Convegno degli spiriti

Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1843 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu sonetti Convegno degli spiriti Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Vendetta slava Una cena d'Alboino re
Questo testo fa parte della raccolta IV. Dalle 'Ballate'
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III

CONVEGNO DEGLI SPIRITI

     Ecco lá sotto di quel tiglio verde
compaion le due anime affannate:
chiuse in eterno son le labbra lor.
Spiriti, o voi, per cui goccia non perde
5di sue rugiade il fior che nol sappiate,
ditemi voi di quell’ignoto amor.


     — Se da noi saper tu aneli
di quei due che muti stanno,
quel che fêr, non quel che fanno,
10sará pago il tuo desir.


     Hanno amato quando i cieli
biancheggiarono all’aurora:
hanno amato, amato ancora
delle stelle al comparir.


     15Seppelliti in antri cupi
hanno amato, allor che nera
s’ascoltava la bufera
per le selve imperversar.

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     Sulla punta delle rupi
20han compiuti i loro amori,
li han compiuti in grembo ai fiori,
li han compiuti in mezzo al mar.


     Sia che l’arso o la moria
disertasse e case e còlti,
25o i mortali avari e stolti
fosser tratti alla tenzon;


     legò sempre un’armonia
le due vite oscure e sole;
parlâr basso...; e fûr parole
30che ancor note a voi non son.


     E talvolta nell’ebbrezza
del baciarsi e viso e chiome,
sui lor labbri il dolce nome
dell’Italia risuonò;


     35ma per dir che la bellezza
de’ suoi cieli e de’ suoi mari
a un lor bacio non è pari:
tanto forte amar si può!


     I color vivaci e schietti
40si tramutano alle fronde,
si tramuta il letto all’onde,
si tramuta all’uomo il cor.


     Cangia il tempo a mille oggetti
usi e forme e nomi e tempre;
45ma i lor baci eguai fûr sempre,
sempre eguale il loro amor.

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     Quando il mal li ha sopraggiunti,
si guardâro e pianser tanto:
ma ogni stilla di quel pianto
50dai lor baci astersa fu.


     Cadder pallidi e consunti:
lor dimora è tra gli spirti.
Noi di piú non possiam dirti:
tu non puoi saper di piú. —


     55E intanto giú nel basso a un romorío
di foglie e delle stelle al lume incerto,
ecco tremar la compagnia fedel;
poi surge un suon di disperato addio;
ei s’inabissa giú nel suolo aperto,
60ella gemendo si dilegua in ciel.
     

               — O fate vergini,
          voi che abitate
          gli astri e le tenebre,
          l’aure ed i fior;


               65voi rivelatemi,
          vergini fate,
          questa recondita
          storia d’amor. —


               E un roseo nuvolo
          70sulle veloci
          piume dei zefiri
          ecco venir;


               ecco un insolito
          rumor di voci,
          75poi queste limpide
          note n’uscîr:

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     — Vissero insiem; ma la fanciulla amante
volea prostrarsi sulle verdi zolle
a supplicar per le sue colpe tante...
                    80Ed ei non volle.


     Molto l’amo; ma la fanciulla, senza
pace vivendo, volea far satolle
dei miseri le fami, in penitenza...
                    Ed ei non volle.


     85Spuntava l’alba; e la fanciulla oppressa
giú in quell’erma chiesetta, a piè del colle
scender volea per ascoltar la messa...
                    Ed ei non volle.


     F’uggîro un dí dopo contrasti e guerre;
90e la madre di lei diventò folle:
chieder volea novella alle sue terre...
                    Ed ei non volle.


     E molto i suoi voleri eran tenaci,
ma in lei sola fu lieto, in lei si piacque;
95e i suoi voleri confondea co’ baci...
                    Ed ella tacque!


     Piangeva un dí con disperato affetto
un fanciullin, che per morir le nacque:
ei se la strinse lungamente al petto...
                    100Ed ella tacque!


     Pensava un tratto alle natíe riviere
nei lunghi dí quando malata giacque;
ei la vegliò per cento notti intere...
                    Ed ella tacque!

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     105E i più bei fiori ell’ebbe, i piú bei frutti;
l’amò sui monti, l’adorò sull’acque.
Ei fu tutto per lei, nulla per tutti...
                    Ed ella tacque!


     Morîro, e in premio dell’amor profondo,
110posson trovarsi nel giardin natío;
se due morti ritornano nel mondo.
                    Cosí vuol Dio.


     Ma il pensiero di lui fu traviato.
Ella versò d’amari pianti un rio,
115e in ciel fu tolta; ed egli è condannato.
                    Cosí vuol Dio.


     Che se aveva egli pur, siccome ell’ebbe,
e terrori e rimorsi e sentir pio,
anche forse per lui stato sarebbe
                    120pieghevol Dio.


     E, invece di venir sulla tacente
ora a scambiarsi il tormentoso addio,
vivrebbero abbracciati eternamente
                    lassú con Dio. —


               125Via per le tremule
          vòlte stellate
          piú malinconica
          la luna errò.


               E il lieve e lucido
          130stuol delle fate
          nel mar dell’aere
          si dileguò.

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               Solo uno spirito
          sotto quel tiglio
          135dov’ei posavano
          s’udía cantar:


               — Ahi! tra le lagrime
          di questo esiglio,
          che importa vivere,
          140che giova amar? —