Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/32

Libro terzo - Capitolo 32

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Artifizi e provvedimenti usati dai Neri Fiorentini contro l’Imperatore presso il Re di Francia e il Papa, servendosi specialmente presso quest’ultimo del cardinale Pelagrù, Legato pontificio a Bologna per la guerra di Ferrara (1312, 1311, 1310).

I Fiorentini che erano in Firenze, pieni di temenza e di paura, non attendeano a altro che a corrompere i signori de’ luoghi con promesse e con danari; i quali traevano da’ miseri cittadini, che per mantenere libertà se li lasciavano tòrre a poco a poco. Molti ne spesono in rie opere. La lor vita non era in altro che in simili cose.

I Signori feciono messi segreti. Fra’ quali fu uno frate Bartolomeo, figliuolo d’uno canbiatore, uomo astuto, uso in Inghilterra, e in sua giovineza costumato, e di sottile ingegno. Mandaronlo in Corte a tentare il papa e’ cardinali. E con lettere portò messer Baldo Fini da Fighine, tentarono il re di Francia. Al quale disse il cardinale d’Ostia: "Quanto grande ardimento è quello de’ Fiorentini, che con loro X lendini ardiscono tentare ogni signore!".

Al Papa mandorono due anbasciadori, che furono messer Pino de’ Rossi e messer Gherardo Bostichi, due valenti cavalieri: molti danari furono loro sottratti, e molti ne perderono, e dal Papa non ebbono cosa volessono.

Il Cardinale Pelagrù, nato di Guascogna, nipote del Papa, fu mandato Legato a Bologna; perché, essendo morto il marchese di Ferrara, un suo figliuolo bastardo tenea la terra: la quale non potendo tenere, si patteggiò co’ Viniziani, e vendella loro. I Viniziani vi vennono, e per forza la presono e tennono. Messer Francesco da Esti, fratello del Marchese, insieme co’ Bolognesi e con messer Orso degli Orsini di Roma, s’accostorono con la Chiesa. Il Cardinale andò a Ferrara, e da’ Viniziani non fu ubidito: il perché fermò loro processo addosso, e condannògli: bandì loro la croce addosso, e di più luoghi v’andò assai genti contro per lo perdono e per avere soldo. I Viniziani teneano una fortezza in Ferrara, la quale il Marchese v’avea fatta molto forte, a guisa d’uno cassero. I Viniziani vi vennono per acqua, e furonvi sconfitti, e presi e mortine assai: e fu sventurata fortuna per loro, ché molto vilmente perderono, perché i nobili che v’erano l’abbandonarono.

Il Cardinale Pelagrù venne a Firenze, e con grandissimo onore fu ricevuto. Il carroccio e gli armeggiatori gli andorono incontro fino allo spedale di San Gallo; i religiosi con la processione: i gran popolani di quella parte a piè e a cavallo l’andoron a onorare.

Giunse in Firenze: e i Fiorentini molto con lui si consigliorono; e bene lo informorono come procuravano col Papa, che tardasse la venuta dello Imperadore; e pregarono nel confortasse, e così promise fare. Donaronli danari, i quali volentieri accettò, e di quelli riscosse la sua legazione; e d’accordo con loro, di Firenze partì.

Andossene il Cardinale allo Imperadore, il quale sapea i ragionamenti avea avuti co’ Fiorentini, e però non li mostrò gran benivolenzia. Ritornossi al Papa: il quale, confortandolo di quanto da’ Fiorentini era pregato, gli tenea in speranza, tanto che da loro ritrasse molti danari. E questo faceano, perché lo Imperadore si consumasse.