Chi è ccausa der zu' mal, piaggni sé stesso

Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Chi è ccausa der zu' mal, piaggni sé stesso Intestazione 9 ottobre 2024 75% Da definire

Li ggiochi de la furtuna Pijja sù e rrosica
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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CHI È CCAUSA DER ZU’ MAL, PIAGGNI SÉ STESSO.

     Jèso ch’ho da sentì!1 Mamma mia bbella!2
Ma ccome t’è ssartato er capogatto
De fà sto passo de sposà cquer matto?
Io sce divento un pizzico,3 sorella.4

     Eh cce vò antro5 che bbocca a sciarpella!6
Ciavévi da penzà cquann’eri all’atto.
Adesso, fijja, quer ch’è ffatto è ffatto.
Chi ha vvorzùto la vèrgna,7 ha da godella.

     Certe zzappate8 Iddio nu’ le perdona.
Bbuttà vvia un bonissimo partito,
Pe’ ppijjà sto Luscifero in perzona!

     Ggià, ccapisco, se9 sa: mmo cch’hai finito
Queli quattro bbajocchi, te bbastona.
Che cce faressi, Nanna?10 È ttu’ marito.11

26 agosto 1835.

Note

  1. Jesus! che ho da udire.
  2. Altra esclamazione di meraviglia.
  3. Io mi rannicchio [mi fo piccina piccina] dallo stupore.
  4. [Qui sta per “amica mia, cara mia,„ e simili.]
  5. Ci vuol altro.
  6. Che far bocca torta. [Come accade a chi si sforza per non rompere in pianto.]
  7. Chi ha voluto il danno.
  8. Certi falli.
  9. Si.
  10. Che ci faresti Marianna?
  11. È tuo marito.