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11 novembre 18....


Era un giorno d’autunno ed io saliva la prima volta un collicello ridente incoronato di verde; la brezza mattinale impregnata dall’erba e dai fiori mi battea per la fronte, ed io aspirava con riposata giocondità quell’incognito indistinto che usciva dal profumo selvatico dei campi. Le striscie argentine del * * * si moveano scintillanti lungo le rive flessuose, e la sonorità piena e profonda delle sue acque mi arrivava all’orecchio come il rumore d’un organo che vien da lontano. Limpida e mite si [p. 30 modifica]diffondeva la luce per tutti i seni di quella valle che somiglia una conca di paradiso. Lo strepito delle vendemmie echeggiava d’intorno, e tremolavano al vento le siepi sgocciolanti di rugiada. Dall’orizzonte che mi s’apriva d’innanzi io discerneva ad uno ad uno i gruppi leggeri e svelti delle collinette che circondavano la valle illuminarsi fra loro come in un concento di luce.

Io leggeva il viaggio fantastico dell’odissea, e quelle pagine fresche, vivaci, animate ancora nei flutti del mare mi comunicavano un’ebbrezza di sentimento sino a quel dì sconosciuta. Fu là che ti vidi sopra un terrazzo del tuo giardino domestico e mi parve che in quel punto s’infondesse nella natura qualcosa di virginale e di tenero acquistandolo da’ tuoi sguardi. Il tuo riso mi entrò per le vene come una virtù lieta che mi disserrava da un sonno inerte; e quel sereno inconscio che raggiava da tutta la tua persona mi circonfuse d’un abito arcano, ed attonito di me stesso sentiva [p. 31 modifica]scaturirmi dal cuore una, direi quasi, fontana di fate.

La sera discesi soletto dalla collina, e, chiudendomi nella mia stanza d’anacoreta, provai la prima volta il bisogno di piangere e piansi come un fanciullo. Addio.




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