Codice di Napoleone il grande/Libro III/Titolo V
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TITOLO V.
DEL CONTRATTO DI MATRIMONIO, E DEI DIRITTI RESPETTIVI DEGLI SPOSI.
CAPO I.
Disposizioni generali.
1387. La legge non regola la società conjugale relativamente ai beni, se non in mancanza di speciali convenzioni, le quali gli sposi possono fare, come giudicano più conveniente; purchè non siano contrarie ai buoni costumi, e siano inoltre osservate le seguenti modificazioni.
1388. Gli sposi non possono derogare nè ai diritti risultanti dall’autorità maritale sulle persone della moglie, e dei figlj, o a quelli che appartengono al marito come capo della famiglia, nè ai diritti che vengono attribuiti al conjuge superstite dal titolo della patria Potestà, e da quello della Minor età, della Tutela e dell’Emancipazione, nè alle disposizioni proibitive contenute nel presente Codice.
Argum. ex l. 28 et 38, ff. de pactis; l. 5, §. 7, ff. de administratione et periculo tutorum, l. 5 et 6, ff. de pactis dotalibus.
1389. Non possono fare alcuna convenzione o rinuncia il cui oggetto fosse tendente ad immutare l’ordine legale delle successioni, tanto riguardo ad essi medesimi nella successione de’ loro figlj o discendenti, quanto rapporto ai loro figlj fra essi; salve però le donazioni fra i vivi o per testamento, le quali potranno aver luogo secondo le forme e ne’ casi determinati nel presente Codice.
1390. Non è più permesso ai conjugi di stipulare in un modo generico che la loro associazione verrà regolata da una delle consuetudini, leggi o statuti locali che per lo addietro fossero state in vigore nelle diverse parti del territorio del Regno, e che dal presente Codice sono abrogate.
1391. Possono però dichiarare in modo generico che è loro intenzione di maritarsi, o colle leggi della comunione, o colle leggi dotali.
Nel primo caso, i diritti degli sposi e dei loro eredi saranno regolati dalle disposizioni del capo secondo di questo titolo.
Nel secondo caso i loro diritti saranno regolati dalle disposizioni del capo terzo.
1392. La semplice stipulazione, con cui la moglie si costituisce o le vengono costituiti dei beni in dote, non basta perché siano questi beni sottomessi al regime dotale, se nel contratto di matrimonio non siasi fatta sopra di ciò un’espressa dichiarazione.
Parimenti non risulta che gli sposi sieno sottomessi al regime dotale colla semplice dichiarazione da essi fatta di maritarsi senza comunione, ossia di rimanere separati di beni.
1393. In mancanza di stipulazioni speciali che deroghino al regime della comunione, o che lo modifichino, le regole stabilite nella prima parte del capo secondo formeranno il diritto comune nel Regno.
1394. Le convenzioni matrimoniali saranno stese, prima del matrimonio, in un atto avanti notaro.
1395. Esse non possono cangiarsi in verun modo dopo la celebrazione del matrimonio.
Contr. l. 72, §. 2, ff. de jure dotium. 1396. I cangiamenti fatti prima della celebrazione del matrimonio, devono essere comprovati da un atto del notaro steso nella medesima forma del contratto di matrimonio.
Inoltre, nessun cangiamento o contro dichiarazione in iscritto è valida, quando sia fatta senza la presenza, ed il simultaneo consenso di tutte le persone, che sono state parti nel contratto di matrimonio.
1397. Ogni cangiamento e contro dichiarazione in iscritto, quantunque rivestita delle forme prescritte nel precedente articolo, sarà senza effetto riguardo ai terzi, se non sarà stata estesa appiè della minuta del contratto di matrimonio; ed il notaro non potrà sotto pena dei danni ed interessi verso le parti, ed ove occorra, sotto pene più gravi, rilasciare nè le copie autentiche di prima edizione, nè le ulteriori del contratto di matrimonio, senza riportare in fine di esse il cangiamento o la contro-dichiarazione.
1398. Il minore capace a contrarre matrimonio è pure capace di prestare il consenso per tutte le convenzioni delle quali è suscettibile questo contratto, e le convenzioni e donazioni che con esso avesse fatte, sono valide, purchè nel contratto sia stato assistito dalle persone, il cui consenso è necessario per la validità del matrimonio.
Argum. ex l. 8, ff. de pactis dotalibus; l. 73, l. 61; §. 1, ff. de jure dotium.
CAPO II.
Del Regime della Comunione.
1399. La comunione, tanto legale, che convenzionale, incomincia dal giorno del matrimonio contratto avanti l’ufficiale dello stato civile. Non si può stipulare che essa incomincerà in un’altra epoca.
Argum. ex l. 16, §. 3, ff. de aliment. vel cibar. legat. l. 32, §. 24, ff. de donat. int. vir.
PARTE I.
Della Comunione legale.
1400. La comunione che si stabilisce colla semplice dichiarazione di maritarsi sotto il regime della comunione, o che deriva dalla mancanza d’ogni contratto, soggiace alle regole spiegate nelle sei seguenti sezioni.
Sezione I.
Di ciò, che forma la comunione tanto attivamente che passivamente.
§. I.
Delle attività della Comunione.
1401. Lo stato attivo della comunione è composto,
1.° Di tutti gli effetti mobiliari, che i conjugi possedevano nel giorno della celebrazione del matrimonio, come pure di quelli che loro pervengono durante il matrimonio a titolo di successione od anche di donazione, quando il donante non abbia dichiarato il contrario.
2.° Di tutti i frutti, rendite, interessi ed annualità, qualunque sia la loro natura, scadute o percette durante il matrimonio, e provenienti da’ beni, che appartenevano ai conjugi al tempo del loro matrimonio, o di quelli che sono loro devoluti durante lo stesso per qualsivoglia titolo;
3.° Di tutti gl’immobili acquistati durante il matrimonio.
1402. Qualunque immobile si ritiene come acquistato in comunione, se non è provato che uno de’ conjugi ne aveva prima del matrimonio la proprietà od il legale possesso, ovvero che gli è pervenuto dappoi per titolo di successione o di donazione.
L. 51, ff. de donationibus inter virum et uxorem.
1403. I taglj de’ boschi ed i prodotti delle cave e delle miniere cadono nella comunione per tutto ciò che è considerato come usufrutto, secondo le regole spiegate al titolo dell’Usufrutto, dell’Uso e dell’Abitazione.
Se durante la comunione, non sono stati fatti i tagliamenti de’ boschi che potevano essere fatti a norma delle suddette regole, ne sarà dovuta la compensazione al conjuge non proprietario del fondo od a’ suoi eredi.
Se le cave e le miniere sono state aperte durante il matrimonio, i prodotti non cadono nella comunione, salvo che colla compensazione od indennizzazione a favore di quello fra i conjugi cui potrà essere dovuta.
L. 9, §. 7, ff. de usufructu et quemadmodum; l. 30, ff. de verborum significatione, l. 9, §. 2, et 3, ff. de usufructu ed quemadmodum, l. 7, §. 10, l. 8, ff. soluto matrimonio; l. 18, ff. de fundo dotali.
1404. Non cadono in comunione gl’immobili posseduti dai conjugi avanti la celebrazione del matrimonio, o che loro pervengono durante il matrimonio a titolo di successione.
Non ostante, se dopo d’aver stipulato il contratto del matrimonio, col patto della comunione, e prima della sua celebrazione, uno degli sposi avrà in questo intervallo acquistato un immobile, esso cadrà nella sua comunione, purchè l’acquisto non sia stato fatto in esecuzione di qualche clausola matrimoniale; nel qual caso esso sarà regolato a termini della convenzione.
L. 9; l. 73, ff. pro socio, l. 45, §. 2, ff. de adquirenda vel omittenda haereditate.
1405. Le donazioni d’immobili che durante il matrimonio sono state fatte ad uno soltanto dei conjugi, non cadono nella comunione, ed appartengono al solo donatario, purchè la donazione non contenga espressamente che la cosa donata deve spettare alla comunione.
1406. L’immobile rilasciato o ceduto dal padre, madre od altro ascendente ad uno dei conjugi per soddisfarlo di quanto gli deve, o col peso di pagare ad estranei i debiti del donante, non cade nella comunione, salvo il diritto di compensazione od indennità.
1407. L’immobile acquistato durante il matrimonio, a titolo di permuta con un immobile spettante all’altro dei conjugi, non cade nella comunione, ed è surrogato nel luogo di quello alienato; salvo il compenso in caso d’eccedenza.
Leg. 26 et 27, ff. de jure dotium.
1408. L’acquisto fatto durante il matrimonio, col mezzo di licitazione, od altrimenti, della porzione di un immobile di cui uno dei conjugi era proprietario per indiviso, non si considera come un acquisto fatto alla comunione, purchè questa venga indennizzata della somma che avrà somministrato per tale oggetto.
Nel caso in cui il marito venisse egli solo ed in nome proprio, ad essere l’acquirente od aggiudicatario di tutto, o parte d’un immobile spettante per indiviso alla moglie, questa all’epoca della dissoluzione della comunione, ha la scelta o di rilasciare l’effetto alla comunione, la quale in tal caso resta debitrice verso la moglie della parte che ad essa appartiene del prezzo, o di prendere l’immobile, rimborsando alla comunione il prezzo dell’acquisto.
Leg. 78, §. 4, ff. de jure dotium.
§. II.
Delle passività della comunione, e delle azioni che ne risultano contro di essa.
1409. La comunione si compone passivamente:
1.° Di tutti i debiti mobiliari da cui gli sposi si trovavano gravati prima della celebrazione del loro matrimonio, o da cui si trovassero gravate l’eredità ad essi pervenute durante il matrimonio; salva la compensazione per quelli relativi agl’immobili proprj dell’uno o dell’altro dei conjugi.
