Breve schizzo dei sistemi di filosofia moderna e del proprio sistema/Critica dei sistemi precedenti

Critica dei sistemi precedenti

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I sistemi della filosofia moderna - Giovanni Amedeo Fichte La filosofia proposta dal Rosmini


L’osservazione che fece lo scozzese Reid al sensismo del Locke, del Condillac, del Berkeley e dell’Hume, era giusta perché appoggiata sopra una più completa osservazione dei fenomeni dello spirito umano. Infatti se l’uomo non avesse che la facoltà di sentire, egli sentirebbe, ma non penserebbe. Il pensiero va al di là della sensazione, perché si pensano anche le cose che non cadono sotto i sensi, si pensa la sostanza, la causa, gli spiriti. Dunque gli oggetti del pensare umano non sono le semplici sensazioni, ma quello che è più difficile a bene intendersi, quantunque evidente, si è che il modo con cui si pensano le sensazioni è diverso da quello con cui si sentono. E nel vero il pensiero afferma la sensazione in se stessa, e però l’afferma tanto se ella è presente quanto se ella è passata o futura. Io, a ragion d’esempio, penserò al grato odore della rosa fiutata ieri : la sensazione non è più presente, ma il pensiero è presente. Dunque non è la stessa cosa la sensazione e il pensiero della sensazione. Lo stesso si dica d’una sensazione futura: io vo ripensando alle grate sensazioni di cui godrò domani alla caccia o in un pranzo: le sensazioni non esistono ancora, e il pensiero già esiste. Dunque l’essenza del pensiero è diversa da quella della sensazione. Quando la cosa sia così, devo conchiudere che anche là dove sia a me presente tanto la sensazione quanto il pensiero della medesima, queste due cose tuttavia differiscono fra di loro e l’una è altresì indipendente dall’altra. E quante sensazioni non prova l’uomo senza che le pensi? specialmente se le sensazioni non sono molto vive, o sono abituali e molteplici come quelle che ha l’uomo in ogni momento della sua esistenza. Esse passano inosservate: la mente, massime se è distratta e occupata in altro, non da loro alcuna riflessione. Quindi non è punto incomprensibile che vi abbiano degli esseri puramente sensitivi, e degli altri che uniscono alle sensazioni il pensiero. I primi sono gli animali bruti, e i secondi gli uomini. Questo basta perché il principio fondamentale del Locke e della sua scuola sia pienamente distrutto: egli ha confuso la sensazione col pensiero, e ha preteso di parlare di questo, mentre tutto ciò che diceva non si poteva applicare che a quella.


Ma se il Reid è riuscito facilmente a confutare il sensismo, egli andò poi ad urtare in uno scoglio. Perocché nello stesso tempo che conobbe il bisogno di fondare una filosofia del pensiero e di porgere una spiegazione singolare di questo fenomeno, che non poteva in modo alcuno spiegarsi ricorrendo ai sensi, egli si appigliò al partito di dichiararlo un istinto d’indole particolare e sua propria, del quale è dotata l’umana natura. In questa maniera egli non conobbe del pensiero che la parte soggettiva e dimenticò la parte oggettiva. Quindi non arrivò a conoscere la vera natura del pensiero medesimo . Perché il pensiero sta appunto in questo, che vi ha un oggetto presente al soggetto, il quale oggetto tuttavolta non si confonde mai col soggetto stesso, anzi da questo di continuo si distingue; e in questo distinguersi di continuo e necessariamente consiste il pensare, di modo che, qualora potesse l’oggetto confondersi col soggetto, il pensare sarebbe incontanente perduto.


Di questo errore del Reid approfittò il Kant per rivocare di nuovo in dubbio non solo l’esistenza de’ corpi, ma tutti affatto gli oggetti della cognizione umana, dicendo che tutti questi oggetti non sono altro che produzioni del soggetto venienti da un istinto irresistibile connaturale all’uomo, come abbiamo detto di sopra; di che procedette l’idealismo trascendentale del Fichte, che non è che il compimento logico del sistema del Kant. Ora, per conoscere questo errore profondo, e fecondissimo d’altri errori, e finalmente del panteismo germanico, egli è d’uopo così argomentare: io so di non essere gli oggetti del mio pensiero; io so che gli oggetti del mio pensiero non sono io; per esempio, io so di non essere il pane che mangio, il sole che vedo, la persona con cui converso. Questo mi è evidente, perché io sono così noto a me stesso, che se non mi fossi noto non sarei io. Dunque nessuna cosa può essere me senza che io lo sappia. Ma io non so che il pane, il sole, la persona con cui parlo siano me stesso; dunque so che non sono me.


