Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/14
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Assedio di Pistoia (maggio 1305 - primi mesi del 1306).
I Neri elessono per loro capitano di guerra Ruberto duca di Calavria, figliuolo primogenito del re Carlo di Puglia. Il quale venne in Firenze con CCC cavalli: e insieme co’ Lucchesi vi stettono buon pezo a assedio; perché i Pistolesi uomini valenti della persona, spesso uscivano fuori alle mani co’ nimici e faceano di gran prodeze. Molti uomini uccisono, contadini di Firenze e di Lucca; e tenean la terra con poca gente, perché per povertà molti se ne erano usciti. E non pensando essere assediati, non si providono di vittuaglia; e poi che l’assedio vi fu, non poterono: e però la fame gli assalia. Gli uficiali che avean la guardia della vittuaglia, saviamente la stribuivano per modo segreto. Le femmine e uomini di poco valore, di notte, passavano per lo campo nascosamente, e andavano per vittuaglia alla Sanbuca, e altri luoghi ed altre castella di verso Bologna, e agevolmente la conduceano in Pistoia. Il che sentendo i Fiorentini, s’afforzarono da quella parte, per modo che poca ve ne poteano mettere. Pur con moneta e furtivamente vi se ne mettea; infino che ’l fosso non fu richiuso e fatte le bertesche: e dipoi più non vi se ne poté mettere; però che chi ve ne portava era preso, e tagliatoli il naso, e a chi i piedi. E per questo sbigottirono per modo, che niuno vittuaglia più mettervi non ardiva.
I signori e governatori della terra non la voleano abbandonare, siccome uomini che speravano difendersi. I Pisani gli aiutavano con danari, ma non con persone. Messer Tolosato Uberti e Agnolo di messer Guiglielmino, rettori, per mancamento di vittuaglia ne mandorono fuori tutti i poveri, e fanciulli, e donne vedove, e quasi tutte l’altre donne, di vile condizione.
Dè quanto fu, questa, crudelissima cosa a sostenere nell’animo de’ cittadini! vedersi condurre le loro donne alle porti della città, e metterle nelle mani de’ nimici, e serrarle di fuori! E chi non avea di fuori potenti parenti, o che per gentileza fusse ricolta, era da nimici vituperata. E gli usciti di Pistoia, conoscendo le donne e’ figliuoli de’ loro nemici, ne vituperorono assai: ma il Duca molte ne difese.
Il nuovo papa Clemente V° a petizione del cardinale Niccolao da Prato, comandò al duca Ruberto e a’ Fiorentini si levassono dall’assedio di Pistoia. Il duca ubbidì e partissi: i Fiorentini vi rimasono, e elessono per capitano messer [...] de’ Gabrielli d’Agobbio; il quale niuna piatà avea de’ cittadini di Pistoia. I quali, dentro alla terra, constrigneano le lagrime e non dimostravano le loro doglie, perché vedeano era di bisogno di così fare per non morire. Sfogavansi contro a’ loro adversari: quando alcuno ne prendeano, crudelmente l’uccideano. Ma la gran piatà era di quelli eran guasti nel campo: che co’ piè mozzi li ponieno appiè delle mura, acciò che i loro padri, fratelli o figlioli li vedessono: e non li poteano ricevere né aiutare, perché la Signoria non li lasciava, acciò che gli altri non ne sbigotissono, né non li lasciavano di sulle mura vedere da’ loro parenti e amici. E così morivano i buoni cittadini pistolesi, che da’ nimici erano smozzicati e cacciati verso la loro tribolata e afflitta città.
Molta migliore condizione ebbe Soddoma e Gomorra, e l’altre terre, che profondarono in un punto e morirono gli uomini, che non ebbono i Pistolesi morendo in così aspre pene. Quanto gli assalì l’ira d’Iddio! Quanti e quali peccati poteano avere a così repente giudicio? Quelli che erano all’assedio, di fuori, sosteneano male assai per lo tenpo cattivo, e per lo male terreno, e per le spese grandi: e i loro cittadini gravavano forte, e spogliavano i Ghibellini e’ Bianchi di moneta, per modo che molti ne consumorono.
E per avere moneta ordinorono uno modo molto sottile, che fu una taglia che puosono a’ cittadini, che si chiamò la Sega. E poneano a’ Ghibellini e a’ Bianchi tanto per testa il dì; a alcuni lire III, a altri lire II, a chi lire I, secondo che parea loro che potesse sopportare: e così avea la sua taglia colui che era a’ confini, come chi era nella città. E a tutti i padri, che aveano figliuoli da portare arme, feciono certa taglia, se fra dì XX non si rappresentassono nell’oste. Mandavavi la città a sesti, e a mute di XX dì in XX dì. E tanto feciono i Fiorentini e’ Lucchesi, che molti loro contadini distrussono, tenendoli senza paga; però che erano poveri, e convenìa loro stare con l’arme allo assedio di Pistoia.
I governatori di Pistoia, che sapeano il segreto della vittuaglia, sempre la celavano, e a’ forestieri, che serviano la terra con arme, ne davano, e agli altri utili uomini, discretamente, come bisogno n’aveano: perché si vedeano venire alla morte per fame.
Quelli che sapeano la strettezza della vittuaglia, aveano duri partiti: e il loro pensiero era tenersi fino all’estremo, e allora dirlo al popolo, e armarsi tutti; come disperati gittarsi co’ ferri in mano adosso a’ nimici, e "O noi morremo per niente; o forse mancherà loro il cuore, e nasconderannosi, e gitteransi in fuga o in altri vili rimedi". E così diliberarono fare, quando al fine della vittuaglia si vedessono venire: e non lasciarono però la speranza dello scampo loro.