2.° Dei debiti, tanto in capitali quanto in annualità od interessi, contratti dal marito durante la comunione, o dalla moglie con il consenso del marito; salva la compensazione, ove abbia luogo.
3.° Delle annualità ed interessi soltanto delle rendite passive o dei debiti che sono particolari a ciascuno dei conjugi.
4.° Delle riparazioni ordinarie degl’immobili che non cadono in comunione.
5.° Degli alimenti dei conjugi, dell’educazione e mantenimento dei figlj, e di tutti gli altri pesi del matrimonio.
1410. La comunione non è tenuta per i debiti mobiliari contratti dalla moglie prima del matrimonio, se non quando risultino da un atto autentico anteriore al medesimo, o che prima della stessa epoca abbiano acquistato una data certa o col registro, o per la morte di una o più persone sottoscritte a tale atto.
Il creditore della moglie, in virtù d’un atto che non abbia una data certa anteriore al matrimonio, non può agire contro la medesima per il pagamento, che sulla nuda proprietà dei suoi immobili particolari.
Il marito che pretendesse d’aver pagato per sua moglie un debito di tal natura, non può domandarne il rimborso alla moglie, nè ai di lei eredi.
1411. I debiti dell’eredità puramente mobiliari pervenute ai conjugi durante il matrimonio, cadono interamente a peso della comunione.
1412. I debiti d’un’eredità puramente immobiliare pervenuta ad uno dei conjugi durante il matrimonio, non sono a carico della comunione; salva ai creditori la ragione di agire per il pagamento, sopra gl’immobili della predetta eredità.
Nonostante, se l’eredità è pervenuta al marito, i creditori verso la detta eredità possono pretendere il loro pagamento tanto sopra i beni proprj del marito, quanto sopra quelli della comunione; salvo, nel secondo caso, il rimborso dovuto alla moglie od ai suoi eredi.
1413. Se l’eredità puramente immobiliare sia pervenuta alla moglie, ed essa l’abbia accettata coll’assenso del marito, i creditori dell’eredità possono dimandare il loro pagamento sopra tutti i beni particolari della moglie: ma se l’eredità non è stata accettata dalla moglie, che mediante autorizzazione giudiziale per causa del rifiuto del marito, i creditori, nel caso che gl’immobili ereditarj non sieno sufficienti, non possono agire che sopra la nuda proprietà degli altri beni particolari della moglie.
1414. Quando l’eredità pervenuta ad uno degli sposi consista parte in effetti mobiliari e parte in immobiliari, i debiti da cui essa è gravata, non sono a carico della comunione che fino alla concorrenza di quella porzione degli effetti mobiliari, che deve erogarsi per l’estinzione dei debiti, in proporzione del valore dei predetti effetti mobiliari confrontato con quello degl’immobili.
Questa porzione erogabile si desume dall’inventario cui il marito deve far procedere in proprio nome, se l’eredità lo risguarda particolarmente, o come dirigente ed autorizzante le operazioni della moglie, quando si tratti di una eredità ad essa pervenuta.
1415. In mancanza d’inventario, ed in qualunque caso questa mancanza pregiudichi alla moglie, essa ed i suoi eredi possono, al tempo dello scioglimento della comunione, domandare di essere indennizzati a termini di ragione; come pure comprovare la preesistenza e valore degli effetti mobiliari non inventariati, tanto con documenti e scritture private, quanto con testimonj, ed occorrendo, per pubblica fama.
Il marito non è mai ammesso a far questa prova.
1416. Le disposizioni contenute nell’articolo 1414. non impediscono che i creditori d’un’eredità in parte mobiliare ed in parte immobiliare dimandino il loro pagamento sopra i beni della comunione, tanto nel caso che l’eredità sia devoluta al marito, come in quello che sia devoluta alla moglie, quando questa l’abbia accettata coll’assenso del marito; il tutto però senza pregiudizio delle rispettive compensazioni.
Lo stesso ha luogo se l’eredità fu accettata dalla moglie con l’autorizzazione giudiciale, e che ciò nonostante gli effetti mobili siano stati confusi con quelli della comunione senza che siavi preceduto l’inventario.
1417. Se l’eredità fu accettata dalla moglie con l’autorizzazione giudiciale atteso il rifiuto del marito, e se si è fatto l’inventario, i creditori non possono domandare il loro pagamento che sopra i beni tanto mobili che immobili di detta eredità, ed in caso d’insufficienza, sopra la nuda proprietà degli altri beni particolari della moglie.
1418. Le regole stabilite negli articoli 1411. e successivi devono osservarsi egualmente riguardo ai debiti dipendenti da una donazione, come per quelli risultanti da un’eredità.
1419. I creditori possono dimandare il pagamento dei debiti contratti dalla moglie col consenso del marito, tanto sopra tutti i beni della comunione, quanto sopra quelli del marito o della moglie; salvo il compenso dovuto alla comunione, o l’indennità dovuta al marito.
1420. Qualunque debito contratto dalla moglie come procuratrice generale o speciale del marito, è a carico della comunione; ed il creditore non può domandarne il pagamento contro la moglie e sopra i suoi beni particolari.
Argum. ex l. 20, ff. mandati.
Sezione II.
Dell’amministrazione della Comunione, e dell’effetto degli atti di uno dei conjugi relativamente alla società conjugale.
1421. Il solo marito amministra i beni della comunione.
Egli può vendere, alienare ed ipotecare senza l’intervento della moglie.
1422. Non può disporre per atto fra vivi a titolo gratuito degl’immobili della comunione, nè della totalità o di una quota della sostanza mobiliare, eccetto che per dare uno stabilimento ai figlj comuni.
Non ostante può disporre a titolo gratuito e particolare, degli effetti mobili a vantaggio di qualunque persona, purchè non se ne riservi l’usufrutto.
1423. La donazione fatta dal marito per atto d’ultima volontà non può eccedere la parte che gli spetta nella comunione.
Se in questa forma ha donato una cosa della comunione, il donatario non può pretenderla in natura, se non nel caso in cui per accidentalità della divisione, la cosa donata cada nella quota pervenuta agli eredi del marito: se l’effetto non cade nell’indicata quota, il legatario riceve l’equivalente dell’intiero valore dell’effetto donato sulla parte spettante agli eredi del marito nella comunione, e sopra i beni particolari di quest’ultimo.
1424. Le multe, in cui è incorso il marito a causa di delitto non producente la morte civile, possono esigersi sopra i beni della comunione, salva l’indennizzazione dovuta alla moglie: quelle in cui è incorsa la moglie non possono esigersi che sulla nuda proprietà dei suoi beni particolari, sinchè dura la comunione.
1425. Le condanne pronunciate contro uno dei conjugi a causa di un delitto producente la morte civile, non percuotono che la sua parte della comunione ed i suoi beni particolari.
Argum. ex l. 9, in pr., cod. de bonis proscriptorum; l. si fratres, §. ultim., ff. pro socio; leg. sancimus, cod. de pœnis.
1426. Gli atti che la moglie ha fatto senza il consenso del marito, anche coll’autorizzazione giudiciale, non obbligano i beni della comunione, fuorchè nel caso in cui essa contratti in qualità di esercente pubblica mercatura, e per oggetti di suo commercio.
1427. La moglie non può, senza l’autorizzazione giudiciale, obbligare nè se stessa, nè i beni della comunione, nemmeno per liberare il marito dalla prigione, o pel collocamento de’ figlj in caso di assenza del di lei marito.
Leg. 73, §. 1; l. 20, ff. de jure dotium — leg. 21, §. 1, ff. ad senatus-consultum Velleianum — l. 21, ff. soluto matrimonio.
1428. Il marito ha l’amministrazione di tutti i beni particolari della moglie.
Può esercitar solo tutte le azioni mobiliari e possessorie le quali appartengono alla moglie.
Non può alienare gl’immobili particolari della medesima senza il di lei consenso.
È risponsabile di qualunque deperimento de’ beni particolari della moglie occasionato da mancanza di atti conservatorj.
Leg. 3, cod. de rei vindicatione; l. 2, cod. de rebus alienis non alienandis; l. 58, §. soluto matrimonio; l. 6, §. 2, ff. de jure deliberandi.
1429. Le affittanze de’ beni della moglie che il marito da se solo ha pattuito per un tempo eccedente il novennio, non sono obbligatorie in caso di scioglimento della comunione nè rispetto alla moglie, nè a’ di lei eredi, fuori che per il tempo che rimane a decorrere tanto del primo periodo del novennio, s’esso non fosse scaduto, quanto del secondo, e così successivamente, di maniera che l’affittuario non abbia se non la ragione di godere del fondo locato soltanto sino al compimento del periodo del novennio che dura ancora.
Argum. ex l. 25, §. 4, ff. soluto matrimonio; et l. 3, §. 16, ff. de jure fisci.
1430. Le affittanze de’ beni della moglie per un novennio, o a minor tempo, che il solo marito ha pattuite, rinnovate per più di tre anni prima dello spirare della corrente locazione, se tali beni sono rustici, e più di due anni prima di detta epoca, se questi consistono in case, non hanno verun effetto, purchè la loro esecuzione non abbia incominciato prima che si sciogliesse la comunione.
1431. La moglie, che si obbliga solidariamente col marito per gli affari della comunione o del marito, non si ritiene obbligata a riguardo di questi, che in qualità di cauzione: essa deve essere indennizzata per l’obbligazione che ha contratta.
1432. Il marito che si fa mallevadore solidariamente od in altro modo della vendita fatta dalla moglie di un immobile a lei proprio, venendo molestato, ha similmente il regresso contro di essa, tanto sulla di lei parte nella comunione, quanto sopra i di lei beni particolari.
