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I III

 
Solo e pensoso un dì fra l’erba e’ fiori
stando, m’aparve l’ombra di colui
che move ’l mondo, gli elementi e’ cuori;

ond’io, di stupor pien, mi mossi a lui
5per riguardar sua forma e sua bellezza,
ma tal lume spargevan li occhi sui

e ’l volto e ’l viso, ch’ogni mia fortezza
mancò, e caddi in terra come morto
o come vinto suol per debilezza.

10Ma lui, del caso mio subito accorto,
a una donna lì, del sol più bella,
commise ogni mia cura, ogni conforto.

Il perché pronta, obedïente e snella
me sollevato con aspetto pio
15e santo amor, così ver me favella:

«Figliuol, prendi speranza, però ch’io
vengo mandata qui da quel signore,
che co’ suo lumi te ’nanzi ferìo,

e qui, fra ’l tuo vedere e ’l suo splendore
20posta, tempero i raggi del suo volto,
perch’oda e veggia alquanto il suo valore.

Levati dunque su, piglia conforto,
guarda e domanda me, ch’i’ son mandata
per lasciarti d’errori e dubî sciolto!»

25Ripreso animo, «Adunque, alma beata,
— dissi — se non t’è grave, alquanto parla
di questa immagin qui da me scontrata».

Ed ella, come nota in la mia spalla
posta la man, disse: «Quest’è l’Amore,
30che col suo fiato il mondo accende e ’ngialla.

Questi ha quattro saette d’un colore,
ma varie sì che, quelle saettando,
ferisce, lega e toglie ogni vigore,

e con la quarta uccide; e forse, quando
35Semelè ne’ suo doni arse e perìo,
sentì del primo amor l’ultimo bando.

Quinci, come la morte, l’amor pio
prova esser forte chi, da tal saetta
ferito, a Lete scende con disio,

40ove vagando va l’alma soletta
per boschi e selve, fin che giugne al fonte
che Narciss’ al morir chiama ed afretta.

Alza, figliuolo, alquanto, alza la fronte,
guarda la forma e bellezza ’nfinita,
45alli occhi tuoi offerta impressamente!»

Levai le ciglia, poi ch’essa m’invita,
e, di nuovo vigore afflato, vidi
quella detta per sé bellezza e vita.

E ferito nel cor da’ raggi fidi,
50legato, aflitto e ’n un punto mancato,
per sommo ben lì sentito, me vidi.

Allor la donna mia, che m’era allato,
tale accidente conosciuto, disse:
«Or ti sarà ’l mio dire aperto e lato».

55E, detto ciò, nel ciel tutta s’affisse,
e, come donna innamorata, un canto
tal cominciò, qual mai più non si scrisse:

- O sommo ben, che spandi in ogni canto
la tua virtù, e con libero amore,
60quant’è ciascun, te stesso infondi tanto,

anzi di tua natura el tuo vigore
prestando, fai a te simil coloro,
che fissi in te a te danno ’l suo core;

però che, come in fiamma splende l’oro
65dall’igneo vigor pien e ’nformato
così di tua bontà splendon costoro,

e tanto è ciaschedun cortese e grato,
quant’ egli è buono, e tanto ancor migliore
quant’ è nel sommo ben più trasformato.

70El qual per sua natura, el suo valore
ed ogni suo tesoro in altri infonde,
quant’è di chi riceve amplo ’l vigore.

Quindi, adunque, informate e fatte monde,
l’anime generose son costrette
75d’infonder sé com’altri in lor s’infonde.

Quinci li strali e l’acute saette
della vera amicizia e santo amore
sono al cor di costor sempre dirette.

E però pon della sua legge fore
80el sapiente d’amor chi non accende
l’affetto e ’l cor nel divino splendore,

dove l’amar per sé tutto s’estende
e tutto sé diffonde nell’amato,
se nïente su’ atto o moto offende.

85A torto adunque è amico chiamato
chi per amore al sommo ben coniunto
non è, dove l’amar vero è ’nsegnato.

Chi ben non tiene e ’ntende questo punto
muterà nome, overo alterno dice
90essere e l’amicizia e l’amor giunto.

Ma ’l suo principio e la vera radice
è fissa ’n ciel, dove chi è salito
sempr’è nel suo amor iusto e felice,

perché affetto, su nell’infinito
95bene e amore eccede ogni misura,
dove l’umano amor sempr’è perduto.