Non può rispondere il Kant che io m’inganno, che le altre cose potrebbero essere me stesso senza che io sapessi, appunto perché se io non lo sapessi non sarebbero più io; giacché l’Io contiene la coscienza di se stesso. Senza questa coscienza di se stesso l’Io non sarebbe Io, ma sarebbe un’altra cosa. Dunque gli oggetti che stanno dinanzi al pensiero sono distinti essenzialmente dall’Io. Ne pure esser possono modificazioni dell’Io per la stessa ragione che le modificazioni dell’Io esistono come tali nella coscienza che costituisce la natura stessa dell’Io. Qualunque cosa adunque sieno gli oggetti del pensiero, il che poi rimarrà a cercarsi, rimane indubitato che essi non sono ne l’Io, ne la sua modificazione.


Gl’idealisti fanno qui questa istanza: Quale è il ponte di comunicazione fra l’Io e i suoi oggetti? può dunque l’Io uscire da se stesso ed arrivare ad una cosa fuor di sé?


Alla quale istanza si risponde così: La vostra dimanda sia pure difficile quanto si vuole, fosse anche una questione insolubile, può ella distruggere l’asserzione del fatto che abbiamo prima certificato? La logica vuole che quando noi abbiamo una verità di fatto, benché non sapessimo spiegarla, non dobbiamo tuttavia abbandonarla. L’unica conseguenza che ne dovremmo cavare sarebbe la necessità di confessare la nostra ignoranza. Questo tuttavia non è il caso nostro.


Anzi, riflettendo si scorge che l’istanza nasce da una ontologia materiale, applicando essi allo spirito quello che appartiene soltanto ai corpi. Una legge dei corpi è l’impenetrabilità per la quale un corpo non può stare nel luogo dell’altro. Ma chi ci ha detto che questa legge valga per tutti gli esseri anche incorporei? chi ci ha detto che valga per gli spiriti? Niente ripugna che per gli spiriti valga una legge opposta, anzi è consentaneo alla loro diversa natura. E come noi possiamo giudicare di questa natura? Noi certamente con argomentare per analogia dei corpi, ma coll’osservare e considerare gli spiriti in se stessi. Ora, osservando e considerando quale sia il nostro spirito intelligente, quali le sue passioni ed azioni, noi veniamo appunto a scoprire ch’egli obbedisce ad una legge tutta diversa dall’accennata dei corpi, e che lungi da potersi chiamare impenetrabile, egli tiene questa natura, che gli oggetti del pensiero possono essere in lui senza confondersi con lui stesso, rimanendo da lui pienamente distinti e diversi. La stessa parola oggetto usata dal senso comune degli uomini addita questo fatto colla sua etimologia, perché ha il valore di contrapposto (obiectum). Non essendovi alcuna assurdità in supporre che la cosa sia così, conviene ammettere il risultato dell’osservazione. Non vi è dunque bisogno di un ponte di comunicazione fra lo spirito e le cose, perocché quelle possono trovarsi immediatamente in questo, secondo quel modo spirituale che dicesi cognizione.


Che anzi una somigliante riflessione può farsi altresì stando all’ordine sensibile. In quest’ordine l’anima si definisce il principio sensitivo. Ora il principio sensitivo nella sua origine ha un termine il quale dicesi sentito. Al termine sentito non conviene propriamente la denominazione di oggetto (parola da riservarsi all’ordine intellettivo), ma tuttavia si avvera che il sentito dimori nel principio senziente e che non possa essere fuori di lui. Si avvera nello stesso tempo che il sentito non sia il senziente. Ora sotto la denominazione di sentito si abbracciano tutte le cose sensibili. Di qui procedono due conseguenze: la prima, che le cose sensibili non si possono in alcun modo confondere col principio che le sente, il che appieno confuta l’idealismo del Berkeley; la seconda che non a torto disse il Galluppi che il senso afferma le cose stesse immediatamente, e immediatamente le percepisce senza bisogno di alcun ponte di comunicazione.


Il sistema, adunque del Kant e quello del Fichte si fonda sopra il difetto di una compiuta osservazione della natura, pel quale difetto questi filosofi hanno confuso insieme le cose più opposte: il soggetto con l’oggetto, il principio col termine; le quali se confonder si potessero, non esisterebbe più né il pensiero, né la sensazione.