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CAPITOLO XVI.
Candido e Cacambo si ritirano in un ospedale. Incontro ch’essi fanno.
Cacambo e il suo antico padrone non ne potean più, e cominciavano a dare in quella specie di malattia dell’anima che n’estingue tutte le facoltà, cadeano nell’inquietudine e nella disperazione, quando videro un ospedale eretto pei viaggiatori. Cacambo propose d’entrarvi, e Candido lo seguì. S’ebbe per loro tutta la cura che si ha in tali abitazioni, e furono trattati per l’amor di Dio, come si suol dire. In poco tempo furono guariti dalle loro ferite, ma vi guadagnarono la rogna. Non v’era apparenza che quella malattia fosse affare d’un giorno, e questo pensiero empieva di lacrime gli occhi di Candido, che dicea grattandosi: — Tu non hai voluto lasciarmi tagliare la gola, mio caro Cacambo; i tuoi cattivi consigli mi immergono di nuovo nell’obbrobrio e nella sciagura; e se io voglio ora tagliarmi la gola, si dirà nel giornale di Trevoux: questo è un vile che si è ammazzato perchè aveva la rogna: ecco a quel che tu mi esponi per un malinteso interesse che hai voluto prendere alla mia sorte.
- I nostri mali non sono senza rimedio, rispose Cacambo, e se vorrete fare a mio modo, abbiamo a fissarci qui in qualità di fratelli; io so un poco di chirurgia, e vi prometto di mitigare e render sopportabile la nostra miserabile condizione. — Ah! dice Candido, crepin tutti gli asini, e in specie gli asini cerusici, sì dannosi all’umanità. Io non comporterò mai che tu ti spacci per quel che non sei; questo sarebbe un tradimento, le cui conseguenze mi spaventano. D’altra parte, se tu sapessi quanto è dura, dopo d’essere stato vicerè d’una bella provincia, dopo essersi veduto in istato di comprare de’ bei regni, dopo d’essere stato l’amante favorito di Zenoide il risolversi a servire in qualità di fratello in un ospedale... — Lo so, riprese Cacambo, ma so ancora che è assai dura cosa il morir di fame; riflettete di più, che il partito ch’io vi propongo, è forse l’unico che possiate prendere per isfuggire le ricerche del crudele Volhall, e sottrarvi ai castighi ch’ei vi prepara.
Mentre parlavano così passò un fratello e gli fecero alcune dimande; egli rispose in una maniera soddisfacente, e assicurò loro che i fratelli erano bene nutriti, e godevano d’una onesta libertà. Candido si decise; ei prese con Cacambo l’abito di fratello che gli si accordò addirittura, e i nostri due miserabili si misero a servire altri miserabili.
– Un giorno che Cacambo distribuiva in giro poche cattive minestre, gli diè nell’occhio un vecchio, il cui viso era livido, le labbra coperte di schiuma, gli occhi mezzo stravolti, e sulle cui gote crespe e inaridite, appariva l’immagine della morte. — Pover’uomo, gli disse Candido, quanto vi compiango! voi dovete orribilmente soffrire. — Io soffro molto, rispos’egli con una voce da sepoltura; si dice ch’io sono etico, polmoniaco e asmatico: se così è, io son ben malato, ma intanto tutto non va male, e questo e quello che mi consola. — Ah, esclama Candido, non v’è che il dottor Pangloss, che in uno stato così deplorevole, possa sostenere la dottrina dell’ottimismo, quand’ogni altro non predicherebbe che il pess... — Non pronunziate quella detestabil parola, grida il pover’uomo; io sono quel Pangloss di cui voi parlate, disgraziato; lasciatemi morire in pace, tutto è bene, tutto è per lo meglio.
Lo sforzo ch’ei fece pronunziando queste parole, gli costò l’ultimo dente, ch’ei vomitò con una tremenda quantità di marcia. Spirò pochi momenti dopo.
Candido lo pianse, perchè aveva il cuor buono. Il suo funerale fu una sorgente di riflessioni per il nostro filosofo; egli si ricordava sovente tutte le sue avventure. Cunegonda era restata a Copenaghen, ed ei seppe che v’esercitava il mestiere di lavandaja, colla maggior distinzione possibile. La passione di viaggiare l’abbandonò affatto. Il fedele Cacambo lo sosteneva co’ suoi consigli e colla sua amicizia. Candido non mormorò contro la Provvidenza. — Io so che la felicità non è il retaggio dell’uomo, diceva egli qualche volta: la felicità non risiede che nel buon paese d’Eldorado, ma è impossibile d’andarvi.