Convegno degli spiriti
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III
CONVEGNO DEGLI SPIRITI
Ecco lá sotto di quel tiglio verde
compaion le due anime affannate:
chiuse in eterno son le labbra lor.
Spiriti, o voi, per cui goccia non perde
5di sue rugiade il fior che nol sappiate,
ditemi voi di quell’ignoto amor.
— Se da noi saper tu aneli
di quei due che muti stanno,
quel che fêr, non quel che fanno,
10sará pago il tuo desir.
Hanno amato quando i cieli
biancheggiarono all’aurora:
hanno amato, amato ancora
delle stelle al comparir.
15Seppelliti in antri cupi
hanno amato, allor che nera
s’ascoltava la bufera
per le selve imperversar.
Sulla punta delle rupi
20han compiuti i loro amori,
li han compiuti in grembo ai fiori,
li han compiuti in mezzo al mar.
Sia che l’arso o la moria
disertasse e case e còlti,
25o i mortali avari e stolti
fosser tratti alla tenzon;
legò sempre un’armonia
le due vite oscure e sole;
parlâr basso...; e fûr parole
30che ancor note a voi non son.
E talvolta nell’ebbrezza
del baciarsi e viso e chiome,
sui lor labbri il dolce nome
dell’Italia risuonò;
35ma per dir che la bellezza
de’ suoi cieli e de’ suoi mari
a un lor bacio non è pari:
tanto forte amar si può!
I color vivaci e schietti
40si tramutano alle fronde,
si tramuta il letto all’onde,
si tramuta all’uomo il cor.
Cangia il tempo a mille oggetti
usi e forme e nomi e tempre;
45ma i lor baci eguai fûr sempre,
sempre eguale il loro amor.
Quando il mal li ha sopraggiunti,
si guardâro e pianser tanto:
ma ogni stilla di quel pianto
50dai lor baci astersa fu.
Cadder pallidi e consunti:
lor dimora è tra gli spirti.
Noi di piú non possiam dirti:
tu non puoi saper di piú. —
55E intanto giú nel basso a un romorío
di foglie e delle stelle al lume incerto,
ecco tremar la compagnia fedel;
poi surge un suon di disperato addio;
ei s’inabissa giú nel suolo aperto,
60ella gemendo si dilegua in ciel.
— O fate vergini,
voi che abitate
gli astri e le tenebre,
l’aure ed i fior;
65voi rivelatemi,
vergini fate,
questa recondita
storia d’amor. —
E un roseo nuvolo
70sulle veloci
piume dei zefiri
ecco venir;
ecco un insolito
rumor di voci,
75poi queste limpide
note n’uscîr:
— Vissero insiem; ma la fanciulla amante
volea prostrarsi sulle verdi zolle
a supplicar per le sue colpe tante...
80Ed ei non volle.
Molto l’amo; ma la fanciulla, senza
pace vivendo, volea far satolle
dei miseri le fami, in penitenza...
Ed ei non volle.
85Spuntava l’alba; e la fanciulla oppressa
giú in quell’erma chiesetta, a piè del colle
scender volea per ascoltar la messa...
Ed ei non volle.
F’uggîro un dí dopo contrasti e guerre;
90e la madre di lei diventò folle:
chieder volea novella alle sue terre...
Ed ei non volle.
E molto i suoi voleri eran tenaci,
ma in lei sola fu lieto, in lei si piacque;
95e i suoi voleri confondea co’ baci...
Ed ella tacque!
Piangeva un dí con disperato affetto
un fanciullin, che per morir le nacque:
ei se la strinse lungamente al petto...
100Ed ella tacque!
Pensava un tratto alle natíe riviere
nei lunghi dí quando malata giacque;
ei la vegliò per cento notti intere...
Ed ella tacque!
105E i più bei fiori ell’ebbe, i piú bei frutti;
l’amò sui monti, l’adorò sull’acque.
Ei fu tutto per lei, nulla per tutti...
Ed ella tacque!
Morîro, e in premio dell’amor profondo,
110posson trovarsi nel giardin natío;
se due morti ritornano nel mondo.
Cosí vuol Dio.
Ma il pensiero di lui fu traviato.
Ella versò d’amari pianti un rio,
115e in ciel fu tolta; ed egli è condannato.
Cosí vuol Dio.
Che se aveva egli pur, siccome ell’ebbe,
e terrori e rimorsi e sentir pio,
anche forse per lui stato sarebbe
120pieghevol Dio.
E, invece di venir sulla tacente
ora a scambiarsi il tormentoso addio,
vivrebbero abbracciati eternamente
lassú con Dio. —
125Via per le tremule
vòlte stellate
piú malinconica
la luna errò.
E il lieve e lucido
130stuol delle fate
nel mar dell’aere
si dileguò.
Solo uno spirito
sotto quel tiglio
135dov’ei posavano
s’udía cantar:
— Ahi! tra le lagrime
di questo esiglio,
che importa vivere,
140che giova amar? —