Catullo e Lesbia/Annotazioni/16. A Copone - CIV Ad Coponem
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CIV.
Pag. 188. Credis me potuisse meæ maledicere vitæ?
Questo si direbbe, voler nascondere il cielo col vaglio. Ritornato fra le braccia della sua donna, fra gli amplessi e i delirii d’una fresca riconciliazione il poeta non crede possibile, ch’egli, che ama ed ha amato cosi perdutamente, tam perdite, abbia potuto dir male di colei, che ora lo stringe sul cuore, che gli prodiga tante carezze; scagliare i suoi terribili giambi su quella piccola testa, ch’egli ama più di sé stesso; lacerare col sanguinoso flagello dei suoi versi quelle membra delicate, sorrise dalle grazie e fiorite dall’amore. No, non è possibile! chi lo dice mentisce per la gola; chi mal fa, mal pensa; crede ch’io sia capace di commettere quelle viltà, ch’egli ha commesse. Quanta verità in questo sentimento! Voler distruggere un passato che ci affligge o ci umilia; cancellare con le lagrime, a ogni costo, una memoria vergognosa; annientare un fatto con una negazione, è sublime! L’amore può ciò che vuole; cangia in sogno la realtà; la realtà in sogno: è un Don Chisciotte divino, è il desiderio eterno dell’impossibile.