Giuseppe Gioachino Belli

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Er conto dell'anni La Chinea
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

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CHE CCRISTIANI!

     ’Gna1 sentì mmessa e arispettà er Governo
Chi vvò sarvasse2 l’anima, Donizzio,3
Si nnò vviè Cristo ar giorno der giudizzio
E cce bbuggera a ttutti in zempiterno.

     Metti, cumpare mio, metti ggiudizzio,
Caso te puzzi er foco de l’inferno,
Ché, mmettémo,4 la sfanghi5 in ne l’inverno,
Ar tornà de l’istate è un priscipizzio.6

     Povero Ggesucristo! dar zu’ canto
S’è ammascherato sin da vino e ppane:
Be’, dov’è un c....7 che sse fa ppiù ssanto?

     Le donne so’, pper dio, tutte p......,
L’ommini ladri,8 e ttutto er monno intanto
De Cristo se ne fa strénghe de cane.9

25 novembre 1831.

Note

  1. [Bisogna.]
  2. Salvarsi.
  3. Dionisio.
  4. [Mettiamo], ponghiamo che ecc.
  5. [Te la cavi, non muori.]
  6. [Corri, cioè, un gran pericolo, perchè l’aria è più cattiva ecc.]
  7. Nessuno.
  8. Iperbole non secondo l’opinione dell’autore.
  9. Se ne fa ogni strapazzo. [Le “stringhe„ si fanno, sì, anche di cuoio, ma, a quanto mi viene assicurato, non mai di pelle di cane, che non reggerebbe; onde il senso originario della frase, viva tuttora, è forse questo: “se ne fa ciò che non dovrebbe farsene.„]