Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/15
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SENATO DELLA REPUBBLICA-------------------------------------------CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE D’INCHIESTA
SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA
DEI CONSORZI AGRARI
RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI GIOVEDI' 8 LUGLIO 1999
Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI
I lavori hanno inizio alle ore 14.00.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente)
Comunicazioni del Presidente
Presidenza del presidente CIRAMI
PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, in data 7 luglio 1999, ha chiamato a far parte della Commissione il senatore Ettore Bucciero, in sostituzione del senatore Riccardo Pedrizzi, dimissionario. Il senatore Bucciero subentrerà al senatore Pedrizzi come componente del terzo gruppo di lavoro.
Anche a nome della Commissione, formulo al senatore Bucciero i migliori auguri di buon lavoro.
Vi informo che il senatore Pasquini, coordinatore del terzo gruppo di lavoro, ha trasmesso una nota nella quale esprime le sue valutazioni sulle osservazioni da me svolte, con un appunto presentato nella seduta del 22 giugno 1999, e con le quali intendevo sviluppare un dibattito in Commissione in ordine all'incidenza del disegno di legge n. 4860 sull'oggetto dell'inchiesta parlamentare.
Il senatore Pasquini non ritiene opportuno che la Commissione elabori un proprio documento quale contributo al dibattito che si sta svolgendo alla Camera dei deputati sul disegno di legge citato; nel caso in cui la Commissione fosse di diverso avviso, ritiene che la bozza da me predisposta debba essere rivista tenendo conto delle osservazioni da lui esposte.
Vi invito pertanto ad esaminare la nota presentata dal senatore Pasquini in vista di un dibattito sulla questione da svolgersi in una delle prossime sedute.
Vi comunico infine che il dottor Antonio Rossetti, in data 6 luglio 1999, ha inviato la documentazione da noi richiesta in vista della sua audizione. Copie di tale documentazione sono a vostra disposizione.
Audizione del dottor Antonio Rossetti
PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all'audizione del dottor Antonio Rossetti, che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.
Prima di dare la parola al dottor Rossetti, avverto che i lavori della Commissione si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l'articolo 7 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del Regolamento interno, l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Qualora da parte del dottor Rossetti o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono ritenere riservati, disattiverò l'impianto audiovisivo per il tempo necessario.
Preciso infine che dell'audizione odierna è redatto il Resoconto stenografico che sarà sottoposto, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, al dottor Rossetti ed ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo, apportandovi le correzioni di forma che riterranno in vista della pubblicazione negli atti parlamentari.
Do ora la parola al dottor Rossetti a cui chiedo quali sono le cariche da lui ricoperte almeno dal 1990 ad oggi. In base all'organigramma della Federconsorzi, a noi risulta che era direttore centrale, responsabile dell'Area coordinamento logistica e distribuzione, della Federconsorzi, direttore della Società CAPPA; attualmente ricopre la carica di direttore generale della S.G.R.
ROSSETTI. La ringrazio, signor Presidente, e rivolgo i miei saluti a tutti i membri della Commissione e chiedo l'autorizzazione a depositare alcuni documenti.
Rispetto alla domanda che mi è stata posta vorrei precisare che sono giunto a Roma tra la fine del 1987 e l'inizio del 1988, provenendo da esperienze professionali di management presso aziende di grande distribuzione dove ho prestato oltre venti anni di attività, per contribuire alla realizzazione di una catena di negozi alimentari presso la Federconsorzi. Il mio approdo a direttore centrale presso la Federconsorzi è avvenuto a ridosso del commissariamento. Fino ad allora operavo nella società CAPPA; quindi non avevo particolari rapporti nel contesto Federconsorzi. Sono stato chiamato anche in funzione della mia esperienza specifica nel campo, poiché sono docente di logistica al master di economia agroalimentare della Università Cattolica. La mia attività in Fedit ha avuto inizio al momento del commissariamento ed è continuata successivamente all'entrata in concordato preventivo della Federazione sino al momento in cui non è stata più necessaria la mia opera e sono stato chiamato dalla S.G.R., una società che aveva nel frattempo già acquisito un certo numero di dipendenti, insieme all'attivo di Federconsorzi, come era previsto peraltro dall'accordo stipulato il 2 agosto 1993 tra la S.G.R. stessa e la Federconsorzi. Quindi, sono giunto nella S.G.R. nel novembre del 1993 quando l'attività della società era già in corso ed era già avviata con la presenza operativa del personale.
PRESIDENTE. Quale era l'oggetto della società CAPPA?
ROSSETTI. La società CAPPA aveva come oggetto quello di realizzare un'attività di acquisto di prodotti alimentari e di sviluppo di una catena di negozi che già in parte esistevano presso i consorzi agrari e che potevano diventare una catena di distribuzione organizzata.
PRESIDENTE. Era attiva questa società?
ROSSETTI. Questa società era frutto di un progetto; per i primi due anni quindi è stata sostenuta dalla Federconsorzi, essendo una società che promuoveva e sviluppava sostanzialmente del know-how; voleva realizzare una formazione ed una diffusione del know-how. Successivamente è diventata una vera e propria centrale di acquisto; come tutte le centrali d'acquisto e di distribuzione organizzata, ha cominciato anche a creare centri logistici e si apprestava ad acquisire anche dei punti vendita, già testati con un modello specifico che aveva dato ottimi risultati; si apprestava, quindi, ad acquisire alcuni punti di vendita ed a diventare, di fatto, una società di distribuzione autonoma a tutti gli effetti. Tuttavia, il commissariamento determinò il blocco per un periodo limitato di qualche mese fino a che poi vi fu il precipitare della situazione con il concordato preventivo. Quindi, la società CAPPA - che aveva un credito rilevante nei confronti di Federconsorzi - non ebbe più la possibilità di proseguire la sua attività. Quindi entrò, come peraltro quasi tutte le altre società del gruppo (a quanto ne so), in procedura concorsuale.
PRESIDENTE. Chi le chiese di passare alla S.G.R. e con quali prospettive visto che la società doveva estinguersi una volta eseguita la liquidazione?
ROSSETTI. Non vi è stata una richiesta ben precisa. L'attività stava terminando; era terminata poiché l'allora commissario, Stefano D'Ercole, mi aveva preavvisato del licenziamento, come stava accadendo per altri dirigenti in quanto si procedeva ad una riduzione del numero dei dirigenti in Federconsorzi, visto che, dopo l'atto-quadro, si era sostanzialmente conclusa l'attività di liquidazione, essenzialmente costituita dalla conservazione del patrimonio.
Per la mia esperienza di tipo commerciale proprio in quel momento ricevetti dallo stesso professor Capaldo - che avevo avuto modo di conoscere l'anno precedente - la proposta. Sono entrato in questa società non come direttore ma, insieme ad altri due dirigenti, in qualità di responsabile della "Divisione partecipazioni ed amministrazione", così era definita organizzativamente, perché del settore immobiliare si interessava un altro dirigente, l'ingegner Frosina, anch'egli proveniente da Federconsorzi, coadiuvato, per gli aspetti concernenti i servizi immobiliari dal dottor Santangelo, anch'egli proveniente da Federconsorzi.
PRESIDENTE. Come arrivò al grado di direttore generale?
ROSSETTI. Avevo dei compiti di coordinamento. Nello stesso ambito, per esempio, ero responsabile del personale. La carica di direttore mi è stata data, di fatto, nel momento in cui prima il dirigente Santangelo (negli anni 1994-1995) e successivamente il dirigente Frosina (alla fine del 1997) si sono dimessi ed hanno lasciato la società. Da quel momento, quindi, ho avuto la responsabilità più diretta nel settore dell'attività immobiliare.
PRESIDENTE. Non vorrei essere indiscreto, ma vorrei capire se lei è un dipendente e come tale riceve uno stipendio o viene remunerato in altro modo ed a quanto ammonta il suo onorario. ROSSETTI. Sono un dipendente con la carica di dirigente della società. Il mio emolumento all'atto iniziale era intorno ai 230 milioni lordi; oggi è ad oltre 300; praticamente ricevo più di 150 milioni, al netto dell'IRPEF. Insomma, pago tutte le tasse.
PRESIDENTE. Sono collegati altri benefits oltre a questo?
ROSSETTI. No.
PRESIDENTE Le rivolgo una domanda d'altro genere: quali erano le finalità per le quali si procedette a capitalizzare Agrisviluppo e a finanziare la Feditinvest per un importo complessivo di 823 milioni?
ROSSETTI. Ma questo da parte di chi, di Federconsorzi o di S.G.R.?
PRESIDENTE. Da parte di Fedit.
ROSSETTI. Sulla Feditinvest non so rispondere.
Di Agrisviluppo me ne sono interessato, ma non mi sembra sia stata capitalizzata.
PRESIDENTE. Poiché l’importo è stato scomputato dalla S.G.R. sulla seconda rata del prezzo pagato, lei ricorda quanto ha versato complessivamente la S.G.R. alla Fedit?
ROSSETTI. La S.G.R. ha pagato complessivamente 2068 miliardi; ha versato alla liquidazione Fedit circa 1460 miliardi, sostanzialmente la differenza tra i 2068 e i 608 miliardi derivanti da realizzi effettuati precedentemente dalla Federconsorzi.
PRESIDENTE. Quindi, questo è il versamento complessivo della S.G.R. alla Fedit?
ROSSETTI. Sì. Devo precisare che 1460 miliardi, come previsto dall’atto-quadro, rinvenivano anche da realizzi dell’attività. Ricordo che il pagamento doveva essere effettuato nell’arco di diciotto mesi. Era previsto che la prima rata, che ammontava a 322 miliardi, doveva essere decurtata di quanto realizzato da Federconsorzi, quindi fa parte di quei 608 miliardi di cui ho parlato prima. Il resto doveva essere pagato nei 12 mesi successivi (quindi 2 agosto 1994 e 2 febbraio 1995). Nel frattempo però la S.G.R. ha gestito (anche se non direttamente per alcuni cespiti) l’attività di realizzo del patrimonio che aveva acquisito per mezzo dell’atto-quadro e quindi gli importi derivanti da questi realizzi venivano accantonati in un apposito conto (questo anche a garanzia della Federconsorzi) fino al momento della scadenza della rata. Per cui, dal punto di vista dei pagamenti, la S.G.R. ha potuto utilizzare inizialmente una parte dei realizzi che nel frattempo erano stati accantonati, ma successivamente ha dovuto indebitarsi ricorrendo al finanziamento bancario. Si è dovuta indebitare non solo per i 400 miliardi per i quali i soci si erano impegnati in caso di necessità attraverso i patti parasociali, ma anche per il pagamento dell’ultima rata è stato necessario ricorrere ad un ulteriore credito bancario che è arrivato quindi fino a circa 670-680 miliardi che si sono poi via via ridotti a seguito dei realizzi che venivano effettuati.
PRESIDENTE. Vediamo di semplificare. Complessivamente quanto ha incassato la S.G.R.?
ROSSETTI. La S.G.R. ha incassato, al 31 dicembre 1998, 2071 miliardi.
PRESIDENTE. E’ in grado di specificare quanto per gli immobili, quanto per i crediti e quanto per le partecipazioni?