Argum. ex l. 10, §. 11, ff. mandati.
1433. Se fu venduto un’immobile appartenente ad uno de’ conjugi, ed egualmente se mediante sborso di denaro si è accordata la liberazione di servitù prediali dovute a fondi proprj di uno di essi, e che il prezzo sia stato versato nella comunione senza rinvestirlo, vi è luogo a dedurre un tal prezzo dalla comunione, a vantaggio del conjuge proprietario dell’immobile venduto, o delle servitù redente.
1434. Il rinvestimento si ritiene fatto per parte del marito ogni qual volta all’occasione d’un acquisto egli ha dichiarato ch’esso è stato fatto con danari provenienti dall’alienazione d’un immobile suo proprio, e che il detto acquisto tien luogo di rinvestimento.
1435. Non basta la dichiarazione del marito che l’acquisto sia stato fatto con denari provenienti da un immobile venduto dalla moglie per rinvestirli a suo vantaggio, se ciò non sia formalmente accettato dalla moglie: non avendo acconsentito, allorchè la comunione si scioglie, essa ha semplicemente un diritto al rimborso del prezzo dell’immobile venduto.
L. 12, cod. de jure dotium.
1436. La compensazione del prezzo dell’immobile appartenente al marito non ha effetto che sulla massa della comunione; quella del prezzo dell’immobile appartenente alla moglie ha effetto ancora sui beni proprj del marito, quando siano insufficienti quelli della comunione. In tutti i casi la compensazione non ha luogo che in relazione al prezzo della vendita, non ostante qualunque cosa potesse allegarsi intorno al valore dell’immobile alienato.
1437. Ogni qualvolta si prende dalla comunione una somma tanto per soddisfare debiti ed obblighi personali di uno dei conjugi, come sarebbe il prezzo o parte del prezzo d’un suo immobile o di servitù prediali redente, quanto per ricuperare, conservare o migliorare i suoi beni proprj, e generalmente ogni qualvolta uno dei conjugi ha ritratto un particolare vantaggio dai beni della comunione, egli è tenuto a compensarla. 1438. Se il padre e la madre hanno unitamente dotata una figlia comune senza denotar la porzione per cui intendevano di contribuire, si ritiene che ciascuno sia concorso a dotarla per una metà, tanto se la dote è somministrata o promessa su i beni della comunione, quanto se fu costituita in beni proprj di uno solo dei conjugi.
Nel secondo caso, il conjuge il cui immobile od effetto di sua privata ragione fu costituito in dote, ha sui beni dell’altro un’azione d’indennità per la metà di essa dote, avuto riguardo al valore dell’effetto assegnato al tempo della donazione.
1439. La dote costituita dal solo marito in effetti della comunione alla figlia comune, è a carico della stessa comunione; e qualora la comunione è accettata dalla moglie, questa deve concorrere nella metà della dote, purchè il marito non abbia dichiarato espressamente ch’ei se ne assumeva il peso per intiero o per una quantità maggiore della metà.
1440. All’assicurazione della dote è obbligato chiunque l’abbia costituita; e gl’interessi decorrono dal giorno del matrimonio, ancorchè sia concessa una dilazione al pagamento, quando non siavi stipulazione in contrario.
Leg. 41, in pr.; l. 84, ff. de jure dotium; l. 1, l. 31, §. 1, cod. eod. tit.; l. unic., §. 1, cod. de rei uxoriæ actione. — l. 17, in pr., et §. 1, ff. soluto matrimonio. V. l. 9, §. 1, ff. de condict. caus. dat.; l. 5, §. 5, ff. de dol. mal.; l. 79, §. 5, ff. de jure dot. V. l. 12, l. 35, cod. ad senatus-consult.
Sezione III.
Dello Scioglimento della Comunione, e di alcune conseguenze di esso.
1441. La comunione si scioglie, 1.° per la morte naturale; 2.° per la morte civile; 3.° pel divorzio; 4.° per la separazione personale; 5.° per la separazione dei beni. Leg. 59, l. 63, §. in hæredibus, ff. pro socio.
1442. La mancanza d’inventario dopo la morte naturale o civile d’uno dei conjugi, non dà luogo alla continuazione della comunione; salve le azioni delle parti interessate relativamente alla prova dell’esistenza dei beni ed effetti comuni, la quale prova potrà farsi tanto per documento quanto per pubblica fama.
Se vi sono figlj minori, la mancanza d’inventario fa inoltre perdere al conjuge superstite il godimento delle loro rendite; ed il surrogato tutore che non lo ha costretto a far l’inventario, è solidariamente tenuto con lui a tutte le condanne, che potessero pronunziarsi a favore dei minori.
1443. La separazione dei beni non può domandarsi, che in giudizio dalla moglie la quale si trovi in pericolo di perdere la dote, e quando il disordine degli affari del marito dà luogo a temere che i di lui beni non siano sufficienti per soddisfare i diritti e le azioni di ricupera della moglie. Ogni separazione stragiudiziale è nulla.
Argum. ex l. 24; l. 22, §. 8, ff. soluto matrimonio. — Novell. 97, cap. 6. — Leg. 29, l. 50, cod. de jure dotium.
1444. La separazione dei beni ancorchè pronunciata dal giudice è nulla, se non è stata eseguita colla reale soddisfazione dei diritti e ragioni di ricupera competenti alla moglie, fatta per atto autentico, fino alla concorrenza dei beni del marito, od almeno con istanze introdotte entro quindici giorni successivi alla sentenza, e continuate senza interruzione.
1445. Ogni separazione dei beni deve, prima della sua esecuzione, rendersi pubblica mediante un affisso ad una tabella a ciò destinata, nella sala principale del tribunale di prima istanza, ed inoltre, se il marito è mercante, banchiere, o commerciante, in quella del tribunale di commercio del luogo del suo domicilio, e ciò sotto pena di nullità della esecuzione.
La sentenza che pronunci la separazione dei beni ha effetto dal giorno della domanda.
1446. I creditori particolari della moglie non possono, senza il di lei consenso, dimandare la separazione dei beni.
Nondimeno, in caso di fallimento o di prossima decozione del marito, possono valersi delle ragioni della loro debitrice fino alla concorrenza dell’ammontare dei loro crediti.
1447. I creditori del marito possono reclamare contro la separazione dei beni pronunciata dal giudice, ed anche mandata ad esecuzione in frode dei loro diritti; possono ancora intervenire al giudizio per opporsi alla dimanda di separazione.
Tot. tit. ff. quæ in fraudem creditorum.
1448. La moglie che ha ottenuta la separazione dei beni deve contribuire in proporzione delle sue facoltà e di quelle del marito, alle spese domestiche ed a quelle d’educazione della prole comune.
Queste spese sono intieramente a di lei carico, se niente rimane al marito.
Leg. 29, cod. de jure dotium.
1449. La moglie separata, tanto di beni e di persona, quanto di beni solamente, ne riassume la libera amministrazione.
Essa può disporre dei suoi beni mobili, ed alienarli.
Non può alienare i suoi immobili senza l’assenso del marito, e se ricusi di prestarlo, senza l’autorizzazione giudiziale.
Leg. 29, cod. de jure dotium. — Monac. ad l. 21, cod. de procuratoribus.
1450. Il marito non è risponsabile per la mancanza d’impiego o di rinvestimento del prezzo dell’immobile che la moglie separata ha alienato con giudiziale autorizzazione, eccetto che sia egli concorso nel contratto, ovvero risulti che il danaro sia stato ricevuto da lui o convertito in suo vantaggio.
È però risponsabile della mancanza d’impiego, o rinvestimento, quando la vendita sia stata fatta in sua presenza e col suo consenso; ma non è tenuto a garantire l’utilità dell’impiego.
1451. La comunione sciolta per la separazione di persona e beni, o dei beni solamente, può ristabilirsi di consenso d’ambedue le parti.
Ciò però non può farsi che per atto ricevuto da un notaro con minuta, una copia della quale deve essere affissa in conformità dell’articolo 1445.
In questo caso, la comunione ristabilita riacquista i suoi effetti dal giorno del matrimonio; le cose sono restituite nel medesimo stato, come se non vi fosse stata separazione, senza pregiudizio però della esecuzione degli atti che nel tempo intermedio si fossero potuti fare dalla moglie a tenore dell’articolo 1449.
È nulla qualunque convenzione per cui i conjugi ristabilissero la loro comunione sotto condizioni diverse da quelle che la reggevano anteriormente.
1452. Lo scioglimento della comunione prodotto dal divorzio o dalla separazione di persona e beni, o dei beni solamente, non fa luogo ai diritti competenti alla moglie nel caso di sopravvivenza al marito; essa conserva la facoltà di valersene dopo la di lui morte tanto naturale, che civile.
Sezione IV.
Dell’Accettazione della Comunione, e della Rinuncia che vi si può fare, colle condizioni che le sono relative.
1453. Dopo lo scioglimento della comunione, la moglie ed i suoi eredi, ed aventi causa hanno la facoltà di accettarla, o di rinunciarvi. Qualunque convenzione in contrario è nulla.
Leg. 2, ff. de jure dotium.
1454. La moglie che ha presa ingerenza nei beni della comunione, non può rinunciarvi.
Gli atti semplicemente amministrativi o conservatorj non inducono che abbia avuta ingerenza.
Argum. ex l. 20, in pr. et §. 1, ff. de acquirenda vel omittenda hæreditate. — Leg. 1, cod. de repudianda vel abstinenda hæreditate. — Leg. 2, cod. de jure deliberandi.
1455. La moglie in età maggiore che in un atto ha assunta la qualità dichiarativa della di lei comunione, non può più rinunciarvi nè essere restituita in intiero contro questa qualità, non ostante che essa l’abbia assunta prima della confezione dell’inventario, se pure non vi è stato dolo per parte degli eredi del marito.
