Clizia/Atto secondo/Scena seconda
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Niccolò Machiavelli - Clizia (1525)
Atto secondo
Scena seconda
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Pirro, Nicomaco
- Pirro
- Eccomi!
- Nicomaco
- Pirro, io voglio che tu meni questa sera moglie in ogni modo.
- Pirro
- Io la merrò ora.
- Nicomaco
- Adagio un poco! - A cosa, a cosa, - disse ’l Mirra. E’ bisogna anche fare le cose in modo che la casa non vadia sottosopra. Tu vedi: mogliama non se ne contenta, Eustacchio la vuole anch’egli, parmi che Cleandro lo favorisca, e’ ci si è vòlto contro Iddio e ’l diavolo. Ma sta’ tu pur forte nella fede di volerla; non dubitare, ch’io varrò per tutti loro, perché, al peggio fare, io te la darò a loro dispetto, e chi vuole ingrognare, ingrogni!
- Pirro
- Al nome di Dio, ditemi quel che voi volete che io facci.
- Nicomaco
- Che tu non ti parta di quinci oltre, acciò che, s’io ti voglio, che tu sia presto.
- Pirro
- Così farò, ma mi era scordato dirvi una cosa.
- Nicomaco
- Quale?
- Pirro
- Eustachio è in Firenze.
- Nicomaco
- Come, in Firenze? Chi te l’ha detto?
- Pirro
- Ser Ambruogio, nostro vicino in villa, e mi dice che entrò dentro alla porta iarsera con lui.
- Nicomaco
- Come, iarsera? Dove è egli stato stanotte?
- Pirro
- Chi lo sa?
- Nicomaco
- Sia, in buon’ora. Va’ via, fa’ quello ch’io t’ho detto. [Pirro parte] Sofronia arà mandato per Eustachio, e questo ribaldo ha stimato più le lettere sue che le mie, che gli scrissi che facessi mille cose, che mi rovinano, se le non si fanno. Al nome di Dio, io ne lo pagherò! Almeno sapessi io dove egli è e quel che fa! Ma ecco Sofronia, che esce di casa.