Azioni egregie operate in guerra/1645

1645

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1645.

D
Ava molta apprensione a Cesare l’assedio di Bruna, piazza forte nelle viscere della Moravia, intrapreso dal Tosterdon con gran calore. Alla custodia di quella Città stava il Conte Lodovico Susa Francese di nascita, ed allora Calvinista con buon presidio. Non risparmiò egli veruna diligenza, attenzione, e sforzo di bravura, per sostenerla. Consumò sotto di essa molte schiere Svezzesi, ed anche Transilvane, spedite colà dal Ragozzi. Sortiva frequentemente a’ danni degli assedianti. Ributtò parecchi assalti furiosissimi. La difesa fu delle più belle, che si ammirarono in questo secolo. Essa guadagnò a lui gran gloria, e l’avanzamento alle maggiori dignità militari.

Giunse a Vienna il General Galasso, e consolò la Corte con buone novelle. Ragguagliò d’avere in Boemia tre mila Cavalli, soldatesca da fazione, e ben montata. Soggiunse, come il Generale Montecuccoli augumentava le truppe, che guardavano la Slesia. Queste notizie accrebbero l’animosità nello spirito di Cesare, colla fiducia d’impedire il corso a danni maggiori. Nella Zecca di Vienna fece convertire in moneta suppellettili antiche d’oro, e d’argento. Conferì poi il comando supremo degli eserciti all’Arciduca Leopoldo con ampia autorità. Il Galasso, ritornato in Boemia, si unì al Montecuccoli, che colà trasportò tre mila Soldati scelti, e ben all’ordine. Amendue s’avvicinarono a Bruna; dove il Montecuccoli tentò con istratagemma d’introdurvi soccorso, come gli riuscì felicemente al favore d’un Bosco. Nel giorno 27 Giugno mille Cavalli sotto i Colonnelli Bosue e Cappon sortirono dal Bosco, e investirono inaspettatamente i quartieri del Tosterdon, che accorrendo alla difesa di que’ ripari, lasciò il comodo a dugento Dragoni di penetrare nella piazza con sei mila lire di polvere portate in groppa. Il soccorso accrebbe vigore al presidio. Intanto la valorosa difesa del Susa diede il comodo al Galasso, di rimettere in buona ordinanza le squadre Cesaree, e di avvicinarle in maggior numero alla Città assediata.

Conoscendo il Tosterdon difficilissimo l’acquisto di quella piazza, sciolse l’assedio, e ritornò nella Boemia, per unirsi al Chinismarc. Il Galasso, insospettito che amendue i Generali nemici mirassero a Praga, vi spedì prestamente mille moschettieri con viveri, e munizioni.´ [p. 102 modifica]Collocò varj Colonnelli alla guardia de’ paesi più esposti, e delle Fortezze migliori con buon numero di Reggimenti. Questi provvedimenti furono regolati dal Galasso con attentissima sollecitudine, con indefessa provvidenza, e con istupenda ammirazione di tutti, che vedevano per opera di lui risorgere nuovamente la possanza Austriaca, non ostante l’ultima gran percossa patita.

Erano in quest’anno succedute poco lungi dal Danubio due battaglie tra’ Bavari, e Francesi uniti ai Vaimaresi. Così si dicevano quelle truppe, che prima avevano militato sotto il Duca Bernardo di Vaimar, e poi morto lui tiravano soldo dal Re di Francia, e guerreggiavano in di lui favore. Nel primo conflitto, che seguì a Mirgental, il Generale Francesco Mercì sorprese i Francesi, e i Vaimaresi, sparsi troppo alla larga, e dilatati in ampj quartieri. Disfece gli uni, e gli altri, e ne riportò gran preda di prigioni, e spoglie. Il Turena era Capo de’ Francesi. Non ostante la disgrazia cadutagli sopra, esso co’ rimasti praticò una ritirata, che riportò molta lode.

