Francesco Baracca

Indice:Baracca._La_carriera,_le_battaglie,_le_vittorie_del_grande_aviatore_raccontate_nelle_lettere_alla_madre.djvu Baracca. La carriera, le battaglie, le vittorie del grande aviatore raccontate nelle lettere alla madre Intestazione 24 gennaio 2021 25% Da definire

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BARACCA

Edizione: il Secolo Illustrato [p. 3 modifica]Pagina:Baracca. La carriera, le battaglie, le vittorie del grande aviatore raccontate nelle lettere alla madre.djvu/3 [p. 4 modifica][Fig.] IL MAGGIORE FRANCESCO BARACCA [p. 5 modifica]

G
entiluomo e soldato, sempre primo nell’azione, animo eletto ed aperto alle più belle virtù, esempio agli inferiori, ai colleghi, ai superiori, amato ed ammirato da tutti, Francesco Baracca.

Pilota perfetto, calmo, audace e valorosissimo, pilota alla «prima» squadriglia da caccia in Italia: rimanere pilota soltanto era stato sempre suo più grande desiderio ed orgoglio.

Modesto quanto coraggioso non amava gli onori del Comando che a suo giudizio non potevano che rallentare la sua instancabile attività nell’azione costante, operosa, diuturna. Volare e combattere era lo scopo della sua vita: lo vedevamo nel suo impeccabile abbigliamento di guerra quando nei periodi di calma delle azioni terrestri rivolgeva il suo studio alle abitudini degli avversari partendo spesso in volo prima che fosse spuntato il giorno; lo sentivano inferiori e colleghi nella cura scrupolosa con la quale egli amava emanare gli ordini di combattimento alle pattuglie che dovevano seguirlo nel cielo; ben lo sapevano i suoi superiori che di averlo più che esecutore, coadiutore andavano orgogliosi, di averlo compagno in azione erano fieri.

Le sue ore libere erano normalmente dedicate al suo apparecchio per affinare con ogni cura ed in ogni particolare l’ordigno che lo rendeva padrone del cielo. Nel suo sguardo era sempre una sicurezza calma, una volontà inflessibile.

Io non ho conosciuto uomini simili a Lui.

Non vi erano transazioni possibili là dove era un dovere da compiere e la sua coscienza non ammetteva che un solo modo di compierlo: dando tutto sè stesso.

Sempre disposto a credere al bene perchè incapace del male, [p. 6 modifica]emanava sempre dall’opera sua un senso così perfetto e completo della responsabilità individuale che chi lo aveva per capo non poteva non agire secondo î principi più retti ed onesti di uomo e di soldato.

E gli era sempre tra1 suoi, capo di quel manipolo di eroi che coll’esempio sopratutto contribuirono a sviluppare nell’aviazione da caccia in Italia il culto del dovere, del sacrificio, della rettitudine.

Lo scopo raggiunto lo rendeva felice e soltanto allora egli non disdegnava mostrare la sua soddisfazione.

lo lo ricordo e lo vedo al ritorno delle sue gesta.

Gli occhi splendenti, lo sguardo raggiante, la parola facile e calda, egli era allora veramente l’espressione tangibile della «Vitoria».

***

Nessuno di quanti ti hanno conosciuto potrà dimenticarti, Francesco Baracca, nessuno di noi potrà trovare chi colmerà nell’animo nostro il vuoto che tu lasciasti; a te ricorrerà sempre il nostro pen siero, in te avremo esempio, da te incitamento, în te guida. Possa tn in noi vegliare ai grandi destini della Patria, possa la Patria per la. sua grandezza avere numerosi? seguaci della tua volontà e della sua coscienza.

Tenente Colonnello

Pier Ruggero Piccio.


[Fig.] [p. 7 modifica]

I.

IL SOLDATO


E
seguisco il pietoso e onorificocompito chiesto e sollecitato, per È una pòstuma e non vana nè immeritata glorificazione di quegli che fu il più popolare, ammirato e nominato nostro aviatore della Grande Guerra, ai genitori suoi piangenti ed esterrefatti nell’immensità del loro strazio, nelle afose opprimenti giornate di fine giugno 1918 quando in Lugo di Romagna — attorno al feretro contenente la salma di Baracca ritrovata sul terreno tormentato del Montello e nel luogo natio trasportata per eccezionale concessione sovrana — parvero radunati tutti gli spiriti delle madri che pur al lutto pei figli caduti e offerti in purissimo olocausto per la salvezza della Patria unirono il patetico conforto di esultanza per la vittoria conquistata — a prezzo di quel sangue e di quelle 1 I ardi del Grappa e sulle rive del Piave.

