Dal profondo/La veglia
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LA VEGLIA.
Ancor la teda antica, per tre becchi
accesa, splende accanto al focolare.
Sul ceppo, a che le fiamme sien più chiare,
fasci hanno aggiunto di rametti secchi.
Traggon le donne il fuso alla conocchia,
altre sull’ago le pupille aguzzano:
fra risa e giochi e strilli, i bimbi ruzzano
delle giovani madri alle ginocchia.
Pendon pannocchie dal soffitto, e fronde
di vischio all’uscio, e il pane è nella madia.
Qui forse, o Pace, il tuo poter s’irradia
dalle radici semplici e profonde!...
Uomini dell’aratro e del rastrello,
vergini che sapete il cigolìo
del secchio al pozzo e il gelido sciacquìo
dei panni al fonte e il peso del mannello,
fatemi un po’ di posto, ch’io mi sieda
fra voi, ch’io fili la conocchia d’oro,
mentre scoppietta il vostro allegro coro
d’intorno, e splende sul camin la teda.
Monti e mari ho varcato — e molte so
favole — e narrerò di Vïolante
e Biancabella, trasformate in piante
dalla fata perversa; e narrerò
la storia triste d’una donna triste
che andò andò fino a smarrir la strada....
.... Accoglietela, avanti ch’ella cada;
del campo ignoto fra le mozze ariste.
Datele un sacco ed un lenzuolo, ed ella
vi dormirà del sonno d’un bambino;
e canterà l’albata a mattutino,
salutando con voi l’ultima stella.