V. argum. ex l. 7, §. 5, ff. de minorib.; l. 1, cod. si min. ab hæreditate se abstin. — Leg. 11, §. 5, ff. de minor.; l. 9, cod. de in integr. restit.
1456. La moglie superstite che vuole conservare la facoltà di rinunziare alla comunione, deve, entro tre mesi successivi alla morte del marito, far procedere ad un fedele ed esatto inventario di tutti i beni della comunione in contraddittorio degli eredi del marito, o citandoli formalmente.
Compiuto che sarà tale inventario deve essa col proprio giuramento dichiarare, avanti l’ufficiale pubblico che lo ha ricevuto, essere l’inventario stesso fedele e veritiero.
1457. Nei tre mesi e quaranta giorni dopo la morte del marito, ella deve fare la rinuncia nella cancelleria del tribunale di prima istanza nel distretto del quale il marito aveva domicilio: quest’atto deve inscriversi nel registro destinato a ricevere le ripudie delle eredità. 1458. La vedova può, secondo le circostanze, dimandare al tribunal civile una proroga del termine prescritto col precedente articolo per la sua rinuncia; questa proroga, se vi è luogo, è pronunziata in contraddittorio degli eredi del marito, od essi formalmente citati.
1459. La vedova che non ha fatta rinuncia nel termine sopra stabilito, non è privata della facoltà di rinunziare quando non siasi ingerita nei beni, ed abbia fatto procedere all’inventario; può soltanto essere convenuta come vivente in comunione sino a che vi abbia rinunziato, e deve pagare le spese fatte contro di lei sino alla sua rinuncia.
Può egualmente essere convenuta dopo la scadenza dei quaranta giorni successivi al compimento dell’inventario, qualora questo sia stato compito prima dei tre mesi.
1460. La vedova che ha distratto od occultato qualche effetto della comunione è dichiarata in comunione, nonostante la sua rinunzia: lo stesso ha luogo riguardo ai di lei eredi.
Argum. ex l. 71, §. 3, 4 et 9, ff. de acquirenda vel omittenda hæreditate. — Leg. 6, ff. de his quæ ut indignis auferuntur.
1461. Morendo la vedova prima della scadenza dei tre mesi senza che abbia fatto o compito l’inventario, i suoi eredi avranno, per fare o per compire l’inventario medesimo, un nuovo termine di tre mesi decorribili dal giorno della morte della vedova, e dopo il compimento di esso, quello di giorni quaranta per deliberare.
Se la vedova muore dopo compito l’inventario, i suoi eredi avranno il nuovo termine di quaranta giorni dopo la di lei morte, per deliberare.
Inoltre possono essi rinunciare alla comunione nelle forme superiormente stabilite, essendo anche ad essi applicabili gli articoli 1458. e 1459. 1462. Le disposizioni degli articoli 1456, e seguenti, sono applicabili alle mogli delle persone morte civilmente, dal momento in cui ebbe luogo la morte civile.
1463. La moglie che ha fatto divorzio o che è separata personalmente, se non ha accettata la comunione entro i tre mesi e quaranta giorni dopo il divorzio o la separazione definitivamente pronunciata, si considera che vi abbia rinunziato, purchè prima della scadenza del detto termine, non abbia ottenuto una proroga dal giudice in contraddittorio del marito, o questo formalmente citato.
1464. I creditori della moglie possono impugnare la rinuncia fatta da essa, o dai suoi eredi in frode dei loro crediti, ed accettare la comunione in nome proprio.
Argum. ex tot. tit., ff. quæ in fraudem creditorum.
1465. La vedova, tanto accettando che rinunziando, ha diritto, duranti i tre mesi e quaranta giorni che le sono concessi per fare l’inventario e per deliberare, di percepire dalle provvisioni esistenti gli alimenti per sè e per i suoi domestici, ed in mancanza di queste, può supplirvi prendendo danaro ad imprestito a conto della massa comune, coll’obbligo però di farne un uso moderato.
Essa non è tenuta ad alcuna pigione per aver abitato, duranti questi termini, in una casa dipendente dalla comunione o spettante agli eredi del marito; e se la casa che abitavano i conjugi al tempo dello scioglimento della comunione, era da essi posseduta per titolo d’affitto, la moglie non sarà obbligata a contribuire, pendenti gli stessi termini, per il pagamento della pigione, il quale sarà levato dalla massa.
1466. Nel caso di scioglimento della comunione per la morte della moglie, i suoi eredi possono rinunciare alla comunione nei termini e colle forme che la legge accorda alla moglie superstite.
Argum. ex l. 24, ff. de verborum significatione.
Sezione V.
Della Divisione della Comunione dopo l’accettazione.
1467. Dopo che la moglie od i suoi eredi hanno accettata la comunione, le attività si dividono, e le passività si sopportano nel modo seguente.
§. I.
Della divisione dell’attivo.
1468. I conjugi od i loro eredi conferiscono nella massa dei beni esistenti tutto ciò che devono alla comunione per titolo di compenso o d’indennizzazione, a norma delle regole superiormente prescritte nella sezione seconda della prima parte del presente capo.
1469. Ciascun conjuge, o suo erede conferisce egualmente le somme che si sono levate dalla comunione, ed il valore dei beni che il conjuge ha preso da essa per dotare una figlia d’altro letto, o per dotare a conto proprio la figlia comune.
1470. Ciascun conjuge od il suo erede, prededuce dalla massa dei beni,
1.° I suoi proprj beni non conferiti nella comunione, se esistono in natura o quelli che sono stati acquistati in loro surrogazione;
2.° Il prezzo dei suoi immobili alienati durante la comunione, che non sia stato rinvestito;
3.° Le indennizzazioni che gli sono dovute dalla comunione.
1471. Le prededuzioni spettanti alla moglie hanno luogo prima di quelle del marito.
Si fanno riguardo ai beni, che più non esistono in natura, primieramente sul denaro, quindi sugli effetti mobiliari, ed in sussidio sopra gli stabili della comunione: in quest’ultimo caso la scelta degli immobili spetta alla moglie ed ai suoi eredi.
1472. Il marito non può prededurre ciò che gli è dovuto che dai beni della comunione.
La moglie ed i suoi eredi, in caso d’insufficienza dei beni comuni, prededucono ciò che loro è dovuto dai beni proprj del marito.
1473. I rinvestimenti e le compensazioni, cui è tenuta la comunione verso gli sposi, e le compensazioni ed indennità che questi devono alla comunione, producono ipso jure gl’interessi dal giorno dello scioglimento della comunione stessa.
1474. Fatte da entrambi i conjugi tutte le prededuzioni sulla massa, il rimanente si divide per metà tra ciascuno d’essi o fra quelli che li rappresentano.
1475. Se gli eredi della moglie sono discordi, in modo che l’uno abbia accettata la comunione cui l’altro ha rinunciato, quegli che l’ha accettata non può prendere sui beni cadenti nella porzione della moglie che la sua quota virile ed ereditaria nella detta porzione.
Il di più rimane al marito, il quale resta obbligato verso l’erede rinunciante per quei diritti, che la moglie avrebbe potuto esperimentare in caso di rinuncia; ma soltanto fino alla concorrenza della porzione virile ereditaria del rinunciante.
1476. Inoltre, la divisione della comunione, per tutto ciò che risguarda le sue forme, per la licitazione degl’immobili allorchè ha luogo, per gli effetti della divisione, per l’assicurazione che ne risulta, e per i conguaglj delle eccedenze, soggiace a tutte le regole stabilite nel titolo delle Successioni per le divisioni fra i coeredi.
1477. Quegli fra i coniugi che avrà distratto, od occultato qualche effetto della comunione, sarà privato dalla sua porzione negli stessi effetti.
1478. Compita la divisione, se uno dei conjugi è creditore particolare dell’altro, come nel caso in cui il prezzo d’una sua proprietà fosse stato convertito nel pagamento d’un debito particolare dell’altro conjuge, o per tutt’altra causa, egli agisce per tal credito sulla parte pervenuta a questo della comunione o sopra i sui beni particolari.
1479. I crediti particolari, che i conjugi possono proporre l’uno contro dell’altro, non producono interesse che dal giorno della domanda giudiziale.
Argum. ex l. 17, §. 3, in fin. ff. de usuris; l. 127, ff. de verborum obligationibus; l. 88, ff. de regulis juris.
1480. Le donazioni che l’uno dei conjugi avesse fatte all’altro, non si eseguiscono che sulla parte che ha il donante nella comunione, e sopra i suoi beni particolari.
1481. Le spese del lutto della moglie sono a carico degli eredi del defunto marito.
Tali spese sono regolate secondo le facoltà del marito.
Sono dovute anche alla moglie che rinuncia alla comunione.
Argum. ex l. 22, §. 9, cod. de jure deliberandi. — Leg. 12, §. 3, ff. de religiosis et sumptibus funerum; leg. 3, cod. eod. tit.; leg. 13, cod. de negotiis gestis.
§. II.
Delle passività della comunione, e della contribuzione al pagamento de’ debiti.
1482. I debiti della comunione sono a carico per metà di ciascuno de’ conjugi, o dei loro eredi; le spese per l’apposizione dei sigilli, inventarj, vendita di effetti mobiliari, liquidazione, licitazione e divisione, fanno parte di questi debiti.
1483. La moglie non è tenuta per i debiti della comunione, sia riguardo al marito, sia riguardo ai creditori, che sino alla concorrenza degli utili ad essa spettanti, purchè siavi stato un valido e fedele inventario, e si renda conto tanto di ciò che è compreso nell’inventario stesso, quanto di ciò che le è pervenuto dalla divisione.