Nell’accingermi a compiere questo incarico sarà doveroso accennare, anche fuggevolmente, ma purchè resti, a due considerazioni che, a vero dire, si fondono in una, questa: che, pur a guerra vittoriosamente finita, si crede utile ed opportuno per non pochi motivi la pubblicazione di queste «lettere» non tanto perchè ‘esse furono scritte dall’insuperato campione della nostra gloriosa Aviazione e la cui fama aleggiò sui campi al fronte, nelle scuole di tutti gli aquilotti, fu impressa su tutti i giornali e le riviste, sfolgoreggiò nelle cocenti acclamazioni delle folle, sibbene per quanto in esse v’è di rivelatore e di istruttivo nei riguardi di un Baracca forse sconosciuto ai più, ma non per questo meno nobile meno grande dell’«asso degli assi»: Baracca soldato, Baracca votato cresciuto rafforzatosi illustratosi nell’Esercito, Esercito amato negli anni torpidi e inquinati della pace e [p. 8 modifica]del parlamentarismo, Esercito alla cui forza e alla cui tradizione — pur fiorenti fra l’indifferenza della Nazione cullantesi nei be’ sogni di pace — l’Italia deve la salvezza e la recente definitiva vittoria sulle innaturali potenze dell’oscurantismo e della violenza.

Un grande debito di riconoscenza e di ammirazione il Paese deve a questo «ufficiale di carriera» incarnazione di quanti suoi colleghi hanno formato i quadri e le ossature a cui si innestarono e su cui fiorirono rigogliosamente — per tanto esempio! — le imperiture generazioni di subalterni improvvisati, a questa figura «centrale» dell’Arma aerea che ha tanto preziosamente cooperato al raggiungimento di quelle condizioni e di quelle situazioni auspicanti e facilitanti la definitiva imposizione sulle forze terrestri del nemico.

Lettere rivelatrici

Mentre le sottoscrizioni e i plebisciti nazionali stanno traducendo in atto i propositi e i progetti ideati e studiati da quanti lo conobbero lo amarono lo protessero, ne andarono orgogliosi come amici commilitoni soldati concittadini congiunti ammiratori sconosciuti e lontani, per eternarne la memoria e l’effige o il gesto nel bronzo o nel marmo per quanto fu mirabile e fiero combattente o nella scuola o nella fondazione caritatevole per quanto ebbe l’animo nobilmente volto allo studio e al lenimento delle strettezze dei poveri di Lugo, possano queste «lettere» — tolte con mano tremante dallo ‘scrigno ove la materna amorevolezza gelosamente e piamente conserva coi ritratti di fanciullo, i quaderni di scuola e qualche trofeo di guerra, tutto ciò che di materiale le rimane del bello e giovine figlio — possano giovare queste «lettere» alla Madre per illuminare di uno splendore più vero più duraturo più giusto più umano questo combattente caduto in un vespero vittorioso sul campo di battaglia e che fu e dovrà restare slorioso non soltanto per quanto potè apparire alle folle mercè il numero dei nemici abbattuti e schiacciati al suolo, ma puranco per le sue meno pubbliche e risapute virtù di soldato e di italiano, devoto e cosciente del suo dovere fino al sacrificio di tutti i giorni e anche nell’ora fatale in cui gli si ingiunse di andare a morire, paziente e tenace nel lavoro propiziatore e preparatore della vittoria, «imbevuto della guerra» — siccome scriveva nella sua ultima lettera del 5 giugno 1918 quando alle insistenze materne di concedersi qualche giorno di riposo da trascorrere nell’avita casa di Lugo che pe’ suoi corridoi lo aveva visto bambino galoppare e folleggiare su un cavalluccio di legno, rispondeva: «non posso, sono imbevuto della guerra, non vivo che pel mio dovere». [p. 9 modifica]are BARACCA nta mera era pr A ot RA

ESPRESSIONE DOLCE E SERIA EBBE SEMPRE IL VISO DI BARACCA, A TUTTE LE ETA’: BIMBO A SETTE ANNI, CONVITTORE NEL COLLEGIO DEGLI SCOLOPI A FIRENZE, GIOVANETTO AMANTE DELLA MUSICA, ALLIEVO UFFICIALE A _MODENA A 19 ANNI. [p. 10 modifica]rrutitcoet--srito— riia rt <Z£ZCTCE6EFzEETZAWnyryz=..BANRNAVCATETS Troppe parole di commento, lunghe chiose, amplificazioni delle frasi, dei concetti, dei pensieri espressi nelle lettere in questo vo= lume raccolte e scritte a sera, nell’intima tranquillità dei campi di slancio silenti ed oscuri nelle vaste pianure, a tergo dei fronti in agguato, forse nuocerebbero alla semplicità sincera e impareggiabile con cui ci appare e ci si presenta «a nudo» l’anima di questo. soldato: e perciò sarò breve e conciso. Sconosciute virtù di soldate