ROSSETTI. Certo. Per le partecipazioni 734 miliardi, per gli immobili 465 miliardi, per i crediti 808 miliardi e 64 miliardi per altri beni.
PRESIDENTE. Che cosa è rimasto alla S.G.R.?
ROSSETTI. Sono rimasti diversi beni. Sostanzialmente i beni in carico al 31 dicembre 1998 sono questi: la parte residua di azioni B.N.A. (perché una parte era stata realizzata nel corso del 1998), una parte di azioni B.N.L. (che però è stata già realizzata e venduta nei primi mesi del 1999 per circa 42 miliardi di lire). Vi sono poi alcune partecipazioni immobiliari di scarso valore, la cui stima è di circa 14 miliardi. Vi sono, inoltre, alcune società ancora sottoposte a sequestro che hanno ancora consistenti beni immobili il cui valore si aggira tra i 150-160 miliardi. Vi sono ancora altri 154 immobili per un valore ipotizzabile di 100 miliardi e sostanzialmente pochissimi crediti da recuperare per un valore di circa 80 miliardi di lire.
Quello che resterebbe complessivamente alla S.G.R. è pari a circa 530 miliardi. Si tratta però non di un dato contabile, ma di un dato di stima.
PRESIDENTE. Ed i soci di S.G.R. che cosa hanno ricevuto ad oggi? ROSSETTI. I soci di S.G.R. non solo non hanno ricevuto nulla, ma hanno dovuto rinunciare a quella parte di interessi che la società non era in grado di pagare nel 1996 e nel 1997 per un ammontare di 81 miliardi di lire. Quindi, hanno avuto un costo. Mentre, infatti, S.G.R. ha continuato a pagare gli interessi per l’eccedenza, per l’impegno dei 400 miliardi preso dai soci con i patti parasociali, in realtà negli anni 1996 e 1997 i soci hanno dovuto sostenere un costo di 81 miliardi, derivante dal mancato incasso degli interessi calcolati al tasso del prime rate. Quindi, non hanno ricevuto nient’altro per quello che riguarda la S.G.R.
PRESIDENTE. Perchè la S.G.R. ha avuto un conto sulla Carimonte di Roma che non figura tra i soci?
ROSSETTI. Perché la S.G.R. è una società libera d’approvvigionarsi sul mercato, anzi devo dire che, al di là dell’impegno assunto per 400 miliardi nei patti parasociali, per la parte eccedente – come ho rilevato poc’anzi si è giunti ad avere un’esposizione finanziaria di circa 670-680 miliardi - la società ha avuto difficoltà a reperirla sul mercato, anche tra gli stessi soci e, pertanto, ha dovuto approvvigionarsi diversamente per trovare le disponibilità finanziarie. Quindi, ho dovuto approvigionarmi laddove evidentemente trovavo disponibilità; tutto è via via rientrato man mano che si abbassavano i livelli di esposizione.
PRESIDENTE. La Carimonte non ha ritenuto di far parte, come socio, della S.G.R.?
ROSSETTI. Non so se la Carimonte fosse creditrice di Federconsorzi. Non sono in grado di dirlo.
PRESIDENTE. La stima di Palazzo Rospigliosi fu fatta eseguire prima o dopo l'offerta della principessa Pallavicini?
ROSSETTI. Assolutamente prima. Fu uno degli strumenti più importanti per poter determinare la vendita. Il Palazzo Rospigliosi, di cui si è tanto parlato sui giornali anche recentemente, è stata una delle vendite più cristalline e più trasparenti nonché più convenienti, considerando i prezzi di mercato e la situazione in cui si trovava. Anzi, a questo proposito, vorrei depositare tutta la documentazione relativa alla corrispondenza; tutto il vissuto della società, comprese le delibere ed i vari verbali del consiglio di amministrazione che si sono via via svolti proprio in funzione della delibera finale della vendita di Palazzo Rospigliosi. Dico questo perché dalla lettura che ho fatto della richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Perugia emerge che la S.G.R. avrebbe venduto immobili a prezzo di favore a terzi soggetti. Mi sono preoccupato, in qualità di direttore, di esaminare quali potevano essere i fatti a cui il pubblico ministero faceva riferimento e dai nostri legali ho chiesto in visione i documenti provanti questa affermazione del pubblico ministero. La lettura attenta di questi documenti dice esattamente il contrario: dice che la S.G.R., quindi il presidente Carbonetti, ha giocato al rialzo per ottenere il massimo possibile in quelle condizioni; ma questo vale anche per gli altri due episodi che mi avevano preoccupato poiché si fa riferimento anche ad un'indagine della Procura di Avezzano. Dalla lettura degli atti emerge che vi è stata una fantasiosa illazione di una relazione di un ispettore di polizia alla Procura di Avezzano, ma quando questa ha avviato l'indagine l'ispettore della Procura ha rilevato che tutto si era svolto regolarmente. Vi erano state le gare per questi due immobili; erano stati invitati ben 11 potenziali acquirenti; vi erano state due offerte presentate davanti al notaio. Questo mi ha da una parte rassicurato; dall'altra mi ha inquietato come cittadino ma anche come gestore di risorse di una società che ancora oggi ha sotto sequestro i beni più consistenti; quelli di tre società immobiliari che hanno un certo valore senza il quale evidentemente la S.G.R. chiuderebbe in netto passivo. Su questo non vi è alcun dubbio.
PRESIDENTE. La S.G.R. si avvale di consulenti tributari? Può indicarne i nomi?
ROSSETTI. Certamente; si avvale dello studio Tremonti ed, in particolare, degli avvocati Russo e Pizzonia.
PRESIDENTE. Sono stati formulati pareri sull'atto-quadro? La S.G.R. è in possesso di quei pareri? Pongo questa domanda perché il professor Carbonetti ha fatto riferimento a due pareri sull'atto-quadro (non si sa se scritti o verbali), avanzati dagli studi Fantozzi e Tremonti.
ROSSETTI. Non lo so. So che l’atto-quadro è stato realizzato dallo studio Casella e dal professor Mariconda.
PRESIDENTE. Ci sono stati dei pareri sulla formulazione dell'atto-quadro?
ROSSETTI. Che io sappia no. Vi sono stati pareri successivamente sull'impostazione del bilancio.
PRESIDENTE. Chiedo se vi sono stati pareri sulla formulazione dell'atto-quadro per eventuali riflessi di natura fiscale.
ROSSETTI. Si è discusso molto su questo perché l'atto-quadro - peraltro registrato, quindi sottoposto alla valutazione fiscale - era un atto non traslativo; esso rinviava al trasferimento dei beni o a terzi o alla stessa S.G.R.. Evidentemente, dal punto di vista fiscale - quindi se ne è discusso - veniva rinviata al momento del trasferimento, proprio per la diversa natura dei beni, l'applicazione delle normative vigenti vuoi che fossero partecipazioni, quindi sottoposte ad un regime fiscale diverso, vuoi che fossero immobili e così via. Quindi, sotto l'aspetto fiscale, quando l'atto-quadro è stato registrato era già stato sottoposto alla valutazione del fisco. E’ già stata pagata l'imposta di registro.
PRESIDENTE. Tenuto conto che l'acquisto di Federconsorzi è avvenuto ad un prezzo globale, senza specificazione del valore dei singoli beni (partecipazioni, immobili, crediti e quant'altro), come si è proceduto all'atto della stipulazione dei singoli atti in favore di S.G.R. o di terzi a determinare il valore delle singole cessioni? Noi sappiamo che vi è stata una valutazione globale - qualcuno dice un po’ a sentimento o altro - di un valore complessivo di 2.150 miliardi. Quando poi si dovevano cedere i beni, la valutazione in base a quali criteri è stata formulata?
ROSSETTI. La valutazione è stata fatta proprio in funzione delle normative fiscali. Poiché il complesso dei beni era indistinto e si distingueva nel momento del realizzo, rispetto al valore di realizzo non ancora ottenuto, si è allora proceduto per quella parte realizzata direttamente attraverso Federconsorzi prima ancora del trasferimento formale essendo una delle possibilità che l'atto-quadro aveva definito e stabilito; si acquisiva e si contabilizzava il valore di realizzo e questo andava a decurtazione del prezzo. Per tutti gli altri beni, trasferiti prima ancora del realizzo, è stato utilizzato un sistema che desse luogo ad una ripartizione adeguata alle norme fiscali. Da una parte, per le partecipazioni si è fatto riferimento al patrimonio della società, al valore del patrimonio netto; quanto agli immobili al valore catastale o, comunque, vicino a quello di mercato, per lo meno per quei valori eccessivamente elevati o che si riteneva tali dal punto di vista catastale; per i crediti si è invece agito in termini quasi percentuali, sia perché erano tanti e molti di questi inesistenti sia perché molti di questi, per la maggior parte, sarebbero stati trasferiti con lettere commerciali.
PRESIDENTE. Vorrei riportare un esempio molto semplice: lei sa che nella compravendita di un immobile a partire dal 1986, la revisione del testo unico fa riferimento agli indici, secondo il calcolo automatico, di valutazione ai fini fiscali. Vi siete avvalsi di questo sistema? Vorrei sapere cioé se avete tenuto conto del regime di fiscalizzazione, secondo il calcolo automatico. Il prezzo reale infatti può essere anche diverso - superiore intendo - e non vedere interessare il fisco.
ROSSETTI. In alcuni casi lo è stato. In altri casi il prezzo è stato determinato sulla base della congruità dei dati di stima.
PRESIDENTE. Quale di queste due voci, quella del calcolo automatico o quella effettiva, è stata utilizzata? Un immobile vale cento, secondo il calcolo automatico. Secondo un prezzo di mercato vale duemila. Allo Stato dal punto di vista fiscale non interessa il duemila ma interessa il cento. A noi interessa sapere, invece, quanto di fatto è stato realizzato, se il prezzo reale veniva ogni volta indicato nell’atto o se s'indicava soltanto il valore che risultava dalla valutazione del calcolo automatico.
ROSSETTI. Il valore è indicato tenendo conto del valore più vicino a quello di mercato. Naturalmente si è fatto in modo che fosse almeno superiore all’indice catastale, tranne in alcuni casi dove quest’ultimo risultava abnorme e, in quel caso, si è tenuto conto di un valore vicino a quello di mercato. Quindi, per gli immobili, proprio per evitare che potesse esserci una qualsiasi ipotesi di evasione fiscale, si è utilizzato questo sistema. Per quanto riguarda i crediti, invece, quello che è rimasto è stato ripartito in percentuale rispetto al valore nominale degli stessi. In realtà è sempre stato affermato che, sostanzialmente, il risultato ed il realizzo di tutta l’attività della S.G.R. doveva essere visto alla fine e non certamente esercizio per esercizio; tant’è vero che all’interno degli esercizi si sono venute a creare situazioni apparentemente di squilibrio con minusvalenze e plusvalenze rispetto ai valori determinati al momento del trasferimento che, evidentemente, portavano ad un risultato finale in perdita. Infatti, come prima ho ricordato, negli anni ‘96-’97 i soci hanno rinunciato, dietro richiesta della società, agli interessi di 81 miliardi che, se pagati, l’avrebbero portata alla liquidazione.
PREDA. Signor Presidente, chiedo un dato relativo al bilancio al 31 dicembre 1998 e, se non sono stati acquisiti i bilanci della S.G.R., di acquisirli tutti.