1484. Il marito è tenuto per la totalità dei debiti della comunione da esso contratti, salvo il regresso contro la moglie o suoi eredi per la metà dei debiti predetti.
1485. Non è tenuto che per la metà dei debiti particolari della moglie, e che fossero caduti a carico della comunione.
1486. La moglie può essere convenuta per la totalità dei debiti contratti in suo nome, ed entrati nella comunione, salvo il regresso contro il marito o suoi eredi per la metà dei predetti debiti.
1487. La moglie, ancorchè obbligata in proprio nome per un debito della comunione, non può essere convenuta che per la metà di tal debito, purchè l’obbligazione non sia solidaria.
1488. La moglie che ha pagato un debito della comunione oltre la sua metà, non può ripetere il soprappiù dal creditore, purchè la quietanza non esprima che ciò che ha pagato era per la sua metà.
Argum. ex l. 44; l. 19, §. 1, l. 65, §. 9, ff. de condictione indebiti.
1489. Quello dei due conjugi che viene molestato per la totalità d’un debito della comunione in forza dell’ipoteca sopra l’immobile ad esso provenuto dalla divisione, ha di diritto il regresso contro l’altro conjuge o suoi eredi, per la metà di questo debito.
1490. Le disposizioni precedenti non impediscono che in forza della divisione, sia addossato all’uno, o all’altro il peso di pagare una quota dei debiti oltre la metà, ed anche di soddisfarli intieramente.
Ogni qualvolta uno dei condividenti ha pagati debiti della comunione oltre la porzione per cui era tenuto, ha il regresso contro dell’altro. 1491. Tuttociò, ch’è stato dichiarato superiormente riguardo al marito od alla moglie, ha luogo pure riguardo agli eredi dell’uno o dell’altra; e questi eredi esercitano gli stessi diritti, e sono sottoposti alle stesse azioni a cui erano soggetti i conjugi che rappresentano.
Argum. ex l. 24, ff. de verborum significatione. — Leg. 119, ff de acquirenda vel omittenda hæreditatibus.
Sezione VI.
Della rinuncia alla Comunione, e dei suoi effetti.
1492. La moglie che rinuncia, perde qualunque sorta di ragione sopra i beni della comunione, come pure sopra gli effetti mobiliari che sono in essa pervenuti per sua parte.
Essa ricupera soltanto la biancheria e quanto è necessario per il suo ordinario abbigliamento.
1493. La moglie che rinuncia, ha diritto di ricuperare;
1.° Gl’immobili ad essa spettanti, se esistono in natura, o l’immobile acquistato in suo luogo;
2.° Il prezzo dei suoi immobili alienati, di cui non è stato fatto ed accettato il rinvestimento come è stato dichiarato di sopra;
3.° Tutte le indennizzazioni che le possono essere dovute dalla comunione.
1494. La moglie rinunciante è liberata da qualunque contribuzione per i debiti della comunione, tanto a riguardo del marito, quanto dei creditori. Nondimeno essa è tenuta verso di essi, quando siasi obbligata unitamente al marito, o quando il debito caduto a carico della comunione fosse in origine a lei particolare, e tutto ciò salvo il regresso contro il marito o di lui eredi.
1495. Essa può valersi di tutte le azioni e diritti di ricupera superiormente specificati, tanto sopra i beni della comunione, che sopra i beni particolari del marito. Lo stesso possono fare i suoi eredi, ad eccezione di ciò che concerne la previa ricupera della biancheria e di quanto è necessario all’ordinario abbigliamento della moglie, come pure di ciò che risguarda l’abitazione e mantenimento durante il termine accordato per fare l’inventario e per deliberare; i quali diritti sono meramente personali alla moglie superstite.
1496. Quanto è stato superiormente stabilito dovrà osservarsi anche nel caso in cui uno dei conjugi od ambedue avranno figlj di precedente matrimonio.
Se però la confusione del mobiliare e dei debiti producesse, a favore d’uno dei conjugi, un vantaggio superiore a quello che resta autorizzato dall’articolo 1098, al titolo delle Donazioni tra vivi e dei testamenti, i figlj del primo matrimonio dell’altro conjuge potranno agire per la riduzione.
PARTE II.
Della comunione convenzionale, e dei Patti che possono modificare od anco escludere la comunione legale.
1497. I conjugi possono modificare la comunione legale con qualunque sorta di patti non contrarj agli articoli 1387, 1388, 1389 e 1390.
Le principali modificazioni sono quelle che hanno luogo stipulando in una od in altra delle seguenti maniere; cioè,
1.° Che la comunione non si estenderà che ai soli acquisti;
2.° Che il mobiliare presente e futuro non entrerà nella comunione, o che non v’entra che per una data parte;
3.° Che vi si comprenderanno tutti od in parte gl’immobili presenti o futuri, con attribuire ad essi la qualità di beni mobili; 4.° Che i conjugi pagheranno separatamente i loro debiti anteriori al matrimonio;
5.° Che in caso di rinuncia, la moglie potrà riprendere ciò che ha portato, senza spesa od aggravio;
6.° Che il conjuge superstite conseguirà un’antiparte;
7.° Che i conjugi avranno porzioni ineguali;
8.° Che vi sarà fra essi comunione a titolo universale.
Sezione I.
Della Comunione limitata agli acquisti.
1498. Quando i conjugi stipulano che tra essi non vi sarà che una comunione d’acquisti, si riterrà che abbiamo escluso dalla comunione i debiti di ciascuno di essi, attuali e futuri, ed il loro rispettivo mobiliare presente e futuro.
In questo caso, e dopo che ciascuno dei conjugi avrà prelevato ciò che ha conferito, con la debita giustificazione, la divisione si limita agli acquisti fatti dai conjugi unitamente o separatamente durante il matrimonio, e provenienti tanto dall’industria comune, che dai risparmj sopra i frutti e redditi dei beni dei due conjugi.
1499. Se il mobiliare esistente al tempo del matrimonio, o provenuto posteriormente, non sarà stato comprovato col mezzo d’inventario o d’uno stato in buona forma, sarà considerato come acquisto.
Sezione II.
Della Clausula che esclude dalla Comunione il mobiliare in tutto od in parte.
1500. I conjugi possono escludere dalla comunione tutto il loro mobiliare presente e futuro.
Quando essi stipulino che ne metteranno reciprocamente in comunione fino alla concorrenza d’una determinata somma o valore, si riterrà per questo solo motivo, che se ne siano riservato il di più.
1501. Questa clausola costituisce il conjuge debitore verso la comunione della somma che ha promesso di conferirvi, e l’obbliga a giustificarne la collazione.
1502. La collazione è bastantemente giustificata riguardo al marito, colla dichiarazione apposta nel contratto di matrimonio che il suo mobiliare sia di un dato valore.
È bastantemente giustificata riguardo alla moglie, colla quietanza che il marito rilascia ad essa, od a coloro che l’hanno dotata.
1503. Ciascuno dei conjugi ha diritto al tempo dello scioglimento della comunione, di riprendere e prelevare il valore di quanto gli effetti mobili, seco portati al tempo del matrimonio, o pervenutigli posteriormente, oltrepassava la sua quota posta in comunione.
1504. Il mobiliare che perviene a ciascheduno dei conjugi durante il matrimonio, deve risultare da un inventario.
Mancando l’inventario del mobiliare pervenuto al marito, od un documento proprio a giustificare la sua preesistenza e valore, detratti i debiti, il marito non può agire all’oggetto di ripigliare il mobiliare predetto.
Se la mancanza d’inventario concerne il mobiliare pervenuto alla moglie, questa od i suoi eredi sono ammessi a provare, tanto con documenti, quanto con testimonj, ed anche col mezzo della pubblica fama, il valore di tali effetti.
Sezione III.
Della Clausola attribuente la qualità di mobili ai beni immobili.
1505. Quando i conjugi od uno di essi fanno entrare in comunione in tutto od in parte i loro immobili presenti o futuri, questa clausola si denomina mobilizzazione.
1506. La mobilizzazione può essere determinata o indeterminata. È determinata quando il conjuge ha dichiarato semplicemente di mobilizzare, e di porre in comunione un dato immobile nella sua totalità, o sino alla concorrenza di una data somma.
È indeterminata quando il conjuge ha semplicemente dichiarato di conferire nella comunione i suoi immobili sino alla concorrenza di una data somma.
1507. L’effetto della mobilizzazione determinata è quello di rendere l’immobile o gl’immobili che vi sono assoggettati, beni della comunione, come i mobili stessi.
Quando l’immobile, o gl’immobili della moglie sono stati mobilizzati nella totalità, il marito ne può disporre come degli altri effetti della comunione, od alienarli per intiero.
Se l’immobile non è mobilizzato che per una data somma, il marito non può alienarlo che col consenso della moglie: può però ipotecarlo senza il di lei consenso sino alla concorrenza soltanto della porzione mobilizzata.
1508. La mobilizzazione indeterminata non rende la comunione proprietaria degl’immobili che vi sono stati assoggettati: il suo effetto si limita ad obbligare il conjuge che vi ha acconsentito a far entrare nella massa allorchè la comunione si scioglie, alcuni dei suoi immobili sino alla concorrenza della somma da lui promessa.
Non può il marito come all’articolo precedente senza il consenso della moglie alienare in tutto, od in parte gl’immobili, sopra i quali è stabilita la mobilizzazione indeterminata, ma può ipotecarli sino alla concorrenza di tale mobilizzazione.
1509. Il conjuge che ha mobilizzato un fondo, ha la facoltà all’atto della divisione di ritenerlo, computandolo nella di lui porzione per il valore attuale; e i di lui eredi hanno lo stesso diritto.
{{ct|v=1|f=100%|{{Sc| Sezione IV.}}}}
Della Clausola di separazione dei debiti.