Intanto la confessione de’ suoi sentimenti, dai giorni lontani in cui imparava a batter le ali sul pacifico campo-scuola di Reims alle ore della neutralità, quando si commuoveva a veder le turbe del po polo milanese cantare gli inni della riscossa e della liberazione; dai giorni di cruccio impaziente al campo di perfezionamento di Le Bourget e poi di Pordenone nei quali soffriva di non poter esser più presso alla guerra che già avvampava sulle Alpi ed oltre Isonzo; nelle vane fazioni di guardia obbligata nel cielo di Udine dal quale non poteva allontanarsi per andare alla ricerca del nemico; nella esplosione di gioia che seguì alla sua prima vittoria del 7 aprile 1916 con la quale non soltanto toglieva all’Austria un aeroplano ma questo regalava intatto e completo alla nostra flotta sì da far spontaneamente ricordare la affermazione del Cid: «Mes parcils à deua fois ne se font porml connattre El pour leurs coups d’essai, ils veulent des coups de maîtres...»; nelle patetiche considerazioni di pietà allo spettacolo dell’atroce morte per fuoco degli aviatori nemici colpiti dalla sua infallibile mitragliatrice, nella espressa ambascia per gli ingiusti rovesci dell’ottobre fatale alla quale egli volle e seppe reagire con una intensificazione mirabile di spirito di combattività, di sacrificio e di eroismo — tutto dice e rivela alla aspettazione ed alla ammirazione nazionale di questo fulmine di guerra che non per inopportuno amore di argomento bensì per comprovata. documentata accettata naturale ammissione e constatazione di fatti e di sentimenti potrebbesi elevare a simbolo ed a personificazione delle più elette e pure virtù di soldato e di combattente. Soldato lo era, e tutto d’un pezzo, di quella disciplina latina che dovrebbe servire d’esempio a tanti italiani per essere degni di godere 1 frutti della pace conquistata col sangue altrui. Tutta la vita di guarnigione di Baracca — prima allievo della scuola di Modena, poi a Roma al reggimento, indi aviatore a Torino e a Milano — lo conferma con le deposizioni di superiori e di colleghi. Era un innamorato-nato della vita militare. A dieci anni trascorreva mattinate e pomeriggi a introfularsi fa [p. 11 modifica] — — - BARACCA 6

migliarmente coi soldati e gli ufficiali di cavalleria che ogni estate andavano e sostavano a Lugo per le grandi manovre; prima e dopo «giuocava a fare il soldato» con le bimbe cugine e, naturalmente, il capo era lui, armato di grande sciabola e dell’elmo stesso che in — proporzioni maggiori — doveva a vent’anni ricoprirgli e incorniciargli il maschio volto: l’elmo dei dragoni del Reggimento Piemonte Cavalleria. I Convittore in un collegio di Scolopi presso Firenze, poscia — come detto — allievo a Modena e a Pinerolo, sottotenente a Roma, s’immedesimò nella profonda coscienza del suo dovere di militare e non se ne distaccò più. Esempio di disciplina e di sacrificio Per lui il militare era un uomo, un cuore, un corpo di puro sacrificio: la forza a servizio della volontà manifestata dalla Patria. Ed ogni soldato rappresentante ed esecutore di questa volontà. Perciò nelle sue varie mansioni di ufficiale subalterno prima, e di maggiore e comandante poi, mantenne sempre questo principio di. sacrificio. Il grado gli pareva soltanto un segno di maggiori doveri e di dovere d’esempio. Non lo diceva, ma nell’intimo considerava ogni soldato suo uguale. Disciplina per tutti — e per se stesso. | Episodi se ne potrebbero raccontare a decine. Basta uno. Era a fine aprile dell’anno scorso, a Poggio Renatico, nel Ferrarese a compiere — credo — un’ispezione a quel centro formazione squadriglie da caccia. Si avvicinò all’automobile per risalirvi e ritor= nare alla squadriglia, che lo aspettava là presso il Sile. Quando ebbe posato un piede sul predellino ristette, e come aveva confidenza col meccanico — un bravo sergente Carini, di Piacenza, che poi per tre. giorni e per tre notti doveva vagare come un pazzo sulle strade battute del Montello alla affannosa ricerca del suo maggiore e amico — così, a voce bassa, con tono dolce di rimpianto, disse: — Lugo è così vicino. Vorrei tanto vedere mia Mamma. Pensa che son tre mesi che non l’abbraccio! Il meccanico stava fermo, con le mani al volante, pronto a ricevere gli ordini per avviare la macchina verso nora — al campo, oppure

verso sud — alla dolce casa dove una madre aspettava. E guardò il maggiore. o Baracca scosse il capo. Gli sarebbe stato facile compiere una velocissima diversione a Lugo. Aveva tempo, autorità e salvacondotti. Ma gli mancava qualcosa: il sapere sottrarsi alla disciplina e al dovere. E ritornò al fronte. [p. 12 modifica]

BARACCA. = Là si stava per combattere, si combatteva forse ed il suo posto era nella squadriglia, nella profuga squadriglia di Campoformido, nella gloriosa squadriglia dai cento aeroplani abbattuti. Era ancora l’animo immutato del sottotenente di Piemonte Reale che nel 1911, da Rieti dove lo teneva relegato ‘un servizio di distaccamento, al veder passare i soldati della Brigata Alpi avviati per la Libia scriveva alla madre il grido rivelatore: — Ah, fossi anch’io fantaccino! Ecco la prima lettera di questa raccolta: Rieti, 4 ottobre IQIT. Mentre scrivo piove a dirotto e questo tempo continua da vari giorni: puoi perciò immaginare la vita tediosa che si conduce în questo baese. Di giorno non si esce a cavallo perchè il cielo è sempre imbronciato; poco vi è da fare allo squadrone perchè siamo in cinque ufficiali; nè possiamo per alcuna ragione allontanarci da Rieti. Passiamo le ore libere al caffè leggendo i giornali di Roma dalla prima parola all’ultima ed unico nostro sollievo sono le belle notizie che giungono da tutta Italia. In questi giorni di entusiasmo sembra veramente di rinascere ad una vita nuova pel nostro Paese. Anche noi abbiamo mandato dieci soldati per la spedizione: mi Irovavo l’altra sera alla stazione mentre passava un treno con 200 soldati che partivano per Tripoli: non ti so descrivere le grida e l’entustasmo di quei bravi ragazzi; mi sarei subito vestito da umile fantaccino per poter partire con loro. Speravo che il nostro reggimento fosse chiamato a Tripoli, ma la speranza è svanita perchè proprio oggi abbiamo saputo che partiranno 1 «Lancieri Firenze» che sono a Roma: noi purtroppo resteremo aui e non potremo far parte della bella spedizione. 11 dispiacerà forse che io desideri di andare in Africa, ma capirai che niente di più degno vi può essere per noi che prender parte a questo avvemmento che resterà nella Storia. La sva sete di azione