Sua qualità, suo modo e sua figura
trabocca nell’amante in ogni gesto,
parlare e stato e sollicita cura.

100Quivi il lento vedrai volvere in presto,
e con voce d’amor gridar colui
che tace, e lieto star chi era mesto.

D’enfiammate saette li occhi sui,
moti e parole ed ogn’atto vedrai
105di divina potenzia ardere in lui.

E se stolto non se’, intenderai
quel tal patir non far per tal cagione,
che uomo esser non può né fu già mai.

Per questo è detto Iove genitore,
110di che l’uman vigor passa e trascende,
del cielo e terra e ’nferno vincitore.

E quest’a ciascun ricco sparge e stende
el suo affetto, e, per tutti giovare,
tutto ’l suo e se stesso all’amor vende.

115Quinci con gran periglio ire e tornare
el giusto Ercole vedi, e, per amore
del mondo, i mostri sudando domare;

duo Decî e Codro e Regol forse muore
per amor della patria; il buon Ligurgo
120per fermar le sue leggi e lor rigore

della patria si priva e d’ogni burgo;
e Scipïon, la sua Roma lasciando,
l’interne legge alla sua invidia purgo,

e minor nell’essilio diventando
125la fede, l’amicizia il fa maggiore,
più chiaro e glorioso assai che quando

fu giusto di sua patria difensore;
questi e molt’altri alcun grado tenere
parvon dell’amicizia e sacro amore.

130Ma l’opre lor già mai furono ’ntere,
perché non discendean da quella vena,
che quelle e l’altre fa giuste e sincere.

Non è mai l’amicizia in alcun piena,
che ’l suo amico all’ottimo non trae,
135se può, benché per morte è grave pena.

Quel che fecion costoro ed esso fae
alcune volte, e talora ’l contrario,
perch’a l’ottimo sempre intende e vae.

Qui, per la morte di sua figlia, Ilario
140prega, ed una matrona con letizia
guarda ’l martir de’ figli orrendo e vario,

per quel dolor non sentendo trestizia,
ché ’l corpo affligge, ma l’alma vittrice
pon glorïosa ove niun’ è mestizia.

145Quinci stimò ne’ tormenti filice
el suo padre Origène, e al morire
conforta lui, ch’è di vita radice.

Or, chi non vuol la legge preterire
della ver’amicizia per amore,
150tutto e’ si volga e ’nfiammi il suo disire.

E ’nteso ch’ogni bene, ogni dolzore,
ogni felicità, letizia e festa
in l’uon concessa, ogni gaudio, ogn’onore

v’è, è sodo, riposto e fisso in questa,
155sicché niente all’amico suol dare,
ché gli dà altri ben che questi, o ’mpresta.

E quinci ’l vero amico vedrà stare
in ogni affanno ed a morir parato,
per poter dov’è sé altrui menare.

160E niente paregli adoperato
aver pel suo amico insino a tanto
che l’ha al sommo ben giunto e legato;

e, per quivi menarlo, in lutto e ’n pianto
talora el lascia lui con odio, amando,
165come chiaro dimostra il testo santo.

Quest’amicizia intende ’l modo e ’l quando
del beneficio, l’ordine e ’l tenore,
e quanto si procede e come, amando.

Quinci l’altrui agguaglia al proprio amore,
170e, dello amor tenendo equal misura,
a tempo e luogo par meno e maggiore.

Quinci talor vedrai la pietà dura
e la clemenzia cruda diventare
e spesso amor variar sua figura.

175Non in più forme si solea mutare
Proteo che colui che senza fraude
e senza adulazion usa l’amare.

Quinci come saette over bombarde
fulminar le parole dell’amante
180vedrai, e talor esser fredde e tarde;

piangerà ’l pianto alcuno e, poco stante,
ridere a lutto e nel dolor far festa,
de’ somm’amici en più modi mutante

el volto e’ gesti, per aver podesta
185più pronta e vera all’uso e la salute
de l’amata persona, a sua richiesta.

Quinci vedrai le lingue fatte mute
de’ veri amici, e sordo e cieco e stolto
altri fatti vedrai, per dar compiute

190l’opere all’amicizia, e quelle ’l volto
mutare e simil farsi anche all’amato,
finché dal proprio mal lo vede sciolto.

Vidi dolere alcun più che ’l penato
ed infermar con lo ’nfermo, e a morire
195per l’altrui miglior vita esser parato.

Truovasi chi pe’ suoi volle morire
e dal libro esser raso ov’era scritto
da chi li amici suoi volle punire.