1510. La clausola, colla quale i conjugi stipulano di pagare separatamente i loro debiti particolari, gli obbliga all’atto dello scioglimento della comunione a comunicarsi reciprocamente il conto dei debiti, che si giustificherà essere stati soddisfatti dalla comunione, a scarico di quello dei conjugi che n’era debitore.
Questa obbligazione è la stessa, vi sia, o non vi sia inventario; ma se il mobiliare conferito dai conjugi in società, non risulta da inventario, o da stato autentico anteriore al matrimonio, i creditori dell’uno e dell’altro conjuge possono senza aver riguardo ad alcuna distinzione che si reclamasse, chiedere di essere soddisfatti tanto sul mobiliare non inventariato, quanto sopra gli altri beni della comunione.
I creditori hanno lo stesso diritto sul mobiliare pervenuto ai conjugi durante la comunione, se questo non risulta egualmente da inventario o da stato autentico.
1511. Quando i conjugi mettono in comunione una data somma, o corpo, una tale collazione induce un tacito patto ch’essa non sia aggravata di debiti anteriori al matrimonio, ed il consorte debitore deve dare conto all’altro di tutti quei debiti che diminuirebbero la somma che ha promesso di conferire.
1512. La clausola di separazione di debiti non impedisce che la comunione non possa essere aggravata d’interessi ed annualità decorse dopo il matrimonio.
1513. Quando si proceda contro la comunione pei debiti di uno dei conjugi, dichiarato dal contratto libero e sciolto da qualunque debito anteriore al matrimonio, l’altro consorte ha diritto ad una indennizzazione che si prende tanto sulla parte della comunione spettante al conjuge debitore, quanto sui beni particolari di essa; ed in caso d’insufficienza questa indennizzazione può proporsi in giudizio contro il padre, la madre, l’ascendente od il tutore che lo avessero dichiarato libero e sciolto, come se fossero mallevadori.
Quest’azione per garanzia può essere proposta ancora dal marito durante la comunione, se il debito proviene per parte della moglie; salvo, in questo caso, il rimborso dovuto dalla moglie o dai suoi eredi a quelli che si ritengono per garanti dopo lo scioglimento della comunione.
Sezione V.
Della Facoltà accordata alla moglie di riprendere liberi e senza pesi gli effetti conferiti.
1514. La moglie può stipulare che, in caso di rinuncia alla comunione, essa ripiglierà in tutto od in parte ciò che vi avrà conferito, tanto all’atto del matrimonio, quanto dopo; ma tale stipulazione non può estendersi al di là delle cose formalmente espresse, e nemmeno a vantaggio di altre persone fuori che delle individuate.
In conseguenza la facoltà di ripigliare il mobiliare conferito alla moglie all’atto del matrimonio, non s’estende a quello che le fosse prevenuto durante il medesimo.
Così pure la facoltà accordata alla moglie non si estende ai figlj, e quella accordata alla moglie ed ai figlj non si estende agli eredi, ascendenti, o collaterali.
In tutti i casi non può essere ripigliato quanto si conferì, che facendosi prededuzione dei debiti particolari della moglie, i quali la comunione avesse soddisfatti.
Sezione VI.
Della Prededuzione convenzionale.
1515. La clausola colla quale il conjuge superstite è autorizzato a prelevare prima di qualunque divisione una data somma, o una data quantità d’effetti mobiliari in natura, non dà diritto a tale prededuzione in vantaggio della moglie sopravvivente, che quando essa accetti la comunione, purchè nel contratto di matrimonio non le sia stato riservato un tale diritto, anche in caso di rinuncia.
Fuori del caso di questa riserva, la prededuzione non si eseguisce, che sulla massa divisibile, e non sui beni particolari del conjuge premorto.
1516. La prededuzione non si risguarda come un vantaggio soggetto alla formalità delle donazioni, ma come una convenzione matrimoniale.
1517. Si fa luogo alla prededuzione per la morte naturale o civile.
1518. Quando lo scioglimento della comunione deriva dal divorzio o dalla separazione personale, non vi è luogo all’attuale rilascio della cosa da prededursi, ma il conjuge che ha ottenuto o il divorzio, o la separazione personale, conserva i suoi diritti alla prededuzione nel caso di sopravvivenza. Se la moglie ha ottenuto il divorzio o la separazione, la somma o la cosa che costituisce la prededuzione resta sempre provvisionalmente al marito coll’obbligo di dare cauzione.
1519. I creditori della comunione hanno sempre il diritto di far vendere gli effetti compresi nella prededuzione, salvo al conjuge il regresso, in conformità dell’articolo 1515.
Sezione VII.
Delle Clausole, colle quali si assegnano a ciascheduno dei conjugi parti ineguali nella Comunione.
1520. I conjugi possono derogare alla eguaglianza della divisione stabilita dalla legge, tanto col non assegnare nella comunione al conjuge sopravvivente o ai suoi eredi, che una porzione minore della metà, quanto col non assegnarli che una somma fissa per qualunque diritto nella comunione, e così pure collo stipulare, che la comunione intiera, in certi casi, apparterrà al conjuge sopravvivente o ad uno di essi solamente.
1521. Quando è stato stipulato che il conjuge od i suoi eredi non avranno che una data porzione nella comunione, come sarebbe il terzo o il quarto, il conjuge cui tale porzione è per tal modo limitata od i suoi eredi non sono obbligati ai debiti della comunione che proporzionatamente alla parte delle attività che essi vi hanno.
La convenzione è nulla se obbliga il conjuge limitato come sopra o i suoi eredi a soggiacere ad una quantità maggiore di debiti, o se lo dispensa dal carico d’una parte di essi eguale a quella che hanno nelle attività.
1522. Quando siasi stipulato che uno dei conjugi o i suoi eredi non potranno prendere che una data somma per qualunque diritto di comunione, la clausola si risolve in un contratto eventuale, che obbliga l’altro conjuge, o i suoi eredi, a pagare la somma convenuta, sia che la comunione riesca utile o dannosa, sufficiente o insufficiente a soddisfare la detta somma.
Argum. ex l. 10, ff. de regulis juris.
1523. Se la clausola non contiene un tal contratto che relativamente agli eredi del conjuge, questo, in caso di sopravvivenza, ha diritto alla divisione legale per metà.
1524. Il marito o i suoi eredi che in virtù della clausola enunziata nell’articolo 1520, ritengono la totalità della comunione, sono tenuti a soddisfare tutti i debiti di essa.
I creditori non hanno, in questo caso, azione alcuna contro la moglie o i suoi eredi.
Se appartiene alla moglie superstite il diritto di ritenersi, mediante una convenuta somma, tutta la comunione contro gli eredi del marito, essa ha la scelta o di pagare loro tal somma, restando obbligata per tutti i debiti, o di rinunciare alla comunione, cedendone agli eredi del marito i beni ed i pesi.
1525. È lecito ai conjugi di stipulare che la totalità della comunione apparterrà al conjuge superstite o soltanto ad uno di essi, salva agli eredi dell’altro la ragione di ricuperare i beni ed i capitali conferiti in comunione per parte del loro autore.
Questa stipulazione non si ritiene come una liberalità soggetta alle regole delle donazioni, tanto riguardo alla sostanza, che rapporto alla forma, ma si considera specialmente come una convenzione nuziale e fra socj.
Sezione VIII.
Della Comunione a titolo universale.
1526. Gli sposi possono stabilire nel contratto di matrimonio una comunione universale dei loro beni tanto mobili che immobili, presenti e futuri, o dei presenti solamente, o soltanto dei futuri.
Leg. 3, l. 7, §. 1, ff. pro socio.
1527. Ciò che è stabilito nelle otto precedenti sezioni, non ristringe le stipulazioni di cui è suscettibile la comunione convenzionale alle precise disposizioni in esse contenute.
I conjugi possono fare qualunque altra convenzione, come all’articolo 1367, sotto le modificazioni enunciate negli articoli 1388, 1389 e 1390.
Nel caso però in cui vi fossero figlj di un precedente matrimonio, qualunque convenzione che ne’ suoi effetti tendesse a dare ad uno de’ conjugi una porzione maggiore di quella stabilita nell’articolo 1098. del titolo delle Donazioni tra vivi, e dei Testamenti, sarà senza effetto per tutto ciò che eccede questa porzione: ma i semplici proventi risultanti dai lavori comuni e dai risparmj sulle rendite rispettive, quantunque ineguali fra i due conjugi, non sono considerati come un vantaggio in pregiudizio dei figlj di primo letto.
1528. La comunione convenzionale soggiace alle regole della comunione legale in tutti i casi, in cui non vi si è derogato col contratto implicitamente od esplicitamente.
Sezione IX.
Delle Convenzioni esclusive della Comunione.
1529. Allorchè gli sposi non sottomettendosi al regime dotale, dichiarano di maritarsi senza comunione, o di rimanere separati di beni, gli effetti di questa stipulazione sono regolati nel modo che segue.
§. I.
Della clausola che contiene la dichiarazione degli sposi di maritarsi senza comunione.
1530. La clausola contenente la dichiarazione degli sposi di maritarsi senza comunione, non attribuisce alla moglie il diritto di amministrare i suoi beni, nè di percepirne i frutti; questi frutti si ritengono assegnati al marito per sostenere i pesi del matrimonio.
1531. Il marito ritiene l’amministrazione dei beni mobili ed immobili della moglie, e per conseguenza, il diritto di ricevere tutto il mobiliare che essa porta in dote, o che le perviene durante il matrimonio, salva la restituzione ch’egli ne dovrà fare dopo lo scioglimento di esso, o dopo la separazione dei beni pronunciata giudizialmente.