In successive lettere ritorna il motivo del cruccio per non poter partecipare alla guerra. [toma, 5 novembre T9LI. Non ho passato mai belle giornate come queste a Roma: arrivat; 1:: il 1° novembre e spero restarvi ancora qualche giorno. La Capitale è [p. 13 modifica] [p. 14 modifica]12 AIN ELA RISE EPSO LI ti atfollatissima di forestieri: vi è un movimento insolito e st direbbe che la guerra abbia messo il fuoco addosso a tutti. E° impressionante l’entusiasmo che regna per Tripoli: dimostrazioni continuamente; appena si sa che truppe partono per la 1nipolitania, fiumane di popolo, di gente d’ogni condizione, invadono la stazione e 1 soldati partono felici e commossi fra applausi e grida assordanti di «Viva Tripoli! Viva l Italia!». Mi sono trovato varie volte alla partenza di truppe e ti assicuro che lo spettacolo è oltremodo commovente. Il mio amico Balbo Bertone tanto ha fatto, raccomandato «al Duca d’Aosta, che è riuscito a partire per Tripoli-come secondo ujjciale d’ordinanza del generale Frugoni. Partì venerdì e 10 andar a saIntarlo alla siazione: quanto l’invidiavo! Venerdì vidi pure larrivo alla stazione ed i funerali del Duca Grazioli Lante, ufficiale di Marina, caduto ad Homs: il feretro avvollo nel tricolore fu:portato sul carro che si avviò a Campo Verano fra una folla imponente, riverente e commossa. Tante e tante cose avrei da raccontarti, cara mamma, ma credo che tu leggerai sempre i giornali e ti terrai al corrente di tutto ciò che succede. i leri fut invitato a Tor di Quinto dai tenenti istruttori; passa tutto il giorno alla scuola, montai diversi cavalli e dopo colazione facemmo un bel percorso nella campagna romana sorpassando ostacoli non 1ndifferenti. Da qualche discorso sentito dagli istruttori e dal capitano Ricci direttore del Corpo e dal colonnello Pandolfi mi è parso di poter sperare per l’anno venturo di essere chiamato a Pinerolo come allievo= istruttore, ciò che è stato sempre il mio sogno. Ma occorreranno racco. mandazioni e che quest’anno mi tenga în vista nei concorsi ippici e trovi buoni cavalli da montare, cosa non molto facile. A Sacile non mi sono annoiato: la chiamata delle reclute è stata der me interessante. In due giorni ne arrivarono più di quattronula, perciò puoi immaginare il chiasso, i canti e le sbornie: era un vero diverlimento a vedetli; eravamo a prender le reclute una ventina di ufficiali, di tutte le armi. Partimmo da Sacile con un treno militare che ne borlava 1500: per tutto il viaggio abbiamo avuto dietro un concerto indimenticabile, che tu non potrai immaginare perchè non har mai visto un treno di reclute. Tutti quei veneti sono bravi ragazzi, robustissimi, allegri ma rispettosi, hanno un solo difetto: bevono troppo. La parola d’ordine era: «Viva Tripulì» come gridavano loro. Avrai letto dei due ufficiali di cavalleria caduti a Tripoli: onore per la nostra Arma. Abbiamo avuto notizie precise sulla loro morte er01CA. Quando una colonna di parecchie centinata di arabi avevano sor [p. 15 modifica]

= BARACCA

preso i nostri sulle trincee ed irrompevano oltre la linea di queste, dalla vicina caserma di cavalleria i soldati dei due squadroni si gettarono a piedi all’arma bianca contro gli arabi e per qualche tempo combatterono da soli. Così morirono î due ufficiali e molti cavalleggeri. Solaroli, che io conoscevo, bravo ufficiale, che montava assai bene a cavallo e che spesso montava anche nelle corse con ostacoli, pare abbia combattuto lontano dagli altri, e sia rimasto solo perchè fu trovato a terra crivellato da venti ferite di pugnale. Per ora pare non vogliano mandare a Tripoli altra cavalleria, perchè l’acqua è scarsa, mancano i foraggi e i nostri cavalli non sono adatti a quei terreni sabbiosi: questo a noi dis piace perchè vorremmo concorrere alla guerra come le altre Arna. Ma era destino che non quella «piccola guerra» dovesse fare, nei giorni in cui tutto pareva grande a una nazione appena uscita di minorità, dai passi impacciati e gli occhi imbambolati, forse inconscia della sua forza, ma una più vasta, più addentro d’ognuno di noi, Veramente nazionale, la «Grande Guerra», nella quale — non fante nè dragone — ma soldato combattente della nuova Arma del cielo egli doveva profondere i tesori del suo ingegno € del suo valore e diven. tarne l’Eroe, il simbolo, il portabandiera. [p. 16 modifica] — __ — — BARACCA i ‘VDDVUVaA VIA OidWIASI di FONA INI IG ‘vITDING ‘YFNÒS «°16 YITAG VAVSNAd — VWDILVON ‘ONIV:T150 AINVONYWOD YVIDOdA.TIYV — OZIOW OTIANNO109 ‘il AHI TANÒ [p. 17 modifica]IL.