Al 31 dicembre 1998 quant’è il netto patrimoniale della S.G.R. distinto per voci, in altre parole capitale sociale, fondi e utili o perdite?
ROSSETTI. Il netto patrimoniale è di circa 24 miliardi.
VENETO Gaetano. Le formulo una serie di domande alle quali - se crede - può fornirmi un’unica risposta.
La prima domanda concerne il suo rapporto di lavoro. Lei è dipendente a termine o a tempo indeterminato e se è a tempo determinato fino a quando? Non è una mia curiosità, ma è un fatto connesso al suo rapporto di collaborazione con la S.G.R..
Lei ha parlato di un contatto con il professor D’Ercole per l’assunzione. Vorrei sapere se il professor D’Ercole avesse un mandato o se, invece, si è trattato solo di un contatto, anche perchè il suo nome è successivo a quello del dottor Bambara (che ebbe l’infelice sorte che conosciamo), per l’assunzione e la nomina a direttore generale.
Abbiamo ascoltato in Commissione le dichiarazioni di altre persone audite in merito alle procedure di vendita ed ai criteri di pubblicità seguiti. Può fornirci notizie in merito a questo, se ne ha? Per quanto attiene all’indebitamento di S.G.R. con le banche, lei ha affermato che foste costretti ad aprire linee di credito. Può parlarci dei rapporti con la Banca di Roma?
Inoltre, quando ha parlato di cespiti attivi, ha parlato di altri beni per 64 miliardi: le dispiace precisare cosa sono questi altri beni?
Ha parlato ancora dei patti parasociali dei soci a proposito di una precedente domanda del Presidente. E’ possibile acquisire questi patti parasociali?
Ancora, si parla nell’audizione del professor Carbonetti di una società, la Richard Ellis: può parlarci dei rapporti con questa società?
E, infine, credo che lei avesse costantemente, in qualità di direttore, rapporti con la presidenza, con il consiglio e con il professor Carbonetti in merito alla predisposizione dei bilanci annuali. Ho sentito che la S.G.R. ha pagato 2068 miliardi e finora ne ha incassati 2071. Questo che cos’è, un cash flow o, invece, un attivo di bilancio annuale riportato? C’era un regime di tassazione per questo?
ROSSETTI. Per quanto riguarda la mia assunzione, essa non è stata opera del dottor D’Ercole perché quest’ultimo ricopriva la carica di commissario governativo al momento in cui sono andato via dalla Federconsorzi ed è stato lui a licenziarmi (come è accaduto per tutti gli altri dirigenti) essendo ormai già in procedura concorsuale ed essendo già stato stipulatato l’atto-quadro. Quindi, il dottor D’Ercole non mi ha assunto, mi ha licenziato. Inoltre, sono stato assunto come dipendente a termine della S.G.R. per i primi due anni giacchè si riteneva che l’operazione dovesse essere conclusa il più rapidamente possibile. Questa era una delle prerogative più importanti da realizzare, ma la vicenda del sequestro e tutto quello che ne è seguito ha di fatto bloccato l’attività e quindi il mio rapporto è stato trasformato da tempo determinato a indeterminato. Non cambia molto perchè il contratto di dirigente prevede che nel momento in cui l’attività viene a cessare cessa anche l’attività del dirigente.
Per quanto riguarda il mandato di Bambara, non mi è chiara la domanda. Era il direttore generale di Federconsorzi, sapevo che doveva diventare direttore generale della S.G.R.. Poi vi fu lo spiacevole episodio del suo arresto e quello che è seguito, anche se recentemente sembra sia stato assolto definitivamente. Tutto ciò ha impedito il passaggio a S.G.R.. Pur essendo segretario del consiglio di amministrazione soltanto dal 1995, ho intravisto alcune delle discussioni fatte a quel tempo. Da quel momento infatti non vi fu un vero e proprio direttore, ma fu affidato a me l’incarico precipuo dell’amministrazione e delle partecipazioni e poi del coordinamento dell’attività.
Circa le procedure di vendita, erano state stabilite dal consiglio d’amministrazione precedentemente al mio arrivo in S.G.R. ed erano molto semplici, ma anche molto chiare e trasparenti. Circa le partecipazioni, bisognava affidarsi a banche d’affari che potevano operare e portare all’attenzione del consiglio d’amministrazione le migliori offerte perché si potessero prendere determinate decisioni. Circa gli immobili, si è preferita la procedura della gara, nel senso che doveva essere effettuata la pubblicizzazione su quotidiani nazionali o locali a seconda dell’interesse che certi immobili potevano determinare. Bisognava raccogliere le offerte, le manifestazioni di interesse ancor prima delle offerte e rilevare il valore di mercato di questi beni. Poi si procedeva ad acquisire con un parere di congruità dall’interno della struttura per capire se le offerte ricevute fossero lontane dal valore presunto, non tenendo conto dei valori delle perizie fatte a suo tempo dal tribunale.
VENETO Gaetano. Avevate una procedura in terna o seguivate quella dell’Unione europea per la pubblicità?
ROSSETTI. Erano procedure interne che riguardavano la raccolta delle offerte, il preventivo esame del valore di congruità, gli inviti ai vari offerenti e a tutti coloro che avevano manifestato interesse concreto; il tutto in base al regolamento depositato presso il notaio, professor Mariconda. Le offerte erano inviate in busta chiusa entro una certa ora di una certa data. Il giorno successivo il notaio apriva le buste, alla presenza di tutti coloro che avevano fatto offerte e manifestato interesse, e procedeva all’aggiudicazione all’offerente il prezzo più alto. I soggetti erano reperiti sul mercato a seguito della pubblicizzazione e dell’interesse manifestato. Poiché, come sempre accade, il patrimonio residuo diventa quello più difficile da collocare perché è il meno appetibile, abbiamo nel tempo utilizzato anche altri canali, come la creazione di opuscoli pubblicitari o l’invito diretto a soggetti a manifestare eventuale interesse e questa è un’operazione che stiamo svolgendo tuttora.
Circa i crediti, la procedura era tesa a recuperarli.
Per quanto riguarda il raccordo con la Banca di Roma, in consiglio d’amministrazione vi era un rappresentante della Banca di Roma, come previsto dai patti parasociali, secondo i quali i componenti il consiglio dovevano essere quattro delle maggiori banche, quindi BNL, San Paolo di Torino, Banca di Roma e Banco di Napoli. In più un rappresentante del primo socio non bancario, New Holland. L’altro componente del consiglio d’amministrazione veniva designato da tutti gli altri soci ed era Carbonetti. Dunque, il rapporto con la Banca di Roma, ad esclusione del fatto che vi era un rappresentante, era normale, per lo meno per le strutture e anche per il consiglio d’amministrazione, normale come per tutti gli altri soci e banche.
VENETO Gaetano. Avete aperto linee di credito con la Banca di Roma?
ROSSETTI. Con tutti i soci. I patti parasociali prevedevano l’impegno dei soci a finanziare fino a 400 miliardi quindi tutti i soci hanno finanziato e vi sono state linee di apertura di credito per 400 miliardi in proporzione ad ogni singola partecipazione. Vi era cioè una proporzionalità di intervento finanziario. Per tutto ciò che era necessario oltre i 400 miliardi - come dicevo prima, siamo giunti ad una esposizione di 670 miliardi - l’approvvigionamento è avvenuto presso banche socie e banche che hanno aderito. Ho avuto difficoltà in consiglio proprio per questa adesione anche da parte dei maggiori soci. Cercavamo di ottenere le stesse condizioni previste per i soci e Carimonte ci aveva offerto, sia pure per una cifra non rilevante, una ulteriore apertura di credito.
Per quanto riguarda gli altri beni, sono stati individuati per 64 miliardi, derivanti in parte da realizzi effettuati da Federconsorzi prima dell’atto-quadro e fanno parte dei 608 miliardi di cui si è detto. Poteva trattarsi di trattori, di beni mobili di altra natura, di cui non ho il dettaglio, ma che sono sicuramente indicati nei bilanci perché via via sono stati determinati.
Circa i rapporti con Richard Ellis, si tratta di una società immobiliare di livello internazionale alla quale ci siamo rivolti un’unica volta proprio per la difficoltà di realizzare Palazzo Rospigliosi, nonostante vi fossero stati numerosi personaggi che avevano manifestato interesse. Nella nota che rimetto agli atti vi è l’elencazione di questi soggetti, da Paolo Berlusconi a Mezzaroma, però nessuno ha mai concretizzato questo interesse, tranne una certa Immobilfin che aveva fatto un’offerta per 100 miliardi ma per più immobili. Non vi era dunque un concreto interesse e in quell’occasione si volle dare un certo respiro internazionale per cercare di capire se si poteva vendere o interessare anche qualche acquirente straniero. E’ stata chiesta alla Richard Ellis anche una valutazione che si è attestata su 55 miliardi e mezzo per Palazzo Rospigliosi.
VENETO Gaetano. Ha fatto una delibera?
ROSSETTI. A noi ha dato una relazione molto composita che è nel fascicolo che lascerò agli atti.
VENETO Gaetano. Ha fatto una delibera per dare l'incarico a Richard Ellis?
ROSSETTI. Probabilmente sì.
VENETO Gaetano. Il saldo da lei ricordato non corrisponde a quello che risulta a noi.
ROSSETTI. 2.065 è il prezzo di acquisto.
PRESIDENTE. Poco fa ha detto che il bilancio complessivo era di 2.071 miliardi; specificando che 465 miliardi erano per gli immobili, 808 miliardi per i crediti, 734 miliardi per le partecipazioni; cui si aggiungono altri 64 miliardi. ROSSETTI. La somma di lire 2.071 miliardi è stata realizzata al 31 dicembre 1998. Il prezzo pagato per il rilievo in massa di beni è di 2.065 o 2.068 miliardi. A questi 2.071 miliardi di realizzi va aggiunto ovviamente tutto ciò di cui ci si è approvvigionati presso le banche perché vi sono i costi che la S.G.R. ha sostenuto. Finora la S.G.R. ha sostenuto costi per quasi 260 miliardi e ne prevede almeno altri 90 di costi di gestione, se si riesce a realizzare entro il 2000 la chiusura della società - sempre che evidentemente il sequestro non permanga - senza considerare i costi che i soci hanno sostenuto pari agli 81 miliardi. I costi della società sono stati finora pari a circa 254 miliardi: il 23 per cento sono oneri accessori all'atto-quadro. In realtà, il prezzo fissato non era pari a 2.150 miliardi, ma vi erano altri circa 59 miliardi che la S.G.R. si è dovuta accollare: oneri di circa 20 miliardi per incentivare l’esodo dei dipendenti Federconsorzi; ha dovuto acquistare crediti per 20 milioni al cento per cento; fino a 500 milioni a più del 40 per cento, fino a un miliardo al 40 per cento per un valore complessivo di oltre 56 miliardi, al prezzo di circa 28 miliardi. In più, si è fatta carico di tutti i costi delle manutenzioni e di tutti i costi che aveva sostenuto la procedura dal 1991, da quando cioè Federconsorzi è entrata in procedura concorsuale fino al momento dell'atto-quadro. Poi vi è il 24 per cento (altri 60 miliardi) per la conservazione del patrimonio, per la manutenzione, l'ICI, e tutto ciò che è inerente a questo aspetto; più del 30 per cento, quasi il 32, è determinato dagli interessi che la società ha pagato alle banche, escludendo gli 81 miliardi di cui ho parlato prima.
