Considerando la vera partenza

Pannuccio dal Bagno Pisano

Guido Zaccagnini/Amos Parducci XIII secolo Indice:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu Duecento Considerando la vera partenza Intestazione 16 luglio 2020 25% Da definire

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VI

Si lamenta ancora di dover tanto soffrire per essere servo d'Amore.

Considerando la vera partenza
e’ ho fatta intera d’ogni vano amore,
e ’l gravoso dolore
ch’aggio sentito ’n sua star signoria,
5potè di gioia aver meo cor essenza,
poi che disfatto lui ho, meo guerrero,
e preso in disamore
ogni d’amanza sua cosa e poi via,
la qual quando seguia,
IO porgea tristizia in me d’ognunque pene,
non resentendo bene
d’alcun piacer, ma greve ogni doglienza;
unde miso a perdenza
avea mia mente, corpo, alma e core,
15su’ poderato essendo in me furore.
E quanto d’altro più fui doloroso,
ciascun dolor di lui, lasso! sentendo,
tanto dico, gioiendo,
deggio portar via più d’altr’allegrezza,
20poi che ’n verta sono vero amoroso,
e, partito d’amore, amor prendendo
e diritta seguendo
d’anima voglia, che fu in iscurezza,
la qual giunse gravezza,
25e reformando in lei iroso male,
imperciò eh ’è penale
possa seguir diritta e torta intenza,
ma, or che dipartenza
ho di lui fatto, seguo ogni memora
30e quant’ontai con esso senza mora.

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Non sentimento mai ebbi di gioia,
seguendo in lui voler fer’ed ontoso,
né mai ebbi riposo
per isperanza d’alcun ben che sia;
35e che sembrav’a me bene, era noia
e ogni vero bene, oltra gravoso,
per che sempre angoscioso
viveva dimorando in ’tal follia.
Unde perduto avia
40ogne vertù che mise in me natura,
si che solo figura
mantenea d’omo e non punto scienza
e l’alta canoscenza
de la ragion, la qual or non tutt’aggio,
45unde vivea ferale oltra selvaggio.
Del dolor che porgea in me mainerà
chero ferma cagione adimostrare,
e volendo contare
com’riformava in me suo gran tormento,
50non tormentava me di doglia fera,
come sensibil corpo in dar penare.
ma solo in disiare,
tardando ciò che m’era piacimento;
che non pò far contento
55alcuna cosa u’om’non porti amanza,
tuttor sia ’n sua possanza,
e dove porti già non possa avere.
Ah! che grev’è ’i dolere
u’ solo perda alquanto ad ella viso:
60dico tormenta, se disira fiso.
E non sentiva per lo su’ operare,
ma cagion era in ciò ch’era operato,
unde segondo stato
di natura mi dava isvariamento;
65farmi voler che non potea ’cquistare
e perder che gradivo avea ’cquistato

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e ’n ciascun d’esti grato
porgiami svariato sentimento.
E tal suo cieamento
70adoperava in me diversa offensa,
e dico: — Om’per potenza
ciò ch’ha ’quistato amando u’ prende gioia,
sed ei perde, poi noia
gli abbonda maggio che non fé il deletto,
75per che nostra natura è in defetto. —
Coni ’operava in mevi il suo sentire,
tutto languir divíso ogni piacere,
al desentir dolere
da me diviso d’ognunque suo male,
80e dammi noia in che ferm’ho gradire
e fammi che volea tutto isvolere
ed el desio podere
ch’era costretto a desiar infinale
e diverso, già quale
85non potea aver mai compimento
ed il suo potimento
diliberato in tutto aver disio,
si che mis’ho in obrio
ogni sentir di lui fermo e ricordo,
go stando a membranza di lui, mai sempre ordo.
Se disdegnanza Amore alcuna ha presa,
volendo apporre offesa,
ch’e’ fui ’n sua signoria, or ne son fora,
di colui che restora
95il tormento e’ ha avuto ogni mio fallo
e che per vero salto,
ni vorrea senza stato esser sua doglia,
per la qual credo in me più gioi’ s’acoglia.
Anco maggio difensa,
100la qual misura sostien di ragione,
ha maggi’ offensione,
ch’om non seguir dea mal tutto deletto.