1532. Se nel mobiliare portato dalla moglie in dote, o pervenuto ad essa durante il matrimonio, vi siano cose che si consumino coll’uso, dovrà di queste unirsi al contratto matrimoniale una descrizione colla stima, ovvero formarsi inventario allorchè le stesse cose pervengono alla moglie, il marito sarà tenuto a restituire il prezzo della stima. L. 42, ff. de jure dotium.
1533. Il marito è obbligato a tutti i pesi che sono a carico dell’usufruttuario.
L. 15, l. 16, l. 13, ff. de impensis in res dotale factis. — L. 28, §. 1, ff. de donationibus inter virum et uxorem.
1534. La clausola enunciata in questo paragrafo non impedisce che si possa pattuire che la moglie percepirà annualmente sopra semplice sua quittanza una determinata parte de’ suoi redditi pel suo mantenimento e pei bisogni della sua persona.
1535. I beni immobili costituiti in dote, nel caso di questo paragrafo, non sono inalienabili.
Non possono tuttavia alienarsi senza il consenso del marito, ed in caso di rifiuto, senza giudiziale autorizzazione.
§. II.
Della clausola di separazione de’ beni.
1536. Allorquando gli sposi nel contratto del loro matrimonio hanno stipulato che essi saranno separati di beni, la moglie conserva l’intera amministrazione de’ suoi beni mobili ed immobili, ed il libero godimento delle sue rendite.
1537. Ciascuno de’ conjugi concorre ai pesi del matrimonio, secondo le convenzioni contenute nel loro contratto; e non essendovi patto a tale riguardo, la moglie contribuisce per i pesi matrimoniali fino alla concorrenza del terzo delle sue rendite.
1538. In nessun caso, nè in forza di qualunque stipulazione, la moglie può alienare i suoi immobili senza speciale assenso del marito, ed in caso di rifiuto, senza autorizzazione giudiziale.
Qualsivoglia autorizzazione generale accordata alla moglie di alienare i suoi beni immobili, tanto nel contratto di matrimonio, che posteriormente, è nulla.
1539. Se la moglie separata lascia che il marito abbia il godimento de’ di lei beni, questi non è tenuto, tanto sulla domanda che la moglie potesse fargli, quanto dopo lo scioglimento del matrimonio se non alla consegna dei frutti esistenti, e non è obbligato per quelli che fino allora si fossero consumati.
L. 11, cod. de pactis conventis.
CAPO III.
Del Regime Dotale.
1540. La dote sotto questo regime come sotto quello del capo II, consiste in quei beni che la moglie porta al marito per sostenere i pesi del matrimonio.
1541. Tutto ciò che la donna si costituisce in dote, o che le viene dato nel contratto di matrimonio, è dotale, se non vi è stipulazione in contrario.
Argum. ex l. 23, ff. de jure dotium. — V. L. 16, cod. de jur. dot.; l. 44, §. 1; l. 45, in pr. et §. 1; l. 46, §. 1, et l. 57, ff. eod. tit; l. 2, cod. de fund. dot. — V. L. 1 et l. 3, cod. de dot. promiss.; l. 69, §. 4, ff. de jur. dot.
Sezione I.
Della Costituzione della Dote.
1542. La costituzione della dote può comprendere tutti i beni presenti e futuri della donna, o soltanto tutti i suoi beni presenti, od una parte de’ suoi beni presenti, e futuri, oppure può avere per oggetto una cosa speciale.
La costituzione di dote concepita in termini generici di tutti i beni della donna, non comprende i beni futuri.
L. 4, et l. 16, cod. de jure dotium; l. 60, l. 61, in pr. et §. 1; l. 72, ff. eod. tit. — Argum. ex l. 7, ff. de auro et argento legato.
1543. Durante il matrimonio, la dote non può essere costituita nè accresciuta.
L. 1, in pr., ff. de pactis dotalibus; l. 19, l. 20, §. 1, cod. de donationibus ante nuptias. — Contr. Instit. de donationibus, §. 3. — Novell. 97, cap. 2.
1544. Se il padre e la madre costituiscono unitamente una dote, senza distinguere la parte di ciascuno, s’intenderà costituita in parti eguali.
Se la dote è costituita dal solo padre per i diritti paterni e materni, la madre quantunque presente al contratto non sarà obbligata, e la dote resterà per intiero a carico del padre.
L. 7, cod. de dotis promissione.
1545. Se il padre o la madre superstite costituisce una dote sui beni paterni e materni, senza specificarne le porzioni, la dote si prenderà primieramente sopra i diritti spettanti alla futura sposa nei beni di quello fra i genitori che è predefunto, ed il rimanente sopra i beni di chi l’ha costituita.
Cujac. in l. 7 cod. de dotis promissione. — Contr. Argum. ex l. 7. cod. de dotis promissione.
1546. Nonostante che la figlia dotata dal padre e dalla madre abbia beni proprj, di cui ad essi appartenga l’usufrutto, la dote si prenderà dai beni dei costituenti, se non vi è stipulazione in contrario.
L. 7, cod. de dotis promissione.
1547. Quelli che costituiscono una dote sono tenuti a garantire gli effetti costituiti in dote.
L. 41, in pr., ff. de jure dotium, l. 1, cod. eod., l. unica, §. 1, cod. de rei uxoriae actione. — L. 84, ff. de jure dotium; l. 17, in pr. et §. 1; l. 32, ff. soluto matrimonio. — V. l. 9, §. 1, ff. de condict. caus. dat. non secut.; l. 5, §. 5, de dol. mal. et met. except.; l. 78, §. 5, ff. de jur. dot. — L. 12 et l. 25, cod. ad senatus-consultum Velleian.
1548. Gl’interessi della dote decorrono ipso jure dal giorno del matrimonio, contro coloro che l’hanno promessa, quando anche siasi pattuita una dilazione al pagamento, se non vi è stipulazione in contrario.
L. 7, in pr.; l. 63, §. 3, ff. de jure dotium; l. 20, l. 31, §. 2, cod. eod. tit.
Sezione II.
Dei Diritti del marito sui beni dotali, e dell’inalienabilità del Fondo dotale.
1549. Il solo marito ha l’amministrazione dei beni dotali durante il matrimonio.
Egli solo ha diritto di agire contro i debitori, e detentori dei beni dotali, di percepirne i frutti e gl’interessi, e di esigerne i capitali.
Ciò non ostante può convenirsi nel contratto di matrimonio, che la moglie riceverà annualmente, contro la semplice sua quietanza, una parte delle sue rendite, per il mantenimento e per i bisogni della sua persona.
L. 7, in pr., l. 75, ff. de jure dotium; l. 11, cod. eod. tit; l. 9, cod. de rei vindicatione.
1550. Il marito non è tenuto a prestare la cauzione per la dote ch’egli riceve, se non vi è stato obbligato col contratto di matrimonio.
L. 1 et leg. 2, cod. de fidejussores vel mandatores dotium dentur.
1551. Se la dote o parte di essa consiste in effetti mobiliari stimati nel contratto di matrimonio quando anche non vi sia la dichiarazione che tale stima sia fatta per indurre la vendita, il marito ne diviene il proprietario, e non è debitore che del prezzo loro fissato.
L. 10, in pr.; l. 2, l. 69, §. 8, ff. de jure dotium; l. 5, l. 10, cod. eod. tit; l. 51, ff. soluto matrimonio. l. 1, §. 1, ff. de aestimatoria actione.
1552. La stima dell’immobile costituito in dote non ne trasferisce la proprietà al marito, senza un’espressa dichiarazione.
Contr. l. 10, in pr. et §. 1, ff. de jure dotium; l. 5 et l. 10, cod. eod. tit. 1553. L’immobile acquistato col danaro dotale non diviene dotale, se non qualora nel contratto di matrimonio sia stata stipulata la condizione dell’impiego.
Lo stesso ha luogo relativamente all’immobile dato per pagamento della dote costituita in danaro.
L. 54, ff. de jure dotium; l. 12, cod. eod. tit.
1554. Gl’immobili costituiti in dote non possono alienarsi o ipotecarsi durante il matrimonio nè dal marito, nè dalla moglie, nè da entrambi unitamente, salve le seguenti eccezioni.
Paul. sentent., lib. 2, tit. 21, §. 2. — Institut. in pr., lib. 2, tit. 8. — L. unica, §. 15, cod. de rei uxoriae actione; l. 23, cod. de jure dotium; l. 4, l. 5 et l. 6, ff. de fundo dotali; l. 2, cod. eod. tit. — V. l. 3, §. 1; l. 9, §. 2; l. 11, l. 13, §. 1, l. 14 §. 1, ff. de fundo dotali; l. 1, cod. eod. tit.
1555. La moglie può coll’assenso del marito, od in caso di rifiuto, coll’autorizzazione giudiziale dare i suoi beni dotali per il collocamento dei figlj, che ella avesse da anteriore matrimonio; ma se non è autorizzata che giudizialmente, deve riservare l’usufrutto al marito.
1556. Può ancora, coll’autorizzazione del marito dare i di lei beni dotali pel collocamento de’ figlj comuni.
1557. L’immobile dotale può essere alienato allorchè col contratto del matrimonio ne è permessa l’alienazione.
1558. Si può parimenti alienare l’immobile dotale coll’autorizzazione giudiziale, ed all’incanto, dopo tre pubblicazioni;
Per liberare dal carcere il marito o la moglie;
Per somministrare gli alimenti alla famiglia ne’ casi preveduti negli articoli 203, 205, 206, al titolo del Matrimonio. Per pagare i debiti della moglie o di quelli che hanno costituita la dote, allorchè questi debiti hanno una data certa anteriore al contratto di matrimonio.
Per fare straordinarie riparazioni indispensabili alla conservazione dell’immobile dotale;
Finalmente quando quest’immobile è indiviso coi terzi, ed è riconosciuto non suscettibile di divisione.