E ROUILEETO- METTETE ARL


® uomo aveva messo il suo segno di conquista sul ciclo.. Dal pe- F: riodo del sogno e della speranza, dai primi timidi sbalzi di Dela- grange e di Farman, si era arrivati alla realizzazione della padro- nanza dell’aria e si andavano stabilendo e migliorando records che. rappresentavano e documentavano altrettanti passi verso la perfezione delle macchine e dei congegni destinati alla conquista del cielo.

L’uomo aveva anche fatto l’esperimento — il primo — di usare l'ala come arma e mezzo di guerra: nella guerra libica. Pei. primi nella storia avevano volato sul nemico, colpendolo e danneggiandolo nelle opere e negli individui, gli aviatori italiani della prima co- vata: Moizo, Piazza, Gavotti, £70s, Falchi, Rossi, Palma...

Si andavano intanto creando, presso i principali eserciti europei, formazioni organiche di aviazione, raggruppate in squadriglie, com- poste da piloti montati su apparecchi i più perfetti dell’epoca.

Anche l’Italia ufficiale volle, coi mezzi e con la fede che dispo: neva, imitare quanto si faceva con più intensa attività altrove, e cercò di aumentare il numero de’ suoi piloti militari.

Il sottotenente Baracca fu uno dei prescelti, (aveva infatti, il giovane romagnolo, fatto istanza di passare in aviazione fin dal gen- naio del 1912).


II primo volo: 4 maggio 1912


Partì con tre altri ufficiali — uno de’ quali doveva esso pure illu- i | i an p strarsi nella grande guerra, Bolognesi, dei bersaglieri, romagnolo di Forlì — alla volta della scuola francese d’aviazione di Reims, storica [p. 18 modifica]si 1

