Costituzione dogmatica sulla fede cattolica 18 luglio 1870 (Pio IX)/Capo III
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Traduzione dal latino di L'Unità Cattolica (1870)
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CAPO III.
Della forza e della natura del primato
del Romano Pontefice.
Per la qual cosa appoggiati alle manifeste testimonianze della Sacra Scrittura, ed aderendo agli aperti e chiari decreti sia dei nostri predecessori i Romani Pontefici, sia dei generali Concilii, rinnoviamo la definizione dell’ecumenico Concilio Fiorentino, per la quale si deve credere da tutti i fedeli di Cristo che la Santa Apostolica Sede ed il Romano Pontefice in tutto l’orbe tiene il Primato, e che lo stesso Romano Pontefice è successore del beato Pietro principe degli Apostoli e vero padre e dottore di tutti i cristiani e che a lui nel beato Pietro fu data da Cristo Gesù, Signor nostro, piena potestà di pascere, reggere e governare la Chiesa universale, siccome eziandio si contiene negli atti dei Concilii ecumenici e nei sacri canoni.
Insegniamo pertanto, e dichiariamo avere la Chiesa romana per disposizione del Signore, il principato di ordinaria podestà sopra tutte le altre, e questa podestà di giurisdizione del Romano Pontefice, che è veramente episcopale, essere immediata; verso la quale i Pastori ed i fedeli, di qualunque rito e dignità, sia ciascuno separatamente sia tutti insieme, sono astretti dal dovere di subordinazione gerarchica e di vera obbedienza, non solo in quelle cose che alla fede ed ai costumi appartengono, ma eziandio in quelle che riguardano la disciplina ed il governo della Chiesa per tutto l’orbe diffusa; così che, custodita col romano Pontefice l’unità tanto della comunione quanto della professione di una medesima fede, la Chiesa di Cristo sia un solo gregge sotto un solo sommo Pastore. Questa è la dottrina della cattolica verità, dalla quale, senza pericolo della fede e della salute, nessuno può deviare.
Tanto poi è lungi che questa podestà del sommo Pontefice nuoca a quell’ordinaria ed immediata podestà della episcopale giurisdizione, per cui i vescovi, (i quali, posti dallo Spirito Santo, successero in luogo degli apostoli,) come veri Pastori pascono e reggono ciascuno i singoli greggi a loro assegnati; che anzi quest’autorità dal supremo ed universale Pastore si afferma, si corrobora e si rivendica, giusta il detto di S. Gregorio Magno: Il mio onore è l’onore della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Allora io sono veramente onorato, quando a ciascuno di essi non si niega il dovuto onore.
Pertanto da quella suprema podestà del Romano Pontefice di governare la Chiesa universale, conseguita appartenere a lui pure il diritto, nell’esercizio di questo suo dovere, di comunicare liberamente coi Pastori e coi greggi di tutta la Chiesa, affinchè questi si possano dallo stesso ammaestrare e reggere nella via della salute. Per la qual cosa condanniamo e riproviamo le sentenze di coloro che dicono potersi lecitamente impedire questa comunicazione del capo supremo coi Pastori e coi greggi, oppure la rendono soggetta alla secolare potestà, dicendo che quanto dall’apostolica Sede o coll’autorità della medesima si stabilisce pel governo della Chiesa non ha forza e valore se prima non sia confermato dal placito della potestà secolare.
E poichè per diritto divino dell’apostolico primato il Romano Pontefice presiede a tutta la Chiesa, insegniamo anche e dichiariamo che egli è giudice supremo dei fedeli e che in tutte le cause spettanti ad esame ecclesiastico si può ricorrere al suo giudizio; e che il giudizio della Sede apostolica, della quale autorità non si dà la maggiore, da nessuno si può cassare, ed a nessuno è lecito di giudicare sopra tale giudizio. Perciò errano lungi dal sentiero della verità coloro che affermano essere lecito appellarsi dai giudizi dei Romani Pontefici al Concilio ecumenico come ad autorità al Romano Pontefice superiore.
Se pertanto alcuno dirà al romano Pontefice spettare solamente l’uffizio d’ispezione o di direzione, ma non piena e suprema potestà di giurisdizione in tutta la Chiesa; non solo in quelle cose che s’attengono alla fede ed ai costumi ma in quelle eziandio che riguardano la disciplina ed il governo della Chiesa per tutto il mondo diffusa; o competere a lui soltanto le parti principali e non tutta la pienezza di questa suprema potestà; oppure questa sua potestà non essere ordinaria ed immediata così su tutte e singole le chiese come su tutti e singoli i Pastori ed i fedeli; sia anatema.