Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/35
Questo testo è completo. |
◄ | Libro terzo - 34 | Libro terzo - 36 | ► |
Venuta di Arrigo, per Genova, a Pisa. Firenze non gli manda ambasciatori, confermando per tal modo l’ostilità già mostratagli col dispregiare e disobbedire gli ambasciatori suoi. Guerra scoperta tra Firenze ed Arrigo (1311 - 1312...1310).
Andossene a Genova per venire a Pisa, tutta d’animo e di parte d’Imperio; che più speranza ebbe della sua venuta che niuna altra città, e che fiorini LXm gli mandò in Lonbardia, e fiorini LXm gli promise quando fusse in Toscana, credendo riavere le sue castella e signoreggiare i suoi adversarii: quella che la ricca spada in segno d’amore gli presentò; quella che delle sue prosperità festa e allegreza faceva; quella che più minaccie per lui ricevea; quella che diritta porta per lui è sempre stata, e per li nuovi signori, che venuti sono in Toscana per mare e per terra, che a loro parte attendano; quella che da’ Fiorentini è molto raguardata, quando s’allegrano delle prosperità d’Imperio.
Giunse lo Imperadore a Pisa a dì VI di marzo 1311 con XXX galee; dove fu con gran festa e allegreza ricevuto e onorato come loro signore. I Fiorentini non vi mandorono anbasciadori, per non esser in concordia i cittadini. Una volta gli elessono per mandarli, e poi non li mandorono, fidandosi più nella simonìa e in corrompere la corte di Roma che patteggiarsi con lui.
Messer Luigi di Savoia, mandato anbasciadore in Toscana dallo Imperadore, venne a Firenze; e fu poco onorato da’ nobili cittadini, e feciono il contrario di quello doveano. Domandò, ché anbasciadore si mandasse a onorarlo e ubbidirli come a loro signore: fu loro risposto per parte della Signoria da messer Betto Brunelleschi, "che mai per niuno signore i Fiorentini inchinarono le corna". E imbasciadore non vi si mandò, ché arebbono avuto da lui ogni buon patto; perché il maggior impedimento ch’avesse, eran i Guelfi di Toscana.
Partito lo anbasciadore, se ne tornò a Pisa. E i Fiorentini feciono fare un battifolle a Arezo, e ricominciarvi la guerra: e in tutto si scopersono nimici dello Imperadore, chiamandolo tiranno e crudele, e che s’accostava co’ Ghibellini, e i Guelfi non volea vedere. E ne’ bandi loro diceano: "A onore di Santa Chiesa, e a morte del re della Magna". L’aquile levarono dalle porti, e dove erano intagliate e dipinte; ponendo pena a chi le dipignesse, o le dipinte non ne spegnesse.