chiamatala, le disse: — Madonna, messer Lambertuccio è qua giú tutto solo. — La donna, udendo questo, fu la piú dolente femina del mondo: ma temendol forte, pregò Leonetto che grave non gli fosse il nascondersi alquanto dietro alla cortina del letto infino a tanto che messer Lambertuccio se n’andasse. Leonetto, che non minor paura di lui avea che avesse la donna, vi si nascose, ed ella comandò alla fante che andasse ad aprire a messer Lambertuccio; la quale apertogli, ed egli nella corte smontato d’un suo pallafreno, e quello appiccato ivi ad uno arpione, se ne salí suso. La donna, fatto buon viso e venuta infino in capo della scala, quanto piú poté in parole lietamente il ricevette, e domandollo quello che egli andasse faccendo. Il cavaliere, abbracciatala e basciatala, disse: — Anima mia, io intesi che vostro marito non c’era, sí che io mi son venuto a stare alquanto con essovoi. — E dopo queste parole entratisene in camera e serratisi dentro, cominciò messer Lambertuccio a prender diletto di lei. E cosí con lei standosi, tutto fuori della credenza della donna avvenne che il marito di lei tornò, il quale quando la fante vicino al palagio vide, cosí subitamente corse alla camera della donna, e disse: — Madonna, ecco messer che torna; io credo che egli sia giá giú nella corte. — La donna, udendo questo e sentendosi aver due uomini in casa, e conosceva che il cavaliere non si poteva nascondere, per lo suo pallafreno che nella corte era, si tenne morta; nondimeno, subitamente gittatasi del letto in terra, prese partito, e disse a messer Lambertuccio: — Messer, se voi mi volete punto di bene e voletemi da morte campare, farete quello che io vi dirò. Voi vi recherete in mano il vostro coltello ignudo, e con un mal viso e tutto turbato ve n’andrete giú per le scale, ed andrete dicendo: «Io fo boto a Dio che io il coglierò altrove!»; e se mio marito vi volesse ritenere o di niente vi domandasse, non dite altro che quello che detto v’ho, e montato a cavallo, per niuna cagione seco ristate. — Messer Lambertuccio disse che volentieri: e tirato fuori il coltello, tutto infocato nel viso tra per la fatica durata e per l’ira avuta della tornata del cavaliere, come la donna gl’impose, cosí fece. Il marito della donna giá nella corte smontato, maravigliandosi del pallafreno e volendo su salire, vide messer Lambertuccio scendere, e maravigliossi e delle parole e del viso di lui, e disse: — Che è questo, messere? — Messer Lambertuccio, messo il piè nella staffa e montato sú, non disse altro se non: — Al corpo di Dio, io il giugnerò altrove! — ed andò via. Il gentile uomo, montato su, trovò la donna sua in capo della scala tutta sgomentata e piena di paura; alla quale egli disse: — Che cosa è questa? Cui va messer Lambertuccio cosí adirato minacciando? — La donna, tiratasi verso la camera acciò che Leonetto l’udisse, rispose: — Messere, io non ebbi mai simil paura a questa. Qua entro si fuggí un giovane il quale io non conosco e che messer Lambertuccio col coltello in man seguitava, e trovò per ventura questa camera aperta, e tutto tremante disse: — Madonna, per Dio aiutatemi, ché io non sia nelle braccia vostre morto. — Io mi levai diritta, e come il voleva domandare chi fosse e che avesse, ed ecco messer Lambertuccio venir su dicendo: — Dove se’, traditore? — Io mi parai in su l’uscio della camera, e volendo egli entrar dentro, il ritenni: ed egli intanto fu cortese, che, come vide che non mi piaceva che egli qua entro entrasse, dette molte parole, se ne venne giú come voi vedeste. — Disse allora il marito: — Donna, ben facesti; troppo ne sarebbe stato gran biasimo se persona fosse stata qua entro uccisa, e messer Lambertuccio fece gran villania a seguitar persona che qua entro fuggita fosse. — Poi domandò dove fosse quel giovane. La donna rispose: — Messere, io non so dove egli si sia nascosto. — Il cavaliere allora disse: — Ove se’ tu? Esci fuori sicuramente. — Leonetto, che ogni cosa udita avea, tutto pauroso come colui che paura aveva avuta da dovero, uscí fuori del luogo dove nascoso s’era. Disse allora il cavaliere: — Che hai tu a fare con messer Lambertuccio? — Il giovane rispose: — Messer, niuna cosa che sia in questo mondo: e per ciò io credo fermamente che egli non sia in buon senno o che m’abbia colto in iscambio, per ciò che, come poco lontano da questo palagio nella strada mi vide, cosí mise mano al coltello e disse: — Traditor, tu se’ morto! — Io non mi posi a domandare per che ragione, ma quanto potei cominciai a fuggire e qui me ne venni, dove, mercé di Dio e di questa gentil donna, scampato sono. — Disse allora il cavaliere: — Or via, non aver paura alcuna: io ti porrò a casa tua sano e salvo, e tu poi sappi far cercar quello che con lui hai a fare. — E come cenato ebbero, fattol montare a cavallo, a Firenze ne lo menò, e lasciollo a casa sua; il quale, secondo l’ammaestramento della donna avuto, quella sera medesima parlò con messer Lambertuccio occultamente e sí con lui ordinò, che, quantunque poi molte parole ne fossero, mai per ciò il cavalier non s’accorse della beffa fattagli dalla moglie.