Caccia e Rime (Boccaccio)/Rime/CII

CII. Dante, se tu nell’amorosa spera

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CII.


Dante, se tu nell’amorosa spera1,
     Com’io credo, dimori riguardando
     La bella Bice, la qual già cantando
     Altra volta ti trasse là dov’era2:
     Se per cambiar fallace vita a vera5
     Amor non se n’oblia3, io ti domando
     Per lei, di gratia, ciò che, contemplando4,
     A far ti fia assai cosa leggiera.
Io so che, infra l’altre anime liete
     Del terzo ciel, la mia Fiammetta vede10
     L’affanno mio dopo la sua partita:
     Pregala, se ’l gustar dolce di Lethe
     Non la m’à tolta5, in luogo di merzede6Fonte/commento: editio maior
     A sé m’impetri tosto la salita.


Note

  1. Nel terzo cielo, ch’è quello di Venere (cfr. v. 10). Questo sonetto ‘è inspirato dal son. del Petrarca a Sennuccio del Bene, Sennuccio mio, ben che doglioso e solo’ (Zingarelli): ma è assai più affettuoso del modello e forse, a mio parere, lo vince. Un’altra, e più immediata, derivazione dal petrarchesco vedremo nel son. CXXVI.
  2. In paradiso. Il gerundio cantando sta in apposizione al complemento oggetto del verbo principale (ti trasse). L’allusione al poema sacro è evidente.
  3. «Se gli affetti non si estinguono quando si lascia la terra per il cielo.»
  4. «Nella tua contemplazione:» ‘non essendo necessario il parlare in Paradiso, dove tutte le anime si intendono guardandosi’ (Zingarelli).
  5. È, in altra forma, la ripetizione del concetto dei vv. 5-6. Il gustar di Lethe dà l’oblio, ed è ricordo dantesco (Purg., XXVIII, 127 e sgg.).
  6. Degli affanni sopportati nell’amore di lei.