VENETO Gaetano. Vorrei soltanto capire se le banche hanno incassato due volte avendo preso gli interessi come banche e cercando di prendere il ricavo della S.G.R.. Dov'è il rischio d'impresa per le banche?
ROSSETTI. Le banche hanno prestato quattrini, che evidentemente vanno remunerati.
VENETO Gaetano. Ma a se stesse?
ROSSETTI. Si poteva andare in qualsiasi altra banca.
VENETO Gaetano. Vi era la FIAT?
ROSSETTI. C'erano la FIAT e l'API.
VENETO Gaetano. La FIAT e l'API non hanno pagato interessi?
ROSSETTI. Certo, anch’esse. Ricordo che inizialmente i soci non erano solo le banche. Inizialmente i soci erano 27, di cui 25 banche e due società industriali, API e New Holland. Si sono aggiunti successivamente, proprio per l'invito effettuato, altri 8 soci (tra questi la Pioneer ed altri); tutte imprese di piccole entità che hanno aderito ai patti parasociali ed hanno partecipato come soci.
VENETO Gaetano. Le banche cioè hanno operato come tutti gli altri soci sul mercato.
CARUSO Antonino. In quanto dirigente di Fedit, Lei era in stretto contatto con il dottor Pellizzoni, in quel momento direttore generale di Fedit; mi riferisco agli ultimi anni anteriori al commissariamento. Le domande a questo punto sono due: Lei, nella sua funzione di dirigente di Fedit e di collaboratore del dottor Pellizzoni, ha contribuito alla preparazione ed alla redazione del bilancio 1991 che fu poi approvato nel 1992 e, in caso di risposta positiva, che cosa lei ritiene di sottolineare come particolare evidenza di bilancio con riferimento a questa annualità.
ROSSETTI. Conoscevo il dottor Pellizzoni già da prima proprio perché era in un'altra azienda di grande distribuzione, la Coin. Quando è arrivato in Federconsorzi mi ha chiesto di fare questo monitoraggio dal punto di vista logistico per utilizzare la mia esperienza e professionalità in questo campo, ma sono approdato dopo in Federconsorzi. Sono stato assunto il primo luglio, in pieno commissariamento, per cui non ho avuto assolutamente modo di collaborare né sul bilancio né su altri fatti. Sono poi rimasto perché mi è stato chiesto di monitorare le attività commerciali residue che i commissari speravano di recuperare. In realtà la procedura concorsuale prima e tutti gi eventi poi hanno determinato la situazione che si è creata. D'altro canto, la mia esperienza è di natura più commerciale che amministrativa.
CARUSO Antonino. Quindi non è al corrente di una ingente svalutazione di crediti operata nell'ambito del bilancio 1990.
I suoi colleghi che ebbero la sua stessa sorte, cioè i dirigenti di Fedit che andarono ad operare per S.G.R., furono - lei li ha ricordati prima - in particolare l'ingegner Frosina e il dottor Bambara, colui che avrebbe dovuto precederla: a lei risulta che, nel momento in cui fu arrestato - la circostanza è stata da lei ricordata - quest'ultimo dichiarò alla domanda preliminare di rito del magistrato di essere direttore della S.G.R.?
ROSSETTI. Non conosco tali circostanze.
CARUSO Antonino. Sappiamo tutti che il dirigente difficilmente viene licenziato. Nella generalità dei casi concorda le proprie dimissioni con la società. La domanda, in pratica, è la seguente: nel caso dell'ingegner Frosina, fu la S.G.R. a stimolare le dimissioni? Fu l’ingegner Frosina che, avendo trovato un’altra occupazione, decise di dimettersi? Vi fu un incentivo all’esodo nei confronti dell’ingegnere, al momento del licenziamento? Ed ancora, l’ingegner Frosina che si occupava – se non ho capito male - del coordinamento del settore immobiliare di Fedit, aveva continuato a svolgere quest'attività anche con la S.G.R.?
ROSSETTI. Era responsabile della divisione immobiliare di Fedit. In S.G.R. ha effettuato la gestione e la vendita degli immobili.
Per quanto concerne la risoluzione del rapporto, si è trattato di una volontà manifestata dall’ingegner Frosina che, in qualche modo, è stata anche favorita, ma non si può parlare di incentivi all’esodo. Negli ultimi tempi vi era una sorta di particolare lassismo nell’attività immobiliare nel senso che vi erano tempi abbastanza lunghi. Probabilmente all’ingegner Frosina era stato più volte contestato il fatto che svolgesse anche altre attività. Quindi, si addivenne quasi spontaneamente ad una risoluzione del rapporto.
CARUSO Antonino. Non c’entra molto con lo scenario degli ex dirigenti Fedit passati poi alla S.G.R., ma vorrei sapere cosa lei è in grado di riferire relativamente al dottor Porpora. Il dottor Porpora era segretario del consiglio d'amministrazione di Fedit anche all’epoca in cui lei era dipendente. Poi credo che si sia andato ad occupare della segreteria dell’allora presidente dell’Iri, oggi onorevole Prodi, il quale risulta peraltro aver segnalato alla Fedeconsorzi la particolare capacità operativa ed il particolare pregio del dottor Pellizzoni. Le chiedo, quindi, cosa può riferirci anche in merito alle sue conoscenze di queste persone perché poi questi fatti, quantomeno sul piano cronologico, s'intersecano con un’ulteriore vicenda che è quella della vendita della Cirio da parte dell’Iri a tale signor La Miranda che risulta avesse anche successivamente formulato un’offerta per rilevare, in tutto o in parte, le attività della Federconsorzi.
ROSSETTI. Non sono assolutamente a conoscenza di quanto lei ha affermato. Posso solo ricordare che conoscevo il dottor Pellizzoni da prima del mio arrivo in Federconsorzi e so che egli ha partecipato ad una sorta di selezione attraverso una società di consulenza e di ricerca di managers: nemmeno però per la Federconsorzi, ma per la Polenghi Lombardo; successivamente è arrivato in Federconsorzi ma francamente non so niente al riguardo. CARUSO Antonino. E qual’era la società di "cacciatori di teste"? ROSSETTI. Si trattava di una società di Milano, ma non ne ricordo il nome. Per il resto le posso dire che il dottor Porpora è una persona che ho conosciuto e che mi sembra svolgesse, nell’ambito della Federconsorzi, un’attività legata ai servizi generali, ma ho avuto con lui uno scarsissimo rapporto.
CARUSO Antonino. Quindi, uno come tanti altri.
Mentre, se è vero che il professor D’Ercole è quello che l’ha licenziata, chi l’ha assunta?
ROSSETTI. Il professor Carbonetti con cui ci siamo incontrati, ed era la prima volta che ci vedevamo perché non lo conoscevo assolutamente; mi ha chiesto se volevo andare a lavorare presso la S.G.R..
VENETO Gaetano. Non credo che vi foste incontrati al caffè.
ROSSETTI. No, Carbonetti, insieme ad un altro consigliere De Palma, aveva avuto l’incarico specifico di assumere personale. Poiché fra i settanta dipendenti della S.G.R. non vi era nessun dirigente, era stato previsto che l’ingegner Frosina si sarebbe dovuto occupare del settore immobiliare (tra l’altro egli ebbe qualche problema perché non sapeva se accettare o meno) ed il sottoscritto fu scelto anche per le proprie esperienze di tipo commerciale.
CARUSO Antonino. Torniamo all’epoca in cui lei era ancora dirigente di Federconsorzi. Viene avanzata la "proposta Casella" o il cosiddetto "piano Capaldo", possiamo chiamarlo indifferentemente nei due modi. Il punto qualificante di questa offerta era costituito dall’acquisizione del patrimonio industriale, cioè dei pacchetti azionari delle società industriali che facevano capo a Fedit per procedere ad una loro ricapitalizzazione, ad una rivitalizzazione e quindi ad una vendita con ancora nel contenitore know how, capacità industriale e risorse umane. Questo, per la verità, è il piano Capaldo o la proposta Casella in nuce; in altre parole sono le prime lettere che il professor Casella invia al tribunale fallimentare di Roma; sappiamo che poi questo percorso si perderà. Peraltro, ho utilizzato il termine "qualificante" perché durante questo percorso il tribunale fallimentare di Roma acquisisce il parere delle organizzazioni sindacali dei dipendenti di Fedit i quali esprimono un giudizio favorevole al piano Casella condizionato proprio a questo aspetto della proposta.
Ora, le chiedo se lei mi sa dire non solo che sorte hanno avuto le società che sto per dirle, ma anche quali sono state le ragioni che hanno condotto alle decisioni assunte dai soci S.G.R.. Ecco che i piani s'intersecano: in base alle sue conoscenze in qualità di dirigente di S.G.R., quale sorte hanno avuto le società Carpi (che produceva macchine agricole), Arsol (che produceva mangimi) e soprattutto Reda, Federgraf e Cappa, della quale ultima lei credo conosca bene la storia dal momento che ne è stato l’amministratore.
ROSSETTI. Lo sono stato per un mese. In ogni caso, devo affermare di non avere conoscenza diretta degli aspetti ai quali lei fa riferimento nelle sue domande. Posso dire solamente che la proposta Casella l’ho vista a posteriori dalle carte, carte che peraltro mi sono state richieste dalla Commissione e che ho presentato. Non ho altre conoscenze se non quella indiretta derivante dalla lettura di quei documenti e che può essere compiuta da chiunque. Non mi sembra però di aver mai letto in queste proposte dei riferimenti allo sviluppo di attività industriali e, comunque, alla rivitalizzazione delle società. Però, quello che posso dire, è che la maggior parte delle società trasferite era in situazione di decozione; si trattava di società tutte già quasi in procedura consorsuale. L’Arsol e la Carpi, alle quali lei ha fatto riferimento, erano già in procedura concorsuale, in concordato preventivo con cessione di beni. Erano società prive di valore. La stessa Cappa era addirittura fallita e tutta questa costellazione di società che ruotava intorno alla Federconsorzi si trovava, ripeto, in situazioni disastrose. Cappa è il tipico esempio: contava 19 miliardi di crediti nei confronti della Federconsorzi, però non poteva sostenere la sua attività, anche se basata su un ottimo progetto.
CARUSO Antonino. Lei ha ricordato che la sua conoscenza personale con il professor Capaldo risale al 1990.
ROSSETTI. Ho detto qualche tempo prima. Credo di aver conosciuto il professor Capaldo circa nel 1992, poco prima di entrare in S.G.R..
CARUSO Antonino. Prima non ne ha avuto occasione?
ROSSETTI. Assolutamente no. Sono entrato nel 1991 in Federconsorzi e prima ho avuto solo un rapporto di collaborazione, di monitoraggio.
CARUSO Antonino. Le risulta anche indirettamente che il professor Capaldo tra il 1990 e il 1991 svolse una serie di riunioni con tutti i direttori dei consorzi agrari provinciali? Si tratterebbe di riunioni di mezza giornata ciascuna in cui fece un’"anamnesi" del consorzio valutando la statura dei singoli direttori.
ROSSETTI. Non lo so.
CARUSO Antonino. Il 17 maggio 1991 è una data indimenticabile e non dimenticata da nessuno, neppure da noi. Vi sono alcuni riferimenti ad una circostanza, che è la seguente: quel giorno sui piazzali della FIAT vi era un cospicuo numero di trattori, si parla addirittura di 1.500 trattori, il cui valore complessivo potrebbe essere considerato intorno ai 100 miliardi. Questo cospicuo numero di trattori era stato già fatturato dalla FIAT alla Federconsorzi ed era quindi di proprietà di questa, ma - intervenuto il commissariamento - furono ripresi dalla FIAT e quindi non entrarono in quella massa che poi fu portata alla disponibilità dei creditori attraverso la procedura di concordato preventivo.
Le chiedo se le è nota questa circostanza.
Come seconda domanda, vorrei chiederle quale impatto – se c’è stato –ha avuto questa vicenda nelle relazioni fra il socio FIAT e altri soci S.G.R., perché se le cose fossero andate diversamente, ben più ingente sarebbe stata la risorsa a disposizione del concordato preventivo attraverso la cessione dei beni per l’atto-quadro.
In terzo luogo, lei ha notizia di denunce, di reclami di persone, agricoltori o dell’ambiente politico nei confronti della FIAT per questa vicenda?
ROSSETTI. Mi dispiace dover dire di non avere notizie in merito.
CARUSO Antonino. Mi riferisco all’ambiente dei dirigenti di Federconsorzi perché era un periodo in cui vi era appena stato il commissariamento, ma la Federconsorzi proseguiva l’attività: ragionevolmente il gruppo dei dirigenti doveva essere preoccupato di quale evoluzione poteva avere la vicenda. Possibile che un fatto di tale portata non fosse noto?
ROSSETTI. Per quanto mi riguarda assolutamente no, sarà un fatto amministrativo.
CARUSO Antonino. Non è solo un fatto amministrativo: i trattori o vi erano o non vi erano. La catena di alimentazione dei trattori, secondo il percorso FIAT, Federconsorzi, consorzi agrari, al momento del commissariamento ha un inceppamento.
ROSSETTI. Premesso che non ho conoscenza di questa vicenda, posso dire, in base alla mia esperienza, avendo monitorato questi flussi, che i trattori venivano sostanzialmente ordinati da Federconsorzi, ma distribuiti ai consorzi agrari e quindi erano in giacenza normalmente presso questi ultimi. Il flusso logistico era rivolto direttamente ai consorzi agrari. Non so altro.
CARUSO Antonino. Ricordava prima che le proprietà immobiliari corrispondevano a 154 immobili. Desidero sapere quante sono le sedi dei consorzi agrari provinciali ospitate in immobili tra questi 154 o tra quelli posseduti dalle società immobiliari di S.G.R..
ROSSETTI. Ho presentato una documentazione e per ogni immobile è evidenziata la locazione e il nome del locatario. Posso dire che la maggior parte di questi immobili è costituita da magazzini locati con contratti a scadenza prossima ai consorzi agrari.
CARUSO Antonino. Nel secondo semestre del 1995, l’andamento di S.G.R. registra una singolarità. Vi è una sospensione dei pagamenti da parte di S.G.R. a Federconsorzi, a seguito delle difficoltà che venivano frapposte dal legale rappresentante di Federconsorzi al trasferimento dei crediti. Poi vi fu la transazione, la rinuncia ai crediti da parte di S.G.R. e il pagamento ad S.G.R. di un importo. Quell’importo conteneva interessi? In secondo luogo, lei ha ricordato che i soci di S.G.R. hanno sacrificato, in quanto finanziatori, la cospicua somma di 81 miliardi per interessi che S.G.R. non era in grado di corrispondere. Le chiedo allora, con riferimento agli interessi, S.G.R. li ha addebitati alla procedura di concordato preventivo?
ROSSETTI. Lei fa riferimento al 1995. In quell’anno, l’allora commissario governativo, avvocato Lettera, in qualche modo si rifiutò di trasferire il residuo di beni che fino a quel momento era gradualmente avvenuto. La ragione addotta era che il trasferimento sarebbe avvenuto ad un valore basso. Si trattava di crediti e in particolare di quelli nei confronti del MAF per gli ammassi. Si dimenticava, però, che il contesto del valore era unitario, perché il prezzo a suo tempo definito per tutti i beni era di 2.150, indipendentemente dai valori facciali dei singoli beni.
Ne è nata una diatriba che ha indotto S.G.R. a congelare una parte di quanto doveva ancora essere corrisposto; dall'altra parte determinò il blocco di quanto doveva essere ancora trasferito ancora. Successivamente, sono avvenute le indagini di Roma e di Perugia, cui è seguito il sequestro; dopodichè si è bloccato tutto completamente. Indipendentemente da questo fatto, all'inizio del 1998 la Liquidazione di Federconsorzi ha tentato invece di instaurare una procedura arbitrale per ottenere la nullità o l’annullamento dell'atto-quadro. Questa situazione è stata deflagrante. Si aggiungeva a quella, precedente, del sequestro penale. Ne è scaturito un accordo dal quale, riconfermando la validità dell'atto-quadro, si è stabilito che i beni non trasferiti, essenzialmente crediti, rimanessero nella liquidazione Federconsorzi mentre la S.G.R. non avrebbe pagato il corrispettivo che mancava ancora, pari a circa 85 miliardi. Il valore attribuito dalla Liquidazione ai beni non trasferiti era pari a 115 miliardi, per lo meno questa era la valutazione dei beni residui rinunciati, e la S.G.R. è stata esonerata dal pagare gli 85 miliardi. Questo accordo è stato stipulato il 30 luglio 1998.
CARUSO Antonino. La S.G.R. non ha mai addebitato alla liquidazione della Federconsorzi in concordato interessi e in particolare non ha addebitato l'importo di interessi pari alla somma di 6 miliardi 800 milioni?
ROSSETTI. Se lei fa riferimento al meccanismo del rapporto intercorrente tra S.G.R. e liquidazione Federconsorzi, durante il periodo del pagamento delle rate, accadeva che il ricavato dei realizzi effettuati di beni non ancora trasferiti ad S.G.R. che quindi, in conformità all'atto-quadro, venivano realizzati attraverso Federconsorzi, diventavano un corrispettivo, accantonato in un conto corrente bancario intestato alla stessa Fedit, congelato però a garanzia del pagamento delle rate. Su di esso maturavano interessi a favore di S.G.R. Questo è avvenuto fino alla terza rata, fino a quando il pagamento è stato saldato. Questi interessi venivano indubbiamente a far parte del rapporto di conto tra dare e avere di S.G.R. nei confronti della Liquidazione.
CARUSO Antonino. La S.G.R., una società commerciale, ha mai emesso fatture alla causale "interessi nei confronti della procedura di concordato preventivo"?
ROSSETTI. Se è nel contesto già detto: è possibile, ma detto così, francamente direi di no. Vi sono stati una serie di rapporti che evidentemente, per applicazione delle norme fiscali, sono intervenuti tra S.G.R. e liquidazione Federconsorzi naturalmente sia per quanto riguarda l'attribuzione dei costi dei prezzi inerenti ai beni da trasferire sia ai costi di questo genere.
CARUSO Antonino. Sul bestiame non sa nulla come ex dipendente di Federconsorzi?
ROSSETTI. No.
CARUSO Antonino. Torniamo al Palazzo Rospigliosi che costituisce uno degli argomenti più volte evocati nel corso delle nostre audizioni.
Mi sembra di capire che la commissione apposita di S.G.R. acquisì la relazione di Richard Ellis che sgombrò il campo dal balletto delle valutazioni di Palazzo Rospigliosi. Secondo il professor Carbonetti, infatti, Richard Ellis valutò il palazzo in una cifra che lui indica fra i 62 e i 65 miliardi mentre abbiamo agli atti della Commissione un'indagine di polizia giudiziaria che indica la valutazione di Richard Ellis in 49 miliardi e 800 milioni. Leggendo la perizia che lei ci ha consegnato oggi finalmente sapremo quanto Richard Ellis ha valutato questo Palazzo. Però, vi è una contraddizione che credo che vada risolta subito con riferimento ad un altro punto che mi sembra di grande rilievo: il momento in cui la S.G.R. affidò l'incarico a Richard Ellis. Lei ha individuato questo momento nel momento iniziale della vendita di Palazzo Rospigliosi. S.G.R. conferì questo incarico e, avendo poi ricevuto la relazione di risposta, iniziò una procedura che lei ci ha nel dettaglio molto chiaramente spiegato.
Il professor Carbonetti, rispondendo ad analoga domanda, ricorda una offerta della signora Pallavicini di 12 miliardi, che venne giudicata palesemente irricevibile da parte di S.G.R. ma che poi la signora Pallavicini aumentò passando da una offerta di 12 ad una di 52 miliardi. Il professor Carbonetti dice a questo punto che doveva avere un punto di riferimento, un parametro per decidere perché dire di no alla Pallavicini quando offriva 52 miliardi e dire di sì alla Coldiretti quando ne offriva 72: "il primo punto di riferimento era che noi dovevamo vendere; tenere un immobile e non venderlo non avrebbe rappresentato una soluzione; d'altra parte non rappresentava una soluzione venderlo ad un prezzo palesemente incongruo. Decidemmo allora di affidarci alla valutazione di una società americana considerata il numero uno del mondo e arrivammo a Richard Ellis".
Le chiedo se è in grado di collocare il momento in cui S.G.R. assunse la decisione di affidare l'incarico a Richard Ellis; cioè prima o dopo aver avviato le trattative con Coldiretti.
ROSSETTI. Probabilmente non sono riuscito ad esprimermi bene. La perizia fu fatta non solo in funzione delle offerte della Coldiretti e della principessa Pallavicini ma per cercare offerte ulteriori nel momento in cui Coldiretti e la principessa Pallavicini avevano manifestato interesse ad acquistare questo immobile. Il tempo lo si evince dal verbale del consiglio di amministrazione. La perizia fu fatta a seguito di una serie di manifestazioni di interesse che, però, non avevano determinato nessuna concreta offerta; le uniche offerte erano ovviamente quelle della principessa Pallavicini e infine quella della Coldiretti. In un primo tempo la Coldiretti non aveva manifestato interesse perché interessata ad un altro immobile, quella di via Yser; poi aveva spostato l'attenzione sull'altro. CARUSO Antonino. Per quale motivo spostò la sua attenzione sull'altro immobile ?
ROSSETTI. Lo spazio del palazzo di via Yser è la metà dell'altro.
CARUSO Antonino. Mi sembra di capire che Coldiretti aveva inizialmente manifestato il proprio interesse su un altro immobile e che poi, viceversa, questo interesse era stato spostato su Palazzo Rospigliosi.
ROSSETTI. Il palazzo di via Yser è di 3.000 metri quadri mentre il palazzo Rospigliosi è di 6.000 metri quadri e di conseguenza ritengo che il primo non fosse considerato sufficiente ad accogliere la struttura di Coldiretti. Tuttavia, ho fatto lo stralcio di tutti i verbali elencati ed in essi è contenuto il riferimento alla richiesta da parte del consiglio dell’acquisizione di un parere specifico, di una perizia.
CARUSO Antonino. Che data porta questa richiesta?
ROSSETTI. La si può desumere dalla documentazione allegata.
CARUSO Antonino. Perché c’è una singolarità: se la trattativa con la principessa Pallavicini fu condotta correttamente – e non ho ragione di pensare che non sia stato così – l’offerta della principessa Pallavicini divenne pubblica il 23 maggio 1995, allorchè nella seduta del consiglio di amministrazione della S.G.R. venne comunicato che la stessa aveva presentato la propria offerta al rialzo pari a 52 miliardi. Ora, accadde che il 26 maggio 1995 (cioè solo tre giorni dopo) fosse costituita a Ravenna una società, denominata Germina Campus, che aveva come oggetto sociale proprio quello di partecipare ad aste e all’acquisizione di società soggette a procedure concorsuali. Tale società, che attualmente si chiama Gercam, è stata poi quella che il 27 luglio 1995 ha stipulato l’atto di compravendita del palazzo Rospigliosi presso il notaio Mariconda. Lei capisce che la singolarità oggettiva di questa concomitanza di date fa pensare che forse la decisione di Coldiretti (che era la mano dominicale di questa Germina Campus) di dirottarsi dal palazzo di via Yser a palazzo Rospigliosi non fosse determinata tanto dalla maggiore superficie di quest’ultimo quanto dal prezzo più conveniente, dato che si trattava di un’offerta già rilanciata dall’altro concorrente.
ROSSETTI. So che Germina Campus è una società praticamente al 100 per cento della Coldiretti, ma questo riferimento di date non lo conosco. Mi si consenta però di esprimere un’opinione: emerge da tutti i documenti che è stato fatto un gioco al rialzo e conseguentemente è stata invitata la principessa Pallavicini ad incrementare il valore, come del resto accade quando si cerca di ottenere il massimo risultato tra due offerenti. Ma tutto ciò mi sembra normale, anzi credo che sia encomiabile. Però, alla richiesta specifica formulata all’avvocato Ripa di Meana, anche dopo numerose proroghe, non vi è stata risposta.
CARUSO Antonino. Certo, dottor Rossetti, ma il gioco al rialzo si ha quando tutti i contendenti sono costretti a rialzare. In realtà la singolarità di date che prima le ho rappresentato ha mostrato che c’era un solo concorrente che doveva rialzare e cioè la contessa Pallavicini. In altre parole, se la Coldiretti o la Gercam avessero offerto 95 miliardi avrei potuto capire il gioco a rialzo, ma la società Gercam ha viceversa offerto un prezzo - tra l’altro suddiviso tra patrimonio immobiliare (48 miliardi) e beni mobili contenuti nel palazzo (13 miliardi), entrambi oggetto della vendita - conoscendo quello proposto dalla contessa Pallavicini e posizionandolo poco al di sopra. Si trattava di una gara al rilancio, ma solo per la contessa Pallavicini, di sei miliardi in sei miliardi.
Le rivolgo un’ulteriore domanda. Si è tanto parlato di palazzo Rospigliosi, ma in realtà Germina Campus comprò due cose: palazzo Rospigliosi e il Pino in località La Storta. Così formulata la cosa può sembrare insignificante, ma in realtà siamo nella parte centrale della via Cassia a Roma, all’interno del grande raccordo anulare. Il rogito venne stipulato dal solito notaio Mariconda il 5 dicembre 1995 per un prezzo di 2 miliardi e 700 milioni di lire per un terreno allora non edificabile. (Ora è diventato edificabile, ma credo che lei possa anche non saperlo). La vendita riguardava un terreno di 180 ettari non soggetto ad IVA oltre ad un complesso immobiliare situato su questa proprietà e il prezzo pagato 2 miliardi e 380 milioni IVA compresa. Il pagamento, pattuito al 20 dicembre 1995, avvenne per l’appunto il 19 dicembre 1995, tranne una parte che fu pagata nove giorni dopo, ma credo che questo non rappresenti un grandissimo problema.
Ora, da lei vorrei sapere se vi sia una qualche circostanza concomitante – e mi riallaccio alla domanda che le ha posto poco fa l’onorevole Gaetano Veneto - riguardo all’apertura di linee di credito alla S.G.R. presso la banca Carimonte con riferimento a questa operazione, dal momento che la stessa veniva gestita per l’acquirente proprio dal medesimo istituto di credito. Inoltre, vorrei conoscere quale giustificazione contabile ha avuto il trasferimento dell’importo di 4.550 milioni avvenuto il 22 dicembre 1995 dal conto della società Indipendenza che era quella che vendette l’azienda agricola Il Pino in vantaggio della S.G.R.. Quale fu il regolamento fiscale di questi 4.550 milioni?
ROSSETTI. Per quanto concerne l’attinenza con il conto corrente aperto dalla S.G.R., non esiste categoricamente alcun riferimento ed alcuna correlazione. È del tutto casuale.
Per quanto attiene, invece, i 4.550 milioni versati da Germina Campus, si trattava ovviamente dell’importo pagato alla società Indipendenza per l’acquisto dell’azienda agricola Il Pino di cui era proprietaria. Del resto S.G.R. fino al momento del sequestro ha agito, in termini di attività di gestione vendite, in maniera unitaria, sia per gli immobili propri della società sia per quelli delle società controllate, tant’è vero che l’amministratore delegato delle società immobiliari e amministratore unico era l’ingegner Frosina, responsabile anche del settore. La gestione degli immobili era unitaria e così la gestione delle risorse finanziarie. Non era pensabile che, mentre S.G.R. si indebitava a tassi convenienti ma elevati, le società potessero disporre di liquidità inutilizzata e anche in questo caso vi è stato un uso di questa liquidità sempre nell’ambito dell’accentramento della tesoreria da parte di S.G.R..
CARUSO Antonino. La filosofia di questo meccanismo mi era chiara anche prima. Volevo sapere quale fu la partita contabile che regolò i 4.500 milioni da Indipendenza a S.G.R., perché uscirono da Indipendenza e a quale titolo furono incamerati.
ROSSETTI. E’ una domanda che ha un aspetto strettamente contabile. Indipendenza, come altre società immobiliari, aveva debiti nei confronti di S.G.R.. Si tratta di crediti vantati da S.G.R. in quanto si era resa cessionaria di crediti da Federconsorzi; si trattava cioè di crediti di Federconsorzi poi ceduti e relativi a società controllate. Se è stato effettuato un trasferimento non è stato di liquidità, ma a pagamento di questi crediti. Ancora oggi le società immobiliari, per esempio quelle sotto sequestro, continuano a pagare in una misura minima per quello che riescono a realizzare, perché di fatto le società sottoposte a sequestro non stanno facendo attività di realizzo, ma solo di conservazione del patrimonio, trasferiscono dunque una parte di questi introiti per pagare un debito nei confronti di S.G.R..
ALOI. Come criterio, se opportuno e sempre che non rompa l’organicità degli interventi (il collega Caruso ha sollevato una serie di questioni organiche, certamente strettamente connesse tra loro), proporrei, se possibile, di dividere le questioni per gruppi in modo da avere la possibilità di qualche inserimento.
La prima domanda riguarda il versamento, che si muove da S.G.R. alla Federconsorzi, di 1.460 miliardi in tre rate e poi l’altro riferito al 31 dicembre 1998 di 2.071 miliardi incassati. Vi è una serie di articolazioni che portano – chiedo a lei il riscontro – ad avere altri 530 miliardi. E allora, nel momento in cui sono stati effettuati questi versamenti, nel momento in cui ci sono state partite aperte, perché è chiaro che sulla storia dei 154 immobili sono sorte delle questioni, c’è il problema delle partecipazioni immobiliari. Quali erano secondo lei, che in fondo è legato anche alla logica della Federconsorzi per il ruolo che ha avuto al suo interno, le previsioni in ordine alla possibilità di realizzazione delle somme? Secondo quanto lei ci ha detto, anche in riscontro con quello che ha detto il professor Carbonetti, emergono elementi che devono far riflettere, come ad esempio la storia dei pareri. Nell’audizione di Carbonetti spuntò fuori la questione dei pareri scomparsi dal fascicolo. E’ diventato, quello dei pareri, una specie di giallo. Carbonetti si è giustificato, dicendo che si attribuiva a lui la responsabilità di quei pareri non individuati. Le chiedo una sua valutazione rispetto a tutto quello che si è determinato, al risultato ottenuto rispetto alle previsioni della Federconsorzi, perché in fondo si dice che vi era l’esigenza di trovare una soluzione che facesse recuperare quanto più possibile in ordine alla situazione Federconsorzi. Secondo lei le previsioni di massima o di minima sono state rispettate? Cosa si sarebbe potuto realizzare rispetto al ruolo di S.G.R.? Capaldo ha detto che in fondo si possono porre delle questioni da S.G.R. in poi, perché prima si trattava di un terreno non esplorabile. Secondo lei qual era la situazione determinatasi in Federconsorzi? Le previsioni sono state quelle di massima o di minima oppure sono state previsioni medie o, ancora, si poteva fare dell’altro? Non le chiederò quali interferenze di ordine politico possano esserci state, ma passo alla seconda domanda.
La storia di Palazzo Rospigliosi credo sia la chiave di lettura. Si pensava valesse 200 miliardi. Poi si è determinata una posizione diversa e, se non vado errato, vi è stata la possibilità di individuare dei possibili acquirenti stranieri. Carbonetti ha detto che era stato fatto il giro delle sette chiese per vedere cosa si poteva fare in ordine a quel palazzo per ricavarne il più possibile. Che fine hanno fatto quegli stranieri? Il discorso vale anche per gli stranieri relativamente alle banche che di punto in bianco si sono volatilizzate. Ci si è addirittura rivolti anche ad una società americana, si è bussato alle varie porte del Governo, del Parlamento (così dice Carbonetti). Perché ad un certo punto aspiranti acquirenti di Palazzo Rospigliosi sono scomparsi? Le due domande si intersecano e la seconda costituisce il corollario della prima.
ROSSETTI. Per la mia esperienza di questi anni devo dire che il risultato non era mai stato posto in termini di previsioni. Ricordo che l’obiettivo era il realizzo immediato, più veloce possibile, perché la rapidità della chiusura della liquidazione permetteva di superare il rischio di impresa che i soci avrebbero corso con la creazione e l’attivazione di S.G.R.. In 18 mesi dovevano realizzare il più velocemente possibile per evitare altre situazioni che, peraltro, sono state deflagranti. Si consideri quello che è accaduto per le partecipazioni di cui si parlava prima, che evidentemente si depauperavano sempre di più anche se trasferite, anche con procedura concorsuale.
Ricordo per esempio la Siapa, valutata in 50 miliardi, e poi trasferita ad S.G.R. nel momento della procedura concorsuale; quindi, non aveva già alcun valore perché vi era stata la cessione di beni. D'altronde il mercato immobiliare è caduto in maniera notevole ed è sceso sempre di più; è tuttora un mercato in crisi nonostante i tentativi da parte di strutture straniere, di finanziatori stranieri e di capitali stranieri di acquisire immobili in Italia.
Abbiamo risentito di questo oltre che di quanto è accaduto negli anni 1995 -1996 quando il sequestro ha bloccato quasi tutte le attività; se poi aggiungiamo a ciò la vertenza con la Liquidazione Federconsorzi nel 1998, anche se fortunatamente è stata risolta, il risultato è stato, almeno in termini di tempo, disatteso; non in termini economici, però, tenuto conto della depressione del mercato immobiliare (vorrei ricordare che si è ottenuto il massimo possibile dalla vendita di alcune partecipazioni; alcuni immobili, per esempio, sono stati venduti a prezzi molto più elevati rispetto al valore indicato dalla perizia - dalla visione delle carte e dei documenti che ho consegnato si evince che vi sono immobili venduti a tre volte il valore indicato - e partecipazioni vendute ad un valore superiore a quello previsto; d'altro canto sono state effettuate altre vendite ad un prezzo più basso da quello indicato inizialmente forse perché non centrata la previsione o perché non recepito adeguatamente dal mercato).
I costi sono stati comunque molto contenuti anche rispetto alle procedure, malgrado i tempi allungati abbiano determinato costi aggiuntivi; pensate che per la procedura sono stati spesi 475 miliardi, per ammissione dello stesso tribunale, contro i 250 che ha speso la S.G.R., pur considerando che i costi dal 1991 sono stati trasferiti alla S.G.R. avendo dovuto compensare nel '93 gli oneri dei costi pregressi, per esempio, per la manutenzione degli immobili, per spese legali e così via. In questo contesto, evidentemente, è stata anche contenuta la spesa. Nonostante ciò, la nostra previsione è che se si riuscirà ad ottenere quanto previsto - ci è molto d'aiuto il realizzo previsto della BNA perché il residuo avrà un valore molto più consistente di quanto si è immaginato - riusciremo probabilmente a chiudere in parità.
L'obiettivo - di cui ho sempre sentito parlare presso il consiglio di amministrazione, in particolare indicato dal professor Capaldo - è quello di raggiungere la parità o, comunque, di recuperare una giusta remunerazione per il rischio di impresa (francamente non ero soddisfatto di questo obiettivo, ma i soci lo erano) - considerando che nel costo dell'operazione sono inclusi gli 81 miliardi, che costituiscono un ulteriore costo dei soci; considerando le imposte da pagare; se si avrà l’utile previsto evidentemente si chiuderà in pareggio. Grosso modo si potrà avere un utile di qualche miliardo in più o in meno, ma questa è la previsione; questo a patto che le società sequestrate ritornino evidentemente nell'alveo della S.G.R. e a patto che i tempi non siano più lunghi della previsione fatta all'anno 2000.
Per Palazzo Rospigliosi il valore di perizia del tribunale era di 200 miliardi con un valore di mercato di 40, 50 milioni al metro quadro. Considerando che una porzione del Palazzo Rospigliosi era già di proprietà della principessa Pallavicini; considerando i costi di manutenzione elevatissimi; un contratto di locazione - peraltro mi risulta fatto non molto tempo prima del commissariamento - che scadeva intorno all'anno 2003 possiamo immaginarci le possibilità di mercato. Si è cercata l'internazionalizzazione, ma investitori stranieri non ve ne sono stati. Vorrei solo estrapolare da questa nota - che comunque lascio alla Commissione - che tra gli imprenditori che avevano manifestato interesse vi erano per esempio Paolo Berlusconi, Mezzaroma, Stefanel, un ente di previdenza statunitense, il Ministero degli affari esteri, la Commissione Antitrust, ecc. ma nessuno ha mai fatto un'offerta.
PRESIDENTE. A seguito della domanda formulata dal deputato Aloi, posso formulare la mia considerazione su cui invito la Commissione a riflettere: nonostante dal 1993 ad oggi vi siano stati tutti questi guai (il crollo del mercato immobiliare, i sequestri, le azioni penali) si riuscirà a far chiudere in pareggio la società; immagino quindi cosa si sarebbe potuto fare altrimenti. Lascio quindi la valutazione alla Commissione.
DE CAROLIS. Farò delle brevi domande sugli aspetti evidenziati. L'indagine della Procura di Perugia evidenzia un fenomeno, invero non quantificabile, di dispersione di attivo per vendite a favore di terzi. Le chiedo, innanzitutto, se ha da dire qualcosa in proposito e se sono stati favoriti soci o dipendenti in occasione della vendita dei beni. In secondo luogo, quali sono i beni residui posseduti da S.G.R. - credo però che lo abbia già specificato in una nota - e quali sono le stime dei valori realizzabili ma, soprattutto, quali beni sono stati sequestrati e qual è il loro valore presunto. Vorrei sapere se il sequestro ha influenzato l'attività e la gestione della S.G.R; infine chi fu nominato custode giudiziale e quale compenso riceve tuttora; chi sono gli amministratori delle società sotto sequestro, chi li ha nominati e quali compensi ricevono; infine se potesse dirci dove costoro risiedono per verificare se qualcuno proviene dalla mia città. ROSSETTI. Quanto al fenomeno che la Procura di Perugia aveva identificato come fenomeno di vendita fatta a prezzi di favore a terzi soggetti, ho detto precedentemente che questo mi aveva destato preoccupazione ed avevo chiesto ai nostri legali di esaminare le carte e i documenti sui quali si fondavano queste affermazioni. Dalle carte ho avuto modo di verificare che sostanzialmente, al contrario di quanto ci si aspettava, il riferimento del pubblico ministero era di questo tipo. Credo che facesse riferimento da una parte a palazzo Rospigliosi. Le carte relative, invece, alla vendita di palazzo Rospigliosi e i documenti della contessa Pallavicini e del suo consulente legale, avvocato Ripa di Meana, affermano sostanzialmente il contrario, vale a dire che vi è stato un tentativo di rilancio per cercare di realizzare al meglio l’immobile; quindi, a mio avviso, non si tratta di una vendita a prezzo di favore.
Il secondo riferimento viene fatto in relazione alla mancata vendita alle Ferrovie dello Stato del Palazzo Curtatone, sede della Federconsorzi. Non mi spiego da uomo d’azienda come una mancata vendita possa costituire fenomeno di dispersione dell’attivo, ma posso dire che S.G.R. non c’entra nulla in questa vicenda perché si tratta di un episodio che risale al periodo del concordato. Dalla lettura delle carte mi sembra si faccia riferimento ad una deposizione del dottor Cigliana il quale afferma di aver avuto sostanzialmente un pour parler con alti dirigenti delle Ferrovie dello Stato che avevano offerto 150 miliardi. Egli, sperando di ottenerne 180, aveva chiesto al tribunale l’autorizzazione ad avviare una trattativa, questo aveva acconsentito, invitandolo a raccogliere delle offerte per poi eventualmente indire la gara; in realtà questa trattativa non si è mai avviata concretamente. Il terzo riferimento riguardava un’indagine avviata dalla procura di Avezzano a seguito di alcune confidenze ricevute da un ispettore di polizia concernenti la vendita ad un prezzo di gran lunga inferiore al valore di mercato di due immobili. La Procura ha avviato un’indagine a seguito della quale si è potuto verificare che tutto si era svolto in maniera regolare e che gli immobili erano stati aggiudicati agli acquirenti dopo due gare d’asta al prezzo migliore. Sono rimasto, quindi, un po’ sconcertato da questo punto di vista. Devo dire in tutta onestà che ero e sono segretario del consiglio di amministrazione e in tutto questo periodo non è mai stata fatta alcuna pressione o richiesta da parte di alcun socio o consigliere per effettuare vendite di favore. Anzi, molto spesso la struttura ha sollecitato i soci affinchè si facessero promotori delle vendite senza purtroppo ricevere un sostegno o una collaborazione attraverso le banche, anche perché, ovviamente, diventava difficile la gestione della vendita degli immobili dislocati in tutto il territorio italiano. Non ci sono dipendenti che hanno usufruito di particolari benefici ad esclusione di quelli che casualmente erano locatari di alcuni immobili di proprietà della S.G.R che sono stati venduti rispettando gli stessi diritti di prelazione che erano stati concessi da S.G.R. ai locatari medesimi. Peraltro si tratta di immobili di modesto valore. Da questo punto di vista, spero di aver fornito una risposta esauriente al senatore De Carolis. Per quanto concerne il custode giudiziario, si trattava dell’avvocato Lettera, commissario governativo ed anche liquidatore di Federconsorzi, personaggio con il quale si era creata quella sorta di diatriba che nel 1995 determinò le indagini delle procure di Roma e di Perugia. Il suo compenso in qualità di custode giudiziario venne fissato con un’ordinanza del 1997 dal Gip in lire 240 milioni annue. Quanto agli altri amministratori delle società, essi sono stati nominati dal custode giudiziario, avvocato Lettera, estromettendo gli amministratori e i sindaci precedenti. A tal proposito vi sono ancora dei giudizi pendenti essendo stata ritenuta questa delibera del custode giudiziario dagli amministratori e dai sindaci di nomina S.G.R. illegittima o, comunque, ingiustificata. Gli amministratori che sono stati nominati e che io ricordo sono il dottor Gentili (uno stimato commercialista di Ancona), il dottor Boria (anch’esso commercialista che opera nello stesso studio del dottor Mancinelli, consulente tecnico del custode giudiziario) e l’ingegner Montani, di Roma, che è l’amministratore delegato. Il compenso annuo per tutti e tre è di circa 730 milioni: direi che la maggior parte spetta all’amministratore delegato. Si tratta di un costo aggiuntivo per S.G.R. dal momento che precedentemente l’amministratore unico non percepiva alcun compenso.Tra l’altro, sono state assunte in questa società anche altre persone con ulteriori costi, mentre purtroppo, dall’altra parte, io devo affrontare il problema di gestire personale che non riesco ad occupare a tempo pieno (è questa una delle questioni di cui si deve far carico la società) quando, invece, avrebbe potuto essere impiegato nell’unitarietà di gestione dell’attività immobiliare. D’ALI’. Lei sarà certamente in grado di fornirci l’elenco dettagliato di tutte le vendite effettuate, con le relative valutazioni. Immagino che per ogni vendita sia stata fatta una precedente valutazione, se non affidata all’esterno quanto meno agli organi della S.G.R.. Immagino anche che queste valutazioni siano state raffrontate con quelle fatte a suo tempo dalla Fedit. Quindi, dalle carte sicuramente potremo ricavare anche eventuali clamorose differenze di valutazione, a meno che lei non ne ricordi qualcuna in particolare.
PRESIDENTE. In apertura di seduta mi è sfuggito, ma vorrei comunicare ai Commissari che proprio in data odierna mi è pervenuta una lettera da parte del dottor Rossetti per mezzo della quale vengo informato dell’invio della documentazione (a completamento della mia richiesta del 1° luglio u.s.) e più specificatamente: dell’elenco completo degli immobili ceduti corredato dall’indicazione degli acquirenti, delle modalità della pubblicità di vendita e di pagamento; dell’elenco completo degli immobili eventualmente locati corredato dall’indicazione dei nomi dei locatari, con specificazione delle eventuali locazioni in corso all’atto di acquisto da parte della S.G.R..
D’ALI’. Ma la mia domanda riguarda una valutazione che deve essere poi raffrontata con l’effettivo realizzo. Immagino anche che queste valutazioni possano aver subito delle oscillazioni a seconda dei tempi di realizzo. Certamente questo vale per le società di partecipazione, alcune delle quali naturalmente hanno consentito un realizzo migliore rispetto alla valutazione originaria, e ciò vale sicuramente per quelle quotate.
Quindi, credo che sia importante poter disporre di questo materiale, nonché di quello attinente al processo di formazione della valutazione. Infatti, anche se il prezzo di acquisizione dell'intero patrimonio ceduto a S.G.R. era un prezzo unico, ormai abbiamo capito quali sono state le motivazioni - se condivisibili o meno lo vedremo in seguito - che hanno portato alla sua determinazione. Per quanto riguarda le società immobiliari, vorrei sapere se la S.G.R. ha effettuato una valutazione dei singoli contenuti di ciascuna società o soltanto una valutazione dei pacchetti considerati nel loro complesso. Il senatore Antonino Caruso poco fa ha citato un episodio - e forse se ne potrebbero citare molti altri - in relazione a patrimoni appartenenti a società possedute dalla Fedit e poi cedute alla S.G.R. il cui valore, almeno per le informazioni di cui disponiamo, è sicuramente lievitato successivamente alla vendita. In proposito posso fare l'esempio di una società immobiliare, la SIAPA Spa, ubicata nella zona da cui provengo, che ha ceduto dei terreni valorizzati successivamente alla cessione. Spero quindi che la documentazione necessaria a capire come siano state effettuate tali cessioni e in favore di chi, sia disponibile. Infatti, dal momento che la nostra non è un'indagine giudiziaria, ma politica dobbiamo disporre anche di questo elemento di valutazione. Tra l'altro, trattandosi di un patrimonio che è stato sicuramente decurtato dei suoi valori "di libro originali", questi fatti possono avere una certa importanza. Tutto ciò riconduce alla domanda principale sulla quale mi piacerebbe sentire le valutazioni di un protagonista della vicenda: il realizzo finale della società S.G.R. porterà un vantaggio ai soci che hanno partecipato all'operazione? In sostanza, pur conoscendo tutti i rischi dell'operazione, vorrei sapere, dal momento che la liquidazione è stata effettuata per circa il 90 per cento delle attività, se è possibile esprimere un dato previsionale e verificare se esso è in linea con la valutazione fatta inizialmente. Credo che sia proprio questo il nocciolo della questione. Per ulteriore chiarezza ripeto la domanda. Posto che, con riferimento alle società immobiliari, ci sono state delle cessioni "di secondo giro", vorrei sapere se la S.G.R. ne era a conoscenza o se invece abbia valutato solamente interi pacchetti senza entrare nel merito dei singoli cespiti delle società. ROSSETTI. La valutazione degli immobili è stata effettuata sostanzialmente dalla struttura. In qualche caso, non solo in quello di Palazzo Rospigliosi, sono state fatte delle perizie esterne. Comunque, fin dall'inizio la scelta del Consiglio di amministrazione fu di non affidare ulteriori valutazioni a periti terzi. Ciò non soltanto perché c'era già una valutazione del tribunale, ma soprattutto perché avrebbe comportato nuovi costi e un'ulteriore allungamento dei tempi, anche in considerazione del fatto che i cespiti erano distribuiti su tutto il territorio.
D'ALI'. Si acquisirono valutazioni Fedit?
ROSSETTI. In riferimento alla valutazione del tribunale si acquisirono soprattutto quelle effettuate dalla struttura della Fedit. Non dimentichiamo che si trattava della stessa struttura immobiliare che si era trasferita nella S.G.R,; quindi era una valutazione fatta da persone che in molti casi conoscevano già la consistenza di questi immobili. D'altro canto questa valutazione, se analizzata nel dettaglio, non era molto diversa. Infatti, la valutazione dei periti del tribunale differiva sostanzialmente solo per alcuni beni di maggior pregio, come palazzo Rospigliosi, palazzo Della Valle, palazzo di via Yser e palazzo di via Curtatone. Per il resto non solo le valutazioni di congruità fatte dai nostri tecnici corrispondevano alle valutazioni che ci portavamo dietro, ma rispettavano anche quelle dei periti del tribunale, salvo che per i 4-5 palazzi di maggio pregio. Il fatto è che il mercato ha determinato valutazioni diverse, anche sulla base degli interessi emersi a livello locale. A Milazzo un magazzino che era stato valutato 400 milioni è stato poi venduto a 1 miliardo e mezzo e il caso contrario si è verificato a Mungivacca, dove un edificio valutato 5 miliardi e 800 milioni di lire è stato venduto a 3 miliardi e 800 milioni. Questi dati sono tutti rappresentati. La valutazione serviva perché al momento della gara bisognava porre un prezzo base, il cui importo era un mix tra le offerte ricevute, quindi il valore di mercato, e la congruità del valore sostenuta dai nostri tecnici. Se tali valutazioni erano troppo basse rispetto al valore di congruità stabilito all'interno, le gare venivano rinviate e si cercava di proporzionare meglio il valore dell'immobile. E' stato il mercato che, di fatto, ha dato una risposta; un mercato che per alcuni versi aveva indubbiamente un suo modo di essere e di evolversi.
Per quanto riguarda i soggetti acquirenti devo dire che erano i più disparati. La S.G.R. per scelta statutaria non poteva fare e non può fare opere di valorizzazione, ossia non può procedere ad interventi o investimenti di valorizzazione avendo come unico scopo quello di liquidare il patrimonio acquisito.
BUCCIERO. Cosa che invece sapeva fare molto bene il professor Capaldo.
ROSSETTI. Però gli è stato impedito. Anche oggi del resto - ma questa è una mia opinione - se si potessero realizzare degli investimenti, su alcuni immobili si potrebbe certamente ottenere qualcosa. Il problema è che occorre venderli perché la finalità era e resta esclusivamente liquidatoria. Non vi è alcun dubbio che nelle gare alcuni operatori, soprattutto intermediari, abbiano acquistato blocchi di immobili per poi rivenderli, come non vi è dubbio che abbiano compiuto anche opere di valorizzazione. È un fatto assolutamente normale che la S.G.R. ha dato per scontato. Anche lo stesso progetto di urbanizzazione, come tutti sanno, costa centinaia e centinaia di milioni, se non qualche miliardo.
Per quanto riguarda le domande relative al risultato finale dell'operazione e al vantaggio che ne deriverebbe ai soci, posso dire soltanto che l'unico vantaggio che i soci avrebbero potuto trarre, se la vicenda non si fosse evoluta in questo modo, sarebbe stato quello di realizzare insieme agli altri creditori che non avevano aderito alla S.G.R. e in tempi ragionevolmente brevi, un parziale recupero dei loro crediti.
D'ALI'. Forse non sono stato molto chiaro. Lei ha parlato di circa 300 miliardi di spese a cui è andata incontro la società e ha esposto realizzi, fino ad ora, pari a 2000 miliardi. Io le ho chiesto se, nella sua idea - e come direttore della società non può non averne una -, in caso di liquidazione finale ci sarebbe oppure no un riparto a favore dei soci.
ROSSETTI. Ho fatto una previsione che sottopongo alla vostra attenzione, ma solo come tale; una previsione che, peraltro, non è mai stata formalizzata né discussa approfonditamente in sede di consiglio. Considerando che il patrimonio residuo è di circa 500-530 miliardi di lire, la previsione finale è di realizzare 2.590 miliardi. Se si tiene conto che i costi a terminare sono pari a 90 miliardi circa, qualora si realizzi il tutto entro l'anno 2000, se si aggiunge tale cifra ai 260 miliardi che sono stati già spesi si arriva ad un totale di 350 miliardi. Ci sarebbe quindi una differenza positiva di 150 miliardi, dalla quale però bisogna detrarre le imposte e - lo ricordo sempre - gli 81 miliardi che i soci non hanno realizzato, a cui hanno rinunciato. Quindi, ai soci in pratica non dovrebbe andare nulla, perché sostanzialmente la situazione sarà di pareggio. Questo è il dato finale che io immagino verosimile.
BUCCIERO. Porrò alcune domande telegrafiche, con una premessa quanto alla prima. Io sconto purtroppo il fatto di essere componente di questa Commissione da brevissimo tempo, per cui ho dato una scorsa agli atti e ho ascoltato gli interventi che sono stati svolti, ma potrei essere impreciso.
La prima domanda che intendo rivolgere è sul famoso progetto S.G.R., che mi sembra abbia avuto parecchi padri, anche se, se non sbaglio, alla fine il professor Capaldo affermò di essere l'unico padre. Lei, dottor Rossetti, per caso fu autore di un progetto simile a quello che poi è stato realizzato da S.G.R.? Attraverso quale società avrebbe realizzato tale progetto (ovviamente se la risposta alla prima domanda è affermativa) e tramite quali persone?
Passo ora alla seconda domanda. Lei si è riferito ad un conto affidato a Carimonte. Questo conto, che se non ricordo male era notevole come affidamento, era sorretto da qualche garanzia reale oppure da fideiussione, e in tal caso da parte di chi?
Infine, lei ha parlato della pubblicità (perché le sono state poste domande specifiche a tale riguardo) per la vendita di Palazzo Rospignosi. Le chiedo quale tipo di pubblicità è stata fatta per la vendita dell'azienda "Il Pino".
ROSSETTI. Quanto alla prima domanda, non ho mai ideato alcun progetto simile, non sono mai stato coinvolto in un progetto di acquisizione e liquidazione del patrimonio della società. Semmai, si è parlato di mettere in piedi un'attività per l'agricoltura, proprio per la mia esperienza. Quando arrivò il commissario Piovano, si immaginò una società relativa all'agrisviluppo ma, a parte questo, non ho mai partecipato - né, forse, ne avrei avuto la capacità - a progetti simili a quelli di S.G.R..
Per quanto riguarda il conto presso la Carimonte, esso - né più né meno di quanto avviene per qualsiasi società - non era sorretto da alcuna garanzia, se non quella del patrimonio che S.G.R. aveva acquistato da Federconsorzi. Non c'era stata, quindi, una richiesta di garanzia fideiussoria o di ipoteca da parte della banca. Si trattava di una linea di credito che era stata aperta; potrò essere più preciso, se interessa, ma credo che arrivasse fino a 10-15 miliardi, e poi il credito si bloccava. L'evoluzione del cash flow di S.G.R. nasce con una punta che era rappresentata dai 670 miliardi al momento del pagamento, ma poi dipende sempre di più dai risultati di realizzo, quindi era in quel momento che serviva una risorsa finanziaria di valore più elevato, non successivamente.
Per quanto riguarda l'azienda "Il Pino" (anche a tale riguardo, come per la vendita di Palazzo Rospignosi, lascerò documentazione alla Commissione), la pubblicizzazione, con le offerte, e così via, ha avuto un preciso iter, con il risultato, poi, della vendita alla Coldiretti.
PRESIDENTE. A nome della Commissione ringrazio il dottor Rossetti per la disponibilità dimostrata nel rispondere alle molte domande che sono state formulate.
Dichiaro conclusa l'audizione odierna e avverto che la Commissione tornerà a riunirsi giovedì 15 luglio, alle ore 14, per procedere all'audizione del dottor Silvio Pellizzoni.
I lavori terminano alle ore 16,30.