Contento era del cielo esser prescritto
200per li amati fratelli, ver cultore
dell’amicizia: è vero amor, non fitto.

Non è contento a morir per amore
una volta, se ’l cielo è regolato,
formato ed ordinato al suo favore;

205e quinci in varie morti esercitato,
in pericoli grandi, fame e sete,
e mille mali afflitto e lacerato,

senza respitto alcun, senza quïete,
si glorïav’ alcuno, e per l’amato
210mond’uscir mai non vuol di cotal rete.

Quinci vedi l’amico trasformato
ne li amati fratelli, e l’universo
abracciar, quasi sé dimenticato.

O sacro amor, con quale stilo averso
215potrà alcun la tua lode esplicare,
over quelle far note all’universo?

Ma chi intender potrà che ’l ver amare
si privi dell’amato, e quel che vòle
non voglia per amor di elevare?

220Tanto pote l’amante al vero sole
che ’ntenda nell’amare esser felice
chi dal suo bene ed obietto si tòle.

E leggendo esser miser e infelice,
per non perder amor più dolce e caro
225che non si crede e più che non si dice,

è nella sua dolcezza tanto amaro,
e nella sua pietà tanto crudele
ch’allo ’nferno trabocca ogni suo caro.

E forse questo lì trasse ’l fedele
230Orfeo, la morta sposa seguitando,
e così al padre Enea drizza suo vele,

per fiumi e luoghi perigliosi andando,
tra le tenebr’etterne, ove la morte
pone ’l suo modo, onde la vita ha bando.

235Apre del vero amor l’ultime porte
solo a’ non sordi alcun, con alta voce
gridando: «Da l’amor vita né morte,

pena, periglio, overo amara croce
divider mi potrà; quinci ’nfiammato,
240cerc’un vero amatore in ogni foce,

se ben trovar si può alcun creato
d’amor più dolce, grazïoso e caro».
E poi c’ha tutto assai considerato,

tutto truova molesto, aspro ed amaro
245senza amicizia; se tutto ’l tesoro
del cielo e della terra per riparo

del commutato amore e per ristoro
dato gli fosse, in modo che signore
secondo fusse del celeste coro,

250lume d’ingegno, scïenza e valore
e quella sapienza, ch’ogni vero
vede, e d’ogni virtù ’l sommo vigore,

niente stima agguagliata al sincero
amor, che tutto abbraccia e tutto dassi,
255e ne l’uom presso a lui ved’esse(re) ’ntero.

Nïun frutto fa l’uom, benché si lassi
senza ’l divino amor, perch’ogni obietto
non conducente al primo in terra stassi;

nella legal iustizia è gran difetto,
260ogn’equità è morta, ogni virtute,
ogni potenza è vana, ogni intelletto

non cundito d’amore; ogni salute
senza amicizia muore, e le ricchezze
d’esto amor più mai non son compiute.

265Quinci svïati, alcun l’alte bellezze
amirando mortali e dall’amore
cieco rapiti, seguon sue dolcezze.

E presi dal vulgato e vecchio errore,
son dalla luce tenera del volto
270de’ giovani rapiti e dal dolore.

Quinci vedrai del savio farsi stolto
e ’l pudico lascivo diventare,
femmina ’l maschio negli atti e nel volto

fatto, e per luso non si vergognare
275la viril dignità, d’una fanciulla
stolta e lasciva amante diventare.

Quinci ’l vecchio vedrai tornare ’n culla
e ridere alle ciance d’una putta,
che come un fante lui talor trastulla.

280Queste simulazioni hanno distrutta
ogn’amicizia vera e ogni affetto,
vinta con lunga ed aspra e dura lutta».

E, volta a me, disse: «Guarda nel petto
della presente immagine, e vedrai
285l’amicizia e l’amore ivi ristretto».

Alle parole sue le ciglia alzai,
e, mentre ch’io guardava lor bellezza
fisso in un punto, tolto mi trovai

da tanta visïon, da tal dolcezza,
290e ’n questi versi poi quella notai,
permendo col mio stilo ogni su’ altezza.

E meco dissi: «Niun potre’ già mai
con equal maestà tal visione
narrare; Omero, Orfeo ed altri assai,

295con Dimostine, Tullio, con Marone,
vinti nasconderebon l’alta tromba
dello stilo alto loro e del sermone,

el qual pel mondo ancor suona e rimbomba».