Iorio arr fr 5ZIRI TRIED TORCE RIA PARACCATZZA nella cronaca dell’aeronautica perchè in essa impararono a spiccare i primi voli tanti aviatori borghesi o militari, che in seguito dovevano conquistare fame ‘e guadagni nelle competizioni sportive prima della guerra o nei pericolosi esperimenti di aviazione bellica. E iniziò la sua carriera di aviatore, scrivendone alla mamma, con la stessa continuità e minuzia che dovremo più tardi ritrovare nei racconti delle sue battaglie e delle sue vittorie.. ftetms, 5 maggio I9I2. Da quando partii da Torino non ho avuto un momento di tregua: ora ritorno dall’aver fatto coi miei amici una gita in automobile ad E pernay, il centro dello champagne e vi torneremo presto a visitare le cantine che si estendono per 20 chilometri di lunghezza. Il viaggio fino a Reims è stato meraviglioso. parlimmo la sera da Milano per Chiasso ed arrivammo al mattino a Basilea e ci fermammo a visitare la città; non mi dilungo a descriverti le cose che mi hanno fatto più impressione perchè mi manca îl tempo: lo farò al mio ritorno a Lugo. Uno de’ miei colleghi fa ogni giorno belle fotografie che conserverò tutte: così riguardandole mi ricorderò dei luoghi che ho veduto e te ne rniparlerò a Lugo. Ci fermammo poi a Chaumont, una craziosa cittadina francese non molto lontana dalla frontiera prussiana. Ora ci troviamo a Reinîs dove certo resteremo diverse settimane. Reims è una bella città, assai grande, con molto movimento; abbiamo avuto dal console un’accoglienza simpaticissima e lo stesso da quegli ufficiali francesi ai quali stamo stati presentati e coi quali ci troviamo la sera al Kursaal. Reims è un centro militare importantissimo perchè non molto lontano dalla frontiera. Vi sono due reggimenti di cavalleria: dragoni e ussari. Mi trovo benissimo qua, e mauguro d’andarmene il più tardi possibile. Alloggio al Grande Hotel: la mia camera è in faccia all’antica cat. tedrale, del 7200, un gioiello d’architettura e di scultura. Non cesso di compiacermi con me stesso di essere riuscito a togliermi, almeno per qualche tempo, dalla vita monotona del reggimento per darmi a una vita più sportiva e più varia. Sono arrivato all’aviazione per modo di dire, senza nemmeno saperlo e senza neppure farmi molto raccomandare, ed ora m’accorgo d’aver avuto un’idea meravigliosa perchè l’aviazione ha progredito immensamente ed avrà un avvenire strepitoso. In Italia siamo ancora indietro dalla Francia di molto, ma presto ci porteremo avanti perchè si stanno già formando a Milano e a Genova e în molte altre città società fortissime per co» struzioni di aeroplani e per trovare il tipo di apparecchio costruito in [p. 19 modifica] Italia che risponda ai requisiti richiesti. dal M inistero della Guerra. La Francia ha già più di 400 ufficiali piloti aviatori; noi ne abbiamo appena 40, ma in compenso molti si preparano nelle scuole d’Italia a prendere il brevetto e molti altri 1n Inghilterra, in Francia e in Germania. Reims è un centro sportivo dei primi della Francia: continuamente vedi passare motociclette e automobili per terra, velivoli per aria: è uno dei primi centri di aviazione. Vi è un campo bdellissimo a 6 chilometri dalla città e due scuole: una militare e una borghese. Alla scuola militare vi sono più di 50 ufficiali francesi, e molti anche a quella borghese. Nel campo immenso vi sono più di 60 hangars con apparecchi di tipi diversi. A Mourmelon, a pochi chilometri da Reims, v’è un altro campo di aviazione: a Chélons un altro ancora. Si vola al mattino e alla sera quando non c’è vento: questo natural mente per gli allievi perchè i piloti volano con qualunque vento e con qualunque tempo. E° una cosa sorprendente volare e veder volare, ogni sera non vi sono mai per aria meno di dieci o dodici apparecchi che fanno ogni sorta di movimenti e rapide cvoluzioni. Qui a Reims volare è la cosa più naturale del mondo ed ho avuto per quesito un senso di sollievo perchè in Italia si considerano gli aviaton ancora come dei pazzi o almeno dei temerari. Certo però non bisogna arrischiare e fare cose troppo difficili, o volare quando vi è burrasca, perchè allora si vanno a cercare le disgrazie, come un cavaliere che avendo un cavallo giovane che non sa saltare lo butta coniro un muro d’un metro. E le disgrazie che si leggono sui giornali francesi non devono affatto impressionare perchè costà vi è un numero siragrande di aviatori militari e borghesi che volano tutto il giorno, con qualunque tempo: si vedono det piloti che montano su apparecchi di 70 cavalli, dalle ali cortissime, partono, dopo dieci minuti sono già a 1000 metri poi discendono e quando sono a 500 metri fanno iL volo plané a motore spento, dopo aver chiusa l’entrata della benzina: è sorprendente. Partono aviatori, vanno a fare una passeggiata a Mourmelon e ritornano; altri vanno a Chélons, alterrano, salutano gli amici e ritornano; ieri è arrivato Frey da Parigi: 150 km. in I ora e I2 manuli!... Noi quattro siamo stati mandati dal Governo a pilotare l «Hanrioth», uno degli ultimi apparecchi costruiti che ha delle bellissime qualità: ha già dato buone prove e forse se non gli mancherà la foriuna avrà un grande avvenire. E° sul tipo del «Nieuport», modificato in meglio: l’ingegnere della casa «Nieuport» è passato alla «Hanriot»; è un apparecchio più semplice e più facile degli altri. In Italia non è ancora conosciuto: noi siamo destinati a farlo conoscere e se tutto andrà bene, se l’apparecchio sarà di nostra soddisja [p. 20 modifica]ui — sii


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zione, il Governo ce ne ordinerà uno ciascuno di 70 cavalli — forse a due posti. Non ti parlo delle gentilezze ricevute da Hanriot padre e figlio: questi è simpaticissimo; ha 19 anni ed ha già preso in questi giorni il brevetto di 2° grado che consiste nel fare tre volte in campagna un percorso di 150 km. Sarà il nostro istruttore ed anche la nostra guida a Reims. Abbiamo avuto dagli ufficiali francesi un’accoglienza cordialissima e già dappertutto siamo additati: — Voilà les officiers. italiens aviateurs. Dimenticavo di dirti che siamo stati accompagnati a Reims, e si sono fermati con noi a Basilca ed a Chaumont, due ingegneri, uno di Tonino ed uno di Milano, rappresentanti di Hanriot in Italia che ora preparano le officine in Italia per costruire gli apparecchi che vera ranno presentati al concorso del 1913 indetto dal Ministero. 11 dicevo più avanti che è una cosa sorprendente volare, perchè seri ho fatto il mio primo volo come sasseggero. Montai su un «Hanriot» a due posti, io avanti, il pilota dietro. Appena il motore si mosse l’apparecchio parti per l’aria come una freccia; nel lasciare la terra non ho provato alcuna impressione tanto l’apparecchio dava segno di stabilità. Eravamo a 30-40 metri e si andava a 70-80 chilometri all’ora e mi pareva quasi che l’apparecchio fosse fermo: e questa infatti è l’impressione che si prova alle grandi altezze ed anche quando si marcia a più di 100 all’ora — dicono i piloti. Era un magnifico sogno ad occhi aperti vedermi scorrere di sotto gli alberi, le strade, la campagna; è una cosa piacevolissima guardar giù e mi sono assicurato di non soffrire affatto di capogiri. IL pilota mi aveva raccomandato di non muovermi molto ed io guardando avanti gli gridavo: — Plus haut! Plus haut! e infatti andammo presto a 100 metri e quando di nuovo fummo ritornati sull’acrodromo, con un bellissimo volo plané l’apparecchio ci posò dolcemente a terra. A Reims siamo giunti venerdì mattina e subito dopo mezzogiorno incominciammo a rullare, cioè a girare «per terra con un apparecchio pesante che non si alza. Ieri però la seconda volta che montavo so bra tirava un po° di vento e mi sollevò di due 0 tre metri, ma manovrai subito il timone di profondità e le ruote toccarono di nuovo terra. Ti scriverò poi dei miei primi voli da solo. Di apparecchi «Hanriot» ve ne sono ora di due tipi; uno con le ali più lunghe, a 50 cavalli che fu 720 all’ora ed uno ad ali più corte a 70 HP che fa i 135, è în coitruzione un terzo tipo a due posti. Ho già visitato le officine nelle quali studierò attentamente. Altra curiosità che forse non leggerai sui giornali italiani; ieri vicino a Parigi due piloti in acroplano hanno comunicato con apparecchio Marconi con una stazione radiotelegrafica a 35 chilometri di distanza e da 500 metri d’altezza. [p. 21 modifica]

