Cala Farina/Al Sig. Pietro Fanfani
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AL SIG. PIETRO FANFANI
Ornatissimo signore
Credo di non poter dedicare ad altri meglio che alla S. V. il mio povero racconto di Cala Farina.
Se esso è opera, per quel che a me pare, affatto priva di merito, non resta d’essere un fiore a bello studio raccolto per offrirsi a colui, cui gl’Italiani son debitori di tanta gratitudine.
Non è in tutto e per tutto trovato della mia fantasia; ma corre per le bocche della gente di bassa mano.
Sentir parlare ancora di Maniace dopo otto secoli, e cogli aneddoti che vi ha aggiunti la fervida imaginazione del popolo Siciliano, mi parve bellissimo argomento da ricordare un tratto di storia patria.
L’ho anche scritto per mio esercizio; ed ho avuto occasione di ammirare quanta somiglianza ci ha tra il dialetto siciliano e il toscano. Non sarebbe stata fatica buttata il tradurre alcuni modi toscani di cui mi son servito, appunto per dimostrare questa parentela, come la chiama il mio compatriotta Prof. V. Di Giovanni; ma me no sono astenuto per ora.
Ardisco offerirlo alla S. V., uno degl’illustri cultori della pura favella, per dimostrare la grande affezione che lo studio della lingua a lei mi lega.
Spero che lo vorrà accettare, e benignamente compatire, per servirmi d’incitamenio al nobile studio, cui porto grandissimo affetto
Rosolini, Gennajo 1873.
Dev. ed um servo |