Il secondo fatto d’armi succedette a veduta di Norlingen, in cui lo stesso Mercì, per sentimento di tutti avrebbe riportata un’insigne vittoria, se avesse sopravvissuto; poiché l’aveva incamminata assai bene colla strage de’ Francesi, massime pedoni, tagliati a pezzi la massima parte. Ma essendosi lasciato rapire dall’ardore di menar le mani, era stato ucciso. Anche il Generale Gleen, che doveva succedergli nel comando, essendosi inoltrato sovverchiamente, era rimasto prigione. Onde Gio: di Vert terzo Generale la notte, in vece di sostener il campo, come poteva, erasi ricoverato a Donavert, lasciando indietro parte del Cannone. Questa ritirata aggiunse animo al Duca d’Anghien Generale Francese di quell’Armata, poi celebratissimo Principe di Condé, per progredire a nuovi acquisti, ed avvicinarsi alla Baviera. Quel Duca Elettore temendo, che gli Stati suoi fossero per esser invasi da’ Nemici, chiese all’Imperatore accrescimento di soldatesca, protestandosi, che altrimenti si sarebbe separato dai di lui interessi. Cesare, benché si trovasse in circostanze peggiori ne’ paesi patrimoniali; pure per non perdere il Confederato, spedì l’Arciduca Leopoldo, e il General Galasso con alcuni mila Cavalli di rinforzo che accorsero con somma celerità, e segretezza, s’incorporarono co’ Bavari, e si spinsero addosso a’ Francesi, e a’ Vaimaresi. Erano questi comandati dal Marescial di Gramont, e dal Visconte di Turena. Colti all’improvviso, ed impotenti a resistere1, furono costretti a camminare per molte giornate in tutta fretta verso il Reno. Il Galasso, e Gio: di Vert alla testa della Cavalleria più spedita erano loro alle spalle, e a’ fianchi. Gli obbligarono a lasciar addietro bagagli, Cannoni, ed attrezzi militari. Fecero perder loro molta gente, o prigioniera, o disertata. Se questi voller passar [p. 103 modifica]passar il Necher, dovettero tragittarlo a nuoto con in groppa un Fante per cavallo. I Francesi non furono in sicuro; finchè dopo una corsa di ottanta, e più miglia non arrivarono sotto il Cannone di Filisburg. Quivi accampati tra le paludi, sparse su quelle vicinanze, si resero inaccessibili. Allora l’Arciduca, e il Galasso si rivolsero, a ricuperare le piazze, tenute da’ Nemici. S’impadronirono di Vimpsen, Marghental, Dunchelsping. Lo stesso fecero di Norlinga, e di tutti i luoghi forti del Necher sino al Danubio; con che le perdite, fatte in avanti, furono ricuperate da’ Cesarei. I Bavaresi ottennero pingui Quartieri, ne’ quali ebbero agio di ristorarsi, ed arricchirsi per tutta la vernata. L’Arciduca passò ad abboccarsi coll’Elettor di Baviera in Monaco. Gli promise ogni assistenza per la difesa de’ di lui Stati. L’assicurò, che a primo tempo sarebbe venuto a congiungersi colle truppe Bavare, conducendo seco il nervo maggiore de’ proprj Soldati.

Il Galasso si rese glorioso anche questa Campagna, per aver resi inutili i maggiori attentati degli Svezzesi contra la Moravia, e la Boemia, respinti i Francesi, e i Vaimaresi sul Reno, tolte loro tante piazze, ristabiliti gli eserciti Austriaci, e ricondotti gli affari di Cesare in positura, da promettersene fortune sempre migliori in avvenire. Defaticato, e mal concio per molti incomodi sofferti, richiese da Sua Maestà nuovo congedo, per attendere alla quiete nella patria di Trento. Addusse le proprie indisposizioni, le quali andavano crescendo, e a lui difficoltavano, il poter operare con quella attività indefessa di corpo, che ricerca indispensabilmente il comando d’un’Armata. Si contentò Cesare, che non uscisse in Campagna; ma per niun modo volle permettere, che s’allontanasse dalla Corte. Contra sua volontà dovette trattenersi per assistere al Consiglio di Stato, e di guerra. Noi vedremo da qui a poco, ricadere gl’interessi di Cesare in iscabrose contingenze; perlochè il Galasso fu pressato di bel nuovo, a ripigliare il governo dell’Armata Imperiale. Questo Cavaliere fu degno di gran lode; poichè fu sempre pronto a deporre il comando, quando la prudenza dettava a lui di rinunciarlo. Ma non mai fece il restio, o il pretendente, quando le istanze dell’Augusto Signore lo chiamavano a riassumerlo. Non mostrò senso nel rimanerne privo. Nè vantò giubilo, quando tutti i Consiglieri di Corte, ed anco i meno affetti a lui, confessarono la necessità di richiamarlo, e di confidargli di bel nuovo gli eserciti Austriaci. Tutti dovettero convenire, che la di lui prudenza, ed egregie doti politiche, e militari erano state sempre il riparo degli altrui falli, la salvezza delle Armate Imperiali, e la riputazione delle armi Cesaree.

  1. Riccius de Bellis Germanicis pag. 707.