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Vita d’allievo-aviatore a Reims. Reims, 22 giugno T9I2. Sarai un poco preoccupata dei miei voli. Ma sta tranquilla che fra poco mi vedrai a Lugo non solo cavaliere ma anche aviatore. Abbiamo avuto giorni di bel tempo finalmente e si è fatto molto, tanto che sono già vicino al brevetto e nella settimana entrante se il tempo sarà buono passerò senza dubbio le tre prove. Ho già fatto dei piccoli voli in campagna di 10-I 5 minuti a 40 o so metri d’altezza e mi sono sentito l’apparecchio molto sicuro ed alla mano: ho planato da 50 metri senza motore, alla perfezione, pro: vando una soddisfazione grandissima. IL capitano Moizo che è rimasto qualche giorno con noi per darci consigli ed insegnamenti aveva proposto di farci ritornare in Italia der prendere il brevetto sul Bleriot, ma il colonnello Montezemolo ha risposto negativamente; così resteremo quà e dopo il brevetto proveremo l’Hanriot 35 HP e quindi il 50 HP; se il tempo sarà favorevole contiamo rimanere a Reims an‘ora venti o più giorni; se avremo tempo contrario tutto luglio. Il governo non ha ancora ordinato gli apparecchi per noi e torneremo in Italia senza di esst, nè so dove poi andremo. Sì aspettava dallHanriot una bella prova al Circuito dellAnjou, ma non ha avuto «chance» perchè un pilota non s’è sentito di partire ed un altro ha dovuto atterrare dopo 130 km. per una «panne» di motore ed ha planato su un isolotto della Loire rompendo le ali all’apparecchio. Avrai ricevuto da Angers le mie cartoline: vi ho passato due bellissime giornate, assai interessanti per l’aviazione. L’aerodromo era a pochi chilometri dalla città, vi erano bellissime tribune preparate sontuosamente, una fila interminabile di hangars per gli apparecchi, una folla immensa arrivata da ovunque. Mi trovai col capitano Moizo e con altri italiani. La prima giornata fu emozionante: un tempo orribile e un vento da inferno che arrivava a raffiche da tutte le direzioni; partire in acroplano sembrava davvero andare alla morte e con tutto ciò sei piloti presero la via dell’aria coi loro leggeri ed agili apparecchi fra la meraviglia e l’ammirazione del pubblico, e nessun incidente avvenne. S1 sono vedute cose meravigliose ed inaspettate; mentre gli uccelli cercavano un rifugio per la tempesta, gli aero plani l’affrontavano. Due riuscirono a compiere i tre giri interi; l’ultimo giro fu fatto da Garros, il vincitore, con vento e pioggia incessanti. Ricevo continuamente due o tre volte alla settimana notizie dei miei cavalli dall’attendente. Anche qua non ho dimenticato i cavalli perchè spesso monto con gli ufficiali dei dragoni e li seguo quando 1 reggimenti fanno qualche manovra attorno a Reims. Pochi sono 1 [p. 22 modifica]— ____rrereec:tr-:.ie.kktEtE-:T-— 7tt1_=e=-"====-:.BARACCA == 20 — — — — — __e— ____nl_st.1.— — — — — — — È"k— — @=— — — — — Éts.s