In tutti questi casi, l’avanzo del prezzo ricavato dalla vendita, soddisfatti i bisogni comprovati, rimarrà dotale, e verrà impiegato con questa qualità a vantaggio della moglie.
L. 2, cod. de fundo dotali.
1559. L’immobile dotale può col consenso della moglie essere permutato per quattro quinti almeno, con un altro immobile dello stesso valore, purchè si giustifichi l’utilità della permuta s’ottenga l’autorizzazione giudiziale, e preceda la stima per mezzo di periti nominati ex officio dal tribunale.
In questo caso, l’immobile ricevuto in permuta diverrà dotale, come pure sarà dotale l’avanzo del prezzo, se ve ne ha, e sarà impiegato come tale a vantaggio della moglie.
Leg. 26, l. 27, cod. de jure dotium.
1560. Se fuori delle eccezioni sopra indicate, la moglie o il marito, o entrambi unitamente alienano il fondo dotale, la moglie od i di lei eredi potranno dopo lo scioglimento del matrimonio far rivocare l’alienazione, senza che si possa loro opporre alcuna prescrizione per il tempo decorso durante il matrimonio; la moglie avrà lo stesso diritto dopo la separazione dei beni.
Il marito potrà durante il matrimonio far rivocare l’alienazione, restando però obbligato per i danni ed interessi verso il compratore, nel caso che nel contratto di vendita non abbia dichiarato che la cosa venduta era dotale. Leg. unic., §. 15, cod. de rei uxoriæ actione.
1561. Gl’immobili dotali che nel contratto di matrimonio non si son dichiarati alienabili, non soggiacciono a prescrizione durante il medesimo; purchè questa non abbia cominciato a decorrere prima del matrimonio.
Diventano ciò non ostante soggetti a prescrizione dopo la separazione dei beni, qualunque siasi l’epoca in cui la prescrizione è incominciata.
Leg. 30, §. omnis cod. de jure dotium. — Argum. ex l. 28, ff. de verborum significatione.
1562. Il marito riguardo ai beni dotali è astretto da tutte le obbligazioni che sono a carico dell’usufruttuario.
È risponsabile per tutte le prescrizioni incorse e deterioramenti avvenuti per sua negligenza.
Leg. 17, in pr., ff. de jure dotium; l. 5, ff. de fundo dotali. — Leg. 66, in pr., ff. soluto matrimonio; l. 16, ff. de fundo dotali. — Leg. 1, §. 2; l. 5, l. 16, l. 3, §. 1; l. 13, l. 15, ff. de impensis in res dotales factis. — Leg. 28, §. 1, ff. de donationib. inter virum et uxorem.
1563. Se la dote è in pericolo, la moglie può domandare la separazione dei beni, come è detto agli articoli 1445 e seguenti.
Leg. 22, §. 8, l. 24, in pr., ff. soluto matrimonio; leg. 29, cod. de jure dotium. Novell. 97, cap. 6.
Sezione III.
Della Restituzione della dote.
1564. Se la dote consiste in immobili o in mobili non stimati nel contratto nuziale, o stimati bensì, ma con dichiarazione che la stima non tolga alla moglie la proprietà.
Il marito o i suoi eredi possono essere astretti all’istantanea restituzione della dote, sciolto che sia il matrimonio.
Leg. unic. §. 7, cod. de rei uxoriæ actione. — V. l. 12, l. 13, ff. solut. matrimon.; l. unic, §. 9, cod. de rei uxor. act.; l. 19, l. 17, l. 20, ff. de re judic. — V. l. 68, l. 173, ff. de regul. jur., l. 25, ff. de re judic.
1565. Se la dote consiste in una somma di denaro, o in mobili stimati nel contratto senza che siasi dichiarato che la stima non ne attribuisce la proprietà al marito.
La restituzione non può domandarsi che un anno dopo lo scioglimento del matrimonio.
Leg. unica, §. 7, cod. de rei uxoriæ actione.
1566. Se gli effetti mobili la cui proprietà resta alla moglie, siansi consunti coll’uso e senza colpa del marito, egli non sarà tenuto a restituire, che quelli che rimarranno, e nello stato in cui si troveranno.
Ciò non ostante, la moglie potrà, in qualunque caso, riprendere la biancheria e ciò che serve all’ordinario e necessario suo abbigliamento, salva la previa deduzione del loro valore, quando la sua biancheria e robe di uso saranno state primitivamente date con stima.
L. 10, in pr. et §. 6; l. 11, ff. de jure dotium.
1567. Se la dote comprende crediti, o diritti di rendita i quali siano periti od abbiano sofferto riduzioni non imputabili a negligenza del marito, questi non ne sarà risponsabile, e sarà liberato restituendo le scritture dei contratti.
Leg. 49, in pr., ff. soluto matrimonio; l. 41, §. 3, ff de jure dotium.
1568. Se la dote siasi costituita in un usufrutto, sciogliendosi il matrimonio, il marito o suoi eredi non sono tenuti, che a restituire la ragione di usufrutto, non già i frutti scaduti durante il matrimonio.
Leg. 66 et l. 78, in pr., ff. de jure dotium; l. 57, ff. soluto matrimonio. 1569. Se il matrimonio ha durato dieci anni dopo la scadenza dei termini stabiliti pel pagamento della dote, la moglie, o i suoi eredi potranno ripeterla contro il marito dopo lo scioglimento del matrimonio senza essere tenuti a provare che questo la abbia ricevuta, quando non giustificasse di avere usate inutilmente tutte le diligenze per procurarsene il pagamento.
Novell. 100, cap. 1. — Authentic. quod locum, cod. de dote cauta non numerata.
1570. Se il matrimonio è sciolto per la morte della moglie, gl’interessi, ed i frutti della dote che deve restituirsi, decorrono ipso jure a favore dei suoi eredi dal giorno dello scioglimento.
Se questo accade per la morte del marito, la moglie ha la scelta di esigere, durante l’anno del lutto, gl’interessi della sua dote, o di farsi somministrare gli alimenti per il tempo predetto, dall’eredità del marito; ma in ambidue i casi nel corso di detto anno deve l’eredità somministrarle l’abitazione e gli abiti del lutto, senza diminuzione degl’interessi ad essa dovuti.
L. unic., §. 7, in fin., de rei uxoriæ actione.
1571. Sciogliendosi il matrimonio, i frutti degli immobili dotali si dividono tra il marito e la moglie o loro eredi, in proporzione del tempo che ha durato il matrimonio dell’ultimo anno.
L’anno principia a decorrere dal giorno in cui fu celebrato il matrimonio.
Leg. 7, §. 1, ff. soluto matrimonio; l. unic, §. 9, cod. de rei uxoriæ actione.
1572. La moglie e i suoi eredi non godono di alcun privilegio per la ripetizione della dote sopra i creditori ipotecarj anteriori alla medesima.
Leg. 9, l. 31, cod. de jure dotium; l. unic. §. 1, de rei uxoriæ actione. — Contr. l. 12, cod. qui potiores in pignore habentur. 1573. Se il marito era già insolvibile, e non aveva nè arte, nè professione quando il padre costituì una dote a sua figlia, questa non sarà tenuta a conferire nell’eredità paterna che l’azione ad essa spettante contro l’eredità di suo marito per ottenerne il rimborso.
Ma se il marito non è divenuto insolvibile che dopo il matrimonio.
O se aveva un mestiere od una professione che gli tenesse luogo di beni.
La perdita della dote cade unicamente a danno della moglie.
Novell. 97, cap. 6.
Sezione IV.
Dei Beni parafernali.
1574. Sono parafernali tutti i beni della moglie che non sono stati costituiti in dote.
Leg. 8, cod. de pactis conventis tam super dote.
1575. Se tutti i beni della moglie sono parafernali, e se nel contratto non esiste alcuna convenzione per cui debba soggiacere ad una parte dei pesi del matrimonio, la moglie vi contribuisce fino alla concorrenza del terzo dei suoi redditi.
1576. La moglie ha l’amministrazione ed il godimento dei suoi beni parafernali.
Ma essa non può alienarli, nè comparire in giudizio per causa dei detti beni senza autorizzazione del marito, o in caso di rifiuto, senza permissione del giudice.
Leg. 8, cod. de pactis conventis; l. 11, cod. de solutionib. et liberationib. Leg. 6, cod. de revocand. donationibus.
1577. Se la moglie costituisce suo marito procuratore ad amministrare i suoi beni parafernali, col peso di renderle conto dei frutti, questi sarà tenuto verso la medesima come qualunque altro procuratore. Leg. 21, cod. de procuratoribus; l. 95, ff. ad legem Falcidiam.
1578. Se il marito ha goduto i beni parafernali della moglie, senza procura, come pure senza opposizione per parte di essa, questi non è tenuto, sciogliendosi il matrimonio, od alla prima domanda della moglie, che a consegnare i frutti esistenti; senza essere risponsabile di quelli che sono stati fino allora consunti.
Leg. 11, cod. de pactis conventis.
1579. Se il marito non ostante l’opposzione comprovata della moglie ha goduto dei beni parafernali, è tenuto a render conto alla medesima di tutit i frutti tanto esistenti, che consunti.
Leg. 8, cod. de pactis conventis; l. 17, cod. de donationibus inter virum et uxorem. — Leg. 1, §. 18, l. 95, in pr., ff. ad legem Falcidiam.
1580. Il marito il quale gode i beni parafernali, è tenuto a tutte le obbligazioni dell’usufruttuario.
Argum. ex leg. 36, §. 5, ff. de haereditatis petitione.
Disposizione particolare.
1581. I conjugi sottomettendosi al regime dotale, possono non ostante stipulare una società per gli acquisti, e gli effetti di tale società vengono regolati come è prescritto agli articoli 1498, 1499.