Considerazioni sul sentimento del sublime e del bello/A chi legge
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Traduzione dal tedesco di N. M. C. (1826)
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A CHI LEGGE.
Tradussi questa opericciuola del saggio di Kœnigsberg, non tanto per render comune a quei che l’ammirano, fra l’altre sue, questa produzione, quanto perchè odonsi spesso queste parole Bello, Sublime, Grazioso, Magnifico, etc. senza che sappiasene il vero significato. Queste idee astratte per vero più si sentono e si provano nell’animo nostro che si posson descrivere; benemerito pertanto è Emmanuele Kant che in poche pagine ne ha mostrato la loro filiazione, in un modo brevissimo sì, ma che non lascia per avventura nulla a desiderare in riguardo ai principii dell’estetica. Il feci pure per questo, che osservando spesso il malcontento quasi di tutti gli uomini per la condotta dei simili, chi tacciando d’orgoglio, chi di timidezza, chi di superbia, chi di protervia, e chi persino di total stupidezza, mirai a volerli persuadere piuttosto di compatirli che di fare svillaneggiar chi che sia alle spalle, come sventuratamente costumasi, piuttosto che d’ammonirli con tale dolcezza da non far misgradire il satevol ricordo, e, ove non voglia ciò farsi, preparare con bei mezzi e indiretti, e con belle maniere, il trionfo della virtù sulla nostra inferma natura; giacchè, scorgendo ognuno le caratteristiche degli umani temperamenti, di che con tanta verità si occupa il nostro filosofo, facilmente si persuade, agire ognuno per forza interna di sua fisica costituzione, ed a seconda di quel sistema con che per se si distinguono i varii rapporti delle cose, delle azioni e dei doveri (e con ciò non bramo s’intenda ch’io nulla parte conceda all’animo nostro nelle proprie determinazioni, sola divina favilla di cui a noi fu larga la provvidenza del Nume in questa nostra esistenza), atteso ogni psicologico sistema che fa il corpo carcere, lente e quasi osservatorio dello spirito, come potranno gli uomini convenire nell’osservare le cose allo stesso modo, e delle cose gli stessi rapporti, se son forniti, se m’è così permesso d’esprimermi, di lenti tutte diverse? Aggiungi le varie circostanze in cui trovasi ognuno che lo possono o nò favorire a far sì che i simili restan contenti di lui. E non dirai forse che pertinacia di disavventure, e casi malaugurati, ed imperversare d’uomini tristi, e conversar di malvaggi ritrassero molti dal buon intrapreso cammino, sino a far cambiare il proprio temperamento? Questa osservazione farà forse ognun persuaso di quel che m’intendo, e farà pure molti indulgenti sui difetti di tanti che per siffatte cagioni mal soddisfano e l’animo e il cuore de’ simili. Ciò posto, non vi sarà affatto indulgenza per chi trovasi per sua sfortuna aver sofferta l’influenza di simil cagioni? Feconda pure di altre osservazioni a chi si fà a meditarla può essere la presente operetta; percui, onde non riuscir tedioso, mi ristò dall’aggiunger parola sulle cose che tratta.
Il traduttore.