giorni in cui possiamo volare mattina e sera perchè qua c’è sempre vento. Quando il tempo è buono conduciamo una vita CUTTOSISSIMA; alle 4,30 s’incomincia a volare e si continua sino alle 6,30, cioè fino a quando il sole comincia a produrre calore provocando correnti d’aria ascendenti e discendenti; allora si ritorna subito all’albergo e si dorme fino a mezzogiorno. Ci ritroviamo poi a colazione, al caffè, ed alle 6 del pomeriggio si ritorna all’aviazione e si vola fino alle 7,30: dico si vola, ma effettivamente non si monta sull’apparecchio che una volta o due per dieci minuti nei quali però si percorrono per aria 15.0 20 chilometri perchè in acroplano non si può moderare la velocità c st va sempre al massimo. Passiamo poi la sera al Kursaal in allegra compagnia perchè gli aviatori devono essere sempre allegri e la vita per lorò deve essere facile e senza nessuna preoccupazione e piena di tutte le comodità come dicono i francesi. Avrai letto sui giornali dello scontro di due aeroplani: eppure in aria ce n’è dello spazio, ma siamo in tanti che voliamo! Invio a te ed a papà un bacio affettuoso; non preoccuparti pei miei voli perchè volo sempre con grande prudenza e con buoni appa recchi e quando non c’è vento. Reims, 29 giugno I9I2. ‘Aspettiamo in questi giorni ordini da Torino perchè in seguito all’ultima relazione fatta dal capitano Moizo da Angers abbiamo di nuovo il dubbio se resteremo o no a Reims a pilotare l’«Hannot»; può darsi che dopo il brevetto ci mandino a provare un altro apparecchio come il «Morane» 0 il «Duperdussin». Ho letto ieri sm giornali che l’«Hanriot» pilotato da Frey a Vienna ha vinto il pre-. mio di velocità. Abbiamo avuto una settimana di tempo ottimo per l’aviazione ed ho fatto più progressi in questa settimana che in tutti gli altri 50 giorni che abbiamo trascorso qui. Non solo ho volato a 50 metri, ma ho fatto dei voli prolungati di circa 300 metri senza allontanarmi molto dall’aerodromo, in ore in cui non vi era vento, ed avendo sempre sotto di me campi adatti per atterrare in caso di panne di motore: ho già provato a scendere da tale altezza arrestando il motore e senza servirmene affatto riuscendovi con grandissima facilità. Queste sono già prove superiori al brevetto e non necessarie pel brevetto che avrei già potuto passare da diversi giorni; ma tanto io come i miei due co!leghi tenente Oddo Fileti e Buzzi, entrambi di cavalleria che volano già bene, ci siamo impegnati di aspettare il ritorno da Parigi dell’altro nostro collega il quale è in viaggio per ordine del Comando dell’aviazione. Egli ha diritto di prendere il brevetto prima di noi avendo già [p. 23 modifica] SI RIARACCI TC TIERTTITTO SECRET

fatto tre mesi di aviazione a Pordenone. Ho dimenticato finora di mandarvi 1 giornali francesi di sport che parlano sempre dei nostri volt: se me ne ricorderò ve li invierò. Con queste notizie, non credere che io voli senza la dovuta prudenza; al contrario, prima di montare sull’apparecchio io, i miei amici e 1 piloti ci assicuriamo sempre di tutto, filo per filo e se non mi sento l’apparecchio sicuro, bene equilibrato: e col motore funzionante perfettamente discendo subito. Lunedì se il tempo sarà buono passerò te prove del brevetto, quindi me n’andrò a Parigi per tre 0 quattro giorni. Non so se ritornando in Italia potrò avere licenze; sai che questo per la guerra è un momento critico e per noi aviatori specialmente per quali il Governo sostiene spese non indifferenti e che dobbiamo progredire nel volo con la maggior sollecitudine possibile. Non ti scrivo ora le mie impressioni dei voli perchè non ho tempo, ma sono deliziose. Le prime volte quando salivo ero un po’ preoccupato, ora non pit; si arriva a due o trecento metri con facilità straordinaria e quando si è a tale altezza non si ha più l’impressione della velocità, ma sembra che l’apparecchio sia fermo e si vede la lerra passare lentamente sotto e-si distinguono tutti i particolari del terreno con una nettezza straordinaria. Da lontano vedo sempre Reims con la sua cattedrale che domina la città e tutti i villaggi e le colline che sono net dintorni: l’orecchio continuamente attento al motore in modo da essere pronti ad inclinare l’apparecchio, qualunque guasto succeda. Quando il motore marcia bene, quando non c’è venio si sta tranquilli a. qualunque altezza godendosi i bei panorami, mantenendo l’aeroplano in equilibrio con una mano sola e guidando coi piedi per la direzione. | Reims, 10 luglio 1912. leri dopo mezzogiorno ritornato da Parigi mi sono recato subito all’acrodromo dove ho potuto felicemente passare, avanti sera, le tre prove di brevetto. Tulto è andato bene e così ora sono anche brevetlato «pilota aviatore». I miei compagni hanno anch’essi terminato questa sera. Ora aspettiamò ordini da Torino non sapendo se continueremo a far pratica sull’«Hanriot» 0 se andremo a pilotare qualche altro apparecchio o se torneremo în Italia. Ma si vede che a To-. nino hanno altro da pensare perchè nessuno si fa vio e nessuno ci scrive: per fortuna che si ricordano di mandarci ogni tanto mille lire a ciascuno. Cominciamo a fare una vita da «Padri Eterni»: mai niente da fare; ora non andiamo più al mattino all’aerodromo ma soltanto la sera e là restiamo due o tre ore e vediamo volare e provare sempre nuovi apparecchi e ce la passiamo în compagnia di amici, di signore e E [p. 24 modifica]Pagina:Baracca. La carriera, le battaglie, le vittorie del grande aviatore raccontate nelle lettere alla madre.djvu/24 [p. 25 modifica]Pagina:Baracca. 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