Caccia e Rime (Boccaccio)/La caccia di Diana/Canto XIV

Canto XIV.

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Canto XIV.


Salvossi questa alquanto in alto loco,
     Sonando un corno, racogliendo i cani,
     Ch’erano avanti, qual molto e qual poco.
Impingendoli al toro con le mani: —
     Ciuffa! — gridava — piglial, buon Pezzuolo,5
     Piglial, Dragone, e piglial, Graffiacani! — .
E poi ch’adesso1 l’abbaiante stuolo
     Gli ebbe drizzato, quale per la coscia,
     Chi per l’orecchie li porgeva duolo;
Et e’ da tutti la mortale angoscia10
     Cacciava a suo potere, or coll’un corno
     Ferendo l’uno et or coll’altro poscia;
E simile co’ calci a sé d’intorno
     Non ne lasciava nullo aprossimare,
     Sì passò prima gran parte del giorno.15
Tanzella non facea se non gridare,
     E spesso in fallo saette gittava,
     Non potendoli mai colpo donare.
Tuccella Serisal, che quindi andava,
     Un dardo le prestò, e quella allora20
     Con tutta la sua forza li gittava.

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Nel mezzo de’ duo corni un poco fora
     Li colse con tal forza, che si fisse,
     E quivi si morì sanza dimora.
Trasseli quella il core e poscia disse: — 25
     Tuccella, andiamo ove ti piace omai,
     Ch’io me n’andrei contenta s’i’ morisse — .
Disse Tuccella: — certo ragion ài,
     Sì facta pugna ài vinta — ; e preser via
     Al traverso del monte, e giro assai30
Pria che trovasser bestia, tuttavia
     Mirando ogni cespuglio; e, sì andando,
     Caterina Carafa in compagnia
Preser con loro, e givan ragionando
     Del lor cacciare e de’ loro accidenti,35
     Una parola poi l’altra tirando.
Ma, con le punte agute in sé battenti,
     Videro a lloro un istrice vicino,
     Che ruppe loro i lor ragionamenti;
E, fermatasi quivi nel camino,40
     Tuccella aperse l’arco e lui ferio,
     E di quel colpo si morì il tapino.
Caterina Carafa allor seguio
     Con li suo’ cani un caprio, che fuggiva
     Quanto potea al monte con disio;45
Ma lli can di Covella, che reddiva
     Al pian2, trovaro quello, onde fu morto
     Da Caterina, che forte il seguiva.
Prendeva al piano mirabil diporto
     Catrina Sighinolfi sopra il lito50
     Del fiumicello, il cui correre è corto.

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Ell’avea funi nel fondo pulito
     Del fiume poste con lacci ravvolte,
     Per un’idra pigliar da llei sentito;
La quale3, dando per lo fiume volte,55
     Incappò in quella, onde costei ridendo
     La tirò suso, e risersene molte
Con lei insieme, lo ’ngegno vedendo.


Note

  1. Le stampe ad esso. Preferisco, per evitare la ridondanza, conservare uniti i due elementi ed intendere l’avverbio nel noto significato arcaico di «subito, tosto.»
  2. L’Embriaca (pel nome si veda qui addietro, p. 36, n. 2).
  3. Caterina.