Azioni egregie operate in guerra/1644
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1644.
Poco dopo scrisse allo stesso, che gli conducesse le milizie dell’Asfeld, delle quali aveva assunto il comando; poichè il Chinismarc passata l’Elba, gli veniva alle spalle. Ma altre urgenze, e gli ordini dell’Imperatore divertirono quelle schiere, e portarono al Montecuccoli l’ordine, di riunirsi Egli solo al Galasso. Questi aveva ristretto il Tosterdon in gravi angustie con alle spalle il mare, custodito dalla flotta Danese, al fianco le truppe del medesimo Re, e a fronte ampie paludi, attraverso le quali non v’era, che una sola lingua di terra ingombrata dall’Esercito Austriaco. A passi cotanto scabrosi condotto il Tosterdon seppe l’accorto, e industrioso Generale, sottrarsene con savissima industria, e sagacissimo ritrovamento. Comandò, che si vendesse, o si abbruciasse il bagaglio. Ordinò l’apprestamento di fascine in copia grandissima. Impiegò sè medesimo, e perfino la moglie, e tutto l’Esercito, per infervorare ciascuno coll’esempio al lavoro, con cui riempì certa porzione di palude, e la rese capace di sostenere il peso del tragitto della propria armata. Di notte, camminando tacitamente sulla nuova strada, lastricata di fascine, si sviluppò dall’ultime disavventure di rimanervi o prigione, o consunto dalla fame. Il Galasso, risaputa l’evasione degli Svezzesi, spinse senza ritardo grosse partite, alle quali riuscì di riportare quantità di prigioni. Il Tosterdon, uscito dall’Olsazia, si fermò nel Ducato di Mechelburg, ove ritrovò abbondanza, con cui presto rimise le sue genti. Il Galasso venne sul fiume Albi coll’Esercito. Per alcuni giorni rinfrescò le Milizie nel paese di Bransuic2. Indi fece alto a Berneburg, per ristorare le milizie incomodate per avanti da scarsezza di viveri. Ragguagliò subito l’Imperatore dello stato di quell’armata, diminuita notabilmente da fughe, e da’ patimenti. Rappresentò il bisogno di munizioni da bocca, e da guerra. Ricevette per risposta, che non avventurasse a conflitto. Fortificasse i quartieri con lavori di terra, ed invigilasse con piena attenzione alle mosse nemiche. Replicò il Galasso, che le truppe abbisognavano di vestiti, d’armi e almeno d’una paga; altrimenti protestava il pericolo d’un universale ammutinamento. Spedì il Conte di Brovay con grossa truppa di Cavalleria, che postosi in imboscata, disfece alcuni reggimenti Svezzesi con la prigionia de’ principali Uffiziali.
Ciò non ostante il Tosterdon assai più possente in ottima Cavalleria, che arrivava a dieci mila, s’accostò dentro il tiro del Cannone al Campo Imperiale, e cominciò a batterlo colle artiglierie. Per tre giorni scagliò dentro que’ ripari una tempesta furiosissima di palle infocate, per abbruciare i foraggi, benchè senza frutto. Pativano amendue le armate, ma peggio assai l’Austriaca, che si vedeva ormai circondata dalle armi Svezzesi, le quali, con la fabbrica d’alcuni ponti su due fiumi Albi, e Sala scorrendo la campagna, impedivano il trasporto de’ viveri, e il foraggio alle genti Cesaree. Il Galasso, impotente a più durarla colà, macchinò uno stratagemma per sottrarsene, e condurre le Soldatesche in Magdeburg. Fece uscire fuori un corpo di Cavalleria, e di Dragoni, con voce d’andare in cerca di viveri, ma con istruzione al Comandante che proseguisse il viaggio verso la Boemia. Il Tosterdon avvisatone, spedì la maggior parte della sua Cavalleria in traccia di coloro, per disfarli. La notte seguente il Galasso uscì da Berneburg, e felicemente introdusse le sue genti in Magdeburg. In quest’affare l’Imperatore aveva ordinato al Conte d’Asfeld di congiungere un corpo d’armati, ed unirlo a’ Sassoni, per recar sollievo al Galasso. Questi avvertito, che l’Asfeld era arrivato ad Egra, stimò bene di sgravarsi di tre mila Cavalli, e spingerli verso l’Asfeld, dove troverebbono abbondanza di viveri. Confidò la faccenda a’ Generali Montecuccoli, Brovay, Echenfurt e Bossampier, della saggia, e valorosa condotta de’ quali molto si prometteva. Questi s’incontrarono nel Tosterdon. Pugnarono con tanto impeto, ed arditezza, che si aprirono i passi liberi verso la Boemia, e rientrarono salvi, alla riserva dell’Echenfort, il quale rimase mase prigione per essersi allontanato troppo col suo Squadrone dagli altri. Dopo questo fatto il Tosterdon, accresciuto dalle soldatesche Assiane al numero di tre mila cavalli, e due mila Fanti, soldatesca tutta veterana, divise l’esercito in tre corpi. Assegnò il primo al Chinismarc, perchè continuasse il blocco di Magdeburg, impedisse l’ingresso in quella piazza a qualsisia vettovaglia colla mira d’obbligare il Galasso, a rimettere nelle sue mani quella piazza. Il secondo al General Vittemberg con incarico di campeggiare, ed accorrere, ove fosse chiamato. Col terzo più forte s’incamminò in attenzione di penetrare nelle viscere de’ paesi Austriaci. Ma perchè abbisognava di denaro, chiese alla Corte di Parigi, che gli fosse anticipato il pagamento di cento mila Talleri, soliti a contribuirsi nella vernata, i quali gli furono spediti prontamente. L’Imperatore, premuroso di ritirare il Galasso colle Truppe, rimaste al medesimo, dalle angustie di Magdeburg, indirizzò il General Montecuccoli all’Elettor di Baviera, per chiedergli soccorso di gente da accrescere il proprio esercito, destinato ad introdurre viveri nella Città assediata. Eseguite queste istanze doveva il Conte passare uffizj consimili al Duca di Lorena, per disporlo a condursi egli pure in Boemia all’effetto medesimo, giacchè il Generale Svezzese nella vernata più orrida proseguiva a star in campagna, e ad occupare varj luoghi nella Misnia, e Voitlandia. Duravano in tanto le angustie del Galasso in Magdeburg. Ma questo Generale, quantunque infermo, rinvenne il modo di far uscire dalla piazza il maggior nervo delle proprie soldatesche. La stagione erasi fatta più clemente, e cominciavano a disciogliersi i ghiacci del fiume Albi, dalla di cui violenza furono fracassati i ponti eretti dagli Svezzesi, per tenerlo ivi rinserrato.
Seppe il Galasso prevalersi di questa favorevole congiuntura, per indirizzare, e metter in sicuro le genti sane in Vittemberg, Città amica dell’Elettor Sassone. Consistevano questi in due mila Fanti, trecento Cavalli, cinquecento smontati con dodici Cannoni, e il bagaglio. Diede a’ loro Uffiziali istruzioni saggie, colle quali governarsi. Marciarono questi in buona ordinanza, e pervennero senza il menomo danno nella Città disegnata; ove riposando per alcuni giorni trascorsero più oltre in Boemia, e si congiunsero al Generale Asfeld. Era pur anche ritornato alla Corte il Montecuccoli, con aver concluse felicemente le sue incombenze, ed ottenuta dal Bavaro promessa, di spedir in Boemia tre mila Cavalli, e due mila Fanti3. Non si dimenticò di sè medesimo il Galasso. Quantunque aggravato dal male, indirizzò a Cesare una prolissa Scrittura, colla quale giustificava le azioni della passata Campagna con ragioni sode, e chiaramente concludenti, in modo che appagarono l’animo di Cesare, e de’ più accreditati Ministri. Rimesso poi in sanità, venne a Praga, ove allora dimorava l’Imperatore, da cui fu accolto con dimostrazioni d’ottima volontà. Non andò lungo tempo, che in quella gran Città vi fu bisogno sommo della di lui assistenza, e buon consiglio.
L’esercito Cesareo era rimasto sotto il governo del General Asfeld, che rapito da estro guerriero, s’impegnò poco lungi da Tabor a Jaconitz, in mezzo a’ Paesi Cesarei col Tosterdon ad una sanguinosa battaglia. Ritrovavasi in essa Gio: di Vert General Bavaro, e Uffiziale di fortuna, che a forza di azioni arditissime era salito a quella dignità. Qui ancora maneggiandosi cogl’impeti medesimi aveva incamminato un buon principio di vittoria. Ma poi non accordandosi coll’Asfeld s’impegnò contra i di lui ordini tanto avanti, che precipitò la faccenda. Lo stesso praticò il General Getz, che vi perdette la vita, e colla sua morte lasciò in confusione quelle schiere, alle quali comandava. Alcuni reggