Codice e società/Capitolo 5/3

5.3 Gli stati e il codice

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Capitolo 5 - 2 Conclusioni

La nostra prospettiva, per molti versi alternativa a quella post-industriale, dialogica piuttosto che diacronica, ci consente di argomentare il tema del codice libero con l'idea di Beck secondo cui la sociologia oggi necessita di superare il nazionalismo metodologico, tanto di Weber quanto di Durkheim, anche se con approcci diversi: fenomenologico l'uno e strutturalista l'altro. La società che noi oggi osserviamo non è data dai confini nazionali che la contiene; essa è sempre meno il risultato, voluto o emergente, della funzione organizzatrice dei governi. L'idea di separazione e differenziazione del sistema in dicotomie, come quella di Latour (1987) che vede il momento caotico della scienza in costruzione e il momento “ordinato” della scienza pronta all'uso, risulta critico nel campo di indagine che abbiamo scelto.

Abbiamo dovuto ricorrere a un'idea di separazione spaziale quando anche il concetto di spazio è critico, perché si tratta di uno spazio tanto reale, per gli effetti che produce, quanto virtuale. Lo spazio diventa così quello del mainframe spaccato in tanti minicomputer che non eseguono più Multix, ma Unix. Una volta ricollegati questi minicomputer attraverso la rete “globale” definiscono un nuovo spazio trasversale che non coincide più con il territorio.

Il nostro campo di indagine necessita, forse più di altri, di superare il nazionalismo metodologico. In questa prospettiva tuttavia non bisogna perdere di vista soggetti che ancora entrano a pieno titolo nella società. Il passaggio da una società contenuta in una nazione, a una società transnazionale non elimina gli stati. Ancora una volta ci troviamo di fronte ad un'idea dialogica più che diacronica. Come abbiamo già visto, secondo il sentire di molti, Microsoft raccoglie tasse sull'hardware, autorizza o meno sistemi operativi prodotti da altri, e cerca di definire gli standard. Dall'altro lato le organizzazioni transnazionali del Software Libero e dell'Open Source stabiliscono, a loro volta, degli standard e delle regole, riconoscono validi alcuni contratti d'uso piuttosto che altri. Facebook, che nasce dalla tecnologia Open Source, diventa a sua volta un'autorità in fatto di gestione delle identità nello spazio virtuale.

In questa prospettiva abbiamo parlato di istituzionalizzazione del codice libero consapevoli che ci stiamo muovendo in un ambito dove la competizione sull'acquisizione di funzioni governative da parte di soggetti transnazionali, siano essi organizzazioni non governative, o multinazionali che operano nel mercato formale, è sempre più forte. Pertanto l'idea dell'esistenza di un'informatica pre-competitiva (Weber 2004) quand'anche rivelatrice, e quand'anche rappresenti, da un nostro punto di vista, un avanzamento rispetto alla ricerca sociale sul paradigma open, non è sufficiente a definire questa esperienza. Dobbiamo aggiungere inoltre che il codice libero è un’esperienza anche pre-istituzionale.

Gli stati si trovano in competizione (sul piano dell'organizzare la società) con questi organismi transnazionali, e a loro volta ne subiscono il lock-in (Cfr. Cap II, paragrafo 1), come lo stesso commissario per l'agenda digitale Neelie Kroes dichiara apertamente. In qualche modo si prospetta l'idea che l'informatica pronta all'uso si stia appropriando di funzioni governative attraverso il codice confezionato nei suoi apparati opachi e inaccessibili, oltre che dagli utenti, anche dagli stessi committenti governativi.

Gli stati reagiscono con le multe, con l'antitrust: si veda a questo proposito la multa comminata a Microsoft dalla Comunità Europea nel 2004, a seguito della denuncia da parte Novell, avvenuta nel 1993, e tutti i procedimenti dell'antitrust USA contro Microsoft a partire dagli anni '90 fino ai nostri giorni.

Non ci troviamo quindi di fronte a un completo superamento della società nazionale, le infrastrutture globali che mettono in comunicazione gli spazi degli stati non eliminano le nazioni. Appartenere a un luogo piuttosto che a un altro può ancora determinare o meno la marginalità tecno-scientifica anche sul piano informatico; anzi, per molti aspetti è intuitivo aspettarsi che l'informatica aumenti ancor di più il “technical divide” con i paesi più poveri.

Il problema è quello delle risorse che bisogna mobilitare al fine di far accettare una teoria (Latour 1987). Nemmeno il software Libero e l'Open Source sono estranei e queste dinamiche. La stessa storia dell'open source, raccontata da molti, fonda le sue radici su grossi investimenti e attori potenti collocati nella nazione industriale e militare più potente, agli inizi degli anni '50, ossia gli USA.

Nella storia di Charles Lyell (Latour, 1987) i problemi da affrontare per far accettare una teoria generale sulla terra si scontrano con il monopolio della conoscenza in questo specifico settore da parte della teologia. Ci sono molte cose di cui tenere conto, vista l'improbabile alleanza a-priori con la natura: la possibilità di poter fare un lavoro che abbia una qualche attinenza con la geologia, la mancanza di fondi e di laboratori, il rischio di essere duramente contestati dagli esperti della storia razionale della terra1 e, non da ultimo, il rischio di restare isolati. Questo è ciò che invece avviene per un ricercatore brasiliano (Latour, 1987), esperto di chip, Joao Dellacruz, che non trova in Brasile una comunità scientifica e dei laboratori sufficientemente sviluppati2.

Joao fallisce proprio per causa dell'isolamento. Il governo brasiliano ha mostrato un qualche interessamento nello sviluppo di un'industria informatica brasiliana, ma ciò non è sufficiente a risolvere l'isolamento dei ricercatori da un contesto scientifico sufficientemente vasto.

Nel 2003 il governo Lula, avvalendosi della consulenza di Sérgio Amadeu3, mette in atto una serie di politiche per introdurre l'open source nella pubblica amministrazione, e di conseguenza contenere la spesa in questo settore e la dipendenza dalle software house multinazionali. Queste azioni di governo riguardano anche ciò che viene chiamato il “reverse engineering” di software proprietario in dotazione dalla pubblica amministrazione.

Il racconto di Latour su Joao, e queste reiterate azioni del governo brasiliano che vanno dalle licenze sui farmaci a quelle sui software, sono indicatori di una situazione critica, quella che per Amadeu è un gap tecno-scientifico connesso al gap economico tra paesi ricchi e paesi poveri. Il tema dell'isolamento di Joao descritto da Latour è la conseguenza dell'isolamento economico secondo Amadeu. Questo aspetto rinforza ancor più la tesi secondo cui la scienza non si diffonde liberamente (Latour, 1987), ma può diventare invece fattore di esclusione (Amadeu, 2001).

È una conseguenza inevitabile, nel momento in cui il successo di una teoria dipende dalle risorse e dalla possibilità di poter disporre di strutture e laboratori (Latour, 1987), ed è plausibile pensare che tali infrastrutture abbiano anche un effetto di legittimazione a livello internazionale. Può essere plausibile pensare che essere ricercatore in un laboratorio ben attrezzato di un paese ricco conferisca maggiore autorevolezza. Anche se Latour non lo menziona, di fatto quest’altro aspetto mina ancor di più un'idea di scienza universale. Così come non vi è ragione di credere che gli scienziati sono pochi perché sono i più intelligenti: più realisticamente la scienza mobilita molte più risorse intellettive ed intellettuali di quanto lo spazio pubblico renda merito (Latour, 1987)4. Allo stesso modo non vi è ragione di credere che queste poche persone illuminate e maggiormente dotate si concentrino nei paesi dove le economie sono più forti.

Note

  1. Disciplina pratica come ambito marginale nel settore teologico nell'Inghilterra di inizio '800.
  2. Episodio raccontato da Latour ne “la scienza in azione”.
  3. Ex professore di economia che ha sviluppato teorie radicalmente a favore dell’open source partendo dal presupposto che lo sviluppo dell’informatica potrà solo produrre un ulteriore gap tra paesi ricchi e paesi poveri. Un libro dello stesso Amadeu.
  4. Qui ci riferisce al concetto di piramide rovesciata secondo cui non possibile che poche persone riescano da sole ad affermare ed a tenere viva una teoria.