Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/LXXVIII

LXXVIII. Allor che ’l regno d’Etiopia sente

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RICCIO BARBIERE1 A MESSER GIOVANNI BOCCACCI.


S’io avesse più lingue che Carmente2
     Non ebbe o fosse Apollo in me inchiuso3,
     Sarebbe el sole nell’orion4 rinchiuso
     Più d’una volta, del nostro oriente5,
     Che6 io potesse dire enteramente5
     Vostra magnificenza e moderno uso:

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     Ond’io però di ciò7 a voi mi scuso
     A guisa ch’al maestro fa et discente8.
Ma più del dubbio à presso lo ’ntelletto,
     Il qual9 di vera luce più m’affosca,10
     Che non fa la nebbia verde lama10.
     Se uom può più amar che non conosca
     E se conoscer può più che non ama,
     Come da voi per altra volta è detto11,
Da voi siami chiarito con effetto.15


LXXVIII.

RISPOSTA A RICCIO BARBIERE.


Allor che ’l regno d’Etiopia sente
     Il rodopeo cristallo12 esser deluso,
     E de’ sui ogni serpe leva el muso13,
     Surge a’ mortali un nobile ascendente,

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     Del quale fe’ la Sidonia14 dolente5
     Pruova, al parlar, che sai, alto e diffuso15;
     Non Pompeo Magno, Iuba o il nobil Druso
     Viddero el ciel mai oprare altrimente16.
Però, se ben ti recherai al petto17,
     Con quale ago vedrai punga la mosca10
     Di ciò che ’l tuo disio sì caldo brama18.

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     Vedrai anchora che lla gente tosca19
     Risponder sappia quand’altri la chiama,
     E pperFonte/commento: editio maior rampogna rendere un sonetto:
Ben ch’arte non sia a tte qual l’intelletto20.15


Note

  1. Non sappiamo nulla di questo poetastro, oscuro precursore del Burchiello nell’arte di trattare insieme la rima ed il rasoio; e non sono meno sconosciute l’occasione e la data della tenzone.
  2. È il nome latino della madre di Evandro, la quale vaticinava in versi. Vergilio ricorda ‘tremenda Carmentis nymphae monita’ (Aen., VIII, 335 e sg.).
  3. «S’io fossi più eloquente di Carmenta e se Apollo m’inspirasse.»
  4. È probabilmente uno sproposito di Riccio, che forse voleva dire orizon. Il Boccacci, versato in astronomia, rilevò pronto l’equivoco del povero barbiere, accennando ad Orione, nella risposta, come ad una costellazione (cfr. la n. 3 a p. 115).
  5. Intendo: «il sole sarebbe rinchiuso più d’una volta nell’orizzonte del nostro cielo», ossia: «passerebbero più giorni.»
  6. «Prima che.»
  7. «Di questa mia incapacità.»
  8. «Lo scolare.»
  9. Dubbio.
  10. «Che non ottenebri la nebbia una verde pianura.» Il verso è difettivo d’una sillaba: non oso emendare, incerto se l’errore sia del copista o proprio di Riccio.
  11. Dove? Non ò saputo rinvenire in alcuna delle opere boccaccesche il passo in cui è contenuto il concetto intorno al quale Riccio vuol essere chiarito.
  12. Il ghiaccio. Il ‘nivosus semper Rhodopes’ è ricordato dal Boccacci nel proemio al libro I della Genealogia deorum.
  13. Intendo: «Allorché il regno d’Etiopia sente che il ghiaccio (cfr. la n. precedente) è sciolto (deluso) e ogni suo serpe è più vivace ed attivo.» La menzione dei serpenti etiopici è anche in Dante (Inf., XXIV, 85-90). Ma che stagione è designata con la peregrina e veramente preziosa perifrasi? Come si ricava dall’allusione dei vv. 4-6, dovrebb’essere l’estate: cfr. qui oltre, n. 2 alla p. seguente.
  14. Didone, spesso chiamata ‘Sidonia Dido’ anche da Vergilio (Aen., I, 446, 613; IX, 266; XI, 74).
  15. «Stando al racconto (parlar) alto e diffuso, che tu conosci»: quello vergiliano, ove Ilioneo, esponendo a Didone le vicende sue e dei compagni, ricorda che ‘assurgens fluctu nimbosus Orion’ (I, 535) li spinse a naufragare sulle coste puniche. Dice il Boccacci che la regina cartaginese fece dolente pruova del nobile ascendente, perché sotto quella costellazione ebbe principio il funesto amore di lei per Enea; alla storia del quale amore anche in un altro modo è legato il nome d’Orione, leggendosi sempre in Vergilio che Anna consigliò Didone di trattenere l’amato ‘Dum pelago desaevit hiems et aquosus Orion’ (IV, 52). I commentatori del poema latino spiegano che nel tempo in cui Enea fu spinto dal procelloso Orione sul lito africano era l’estate (cfr. anche Aen., I, 756), perché quella costellazione sorge di giugno.
  16. Pompeo è ricordato per le sue conquiste in Asia, Druso seniore per quelle nell’Europa settentrionale; Iuba è il noto re africano. Sono così indicati i tre continenti del mondo antico. Per comprendere il valore generale delle quartine del sonetto, bisogna pensare che Riccio barbiere, nella sua ignoranza, avesse confuso orion con orizon (cfr. n. 5 a p. 113); il Boccacci ironicamente gli metterebbe sott’occhio l’equivoco, venendo press’a poco a dirgli così: «Orione è una costellazione che sorge d’estate, e tu, che conosci l’Eneide, dovresti ricordare che fu essa appunto a presiedere allo sventurato amore di Didone; né il cielo si è mai comportato diversamente di così.»
  17. «Se ben rifletterai.»
  18. «Vedrai come punga la risposta che desideri da me». Riccio voleva sapere come si può amare più che non si conosca e conoscere più che non si ama: gli è mostrato con lo stesso esempio del suo errore che, in fatto di dottrina, può esser vera almeno la prima di queste due proposizioni.
  19. Di qui si cava che il malcapitato corrispondente del Boccacci non era toscano.
  20. «Benché tu abbia più intelletto che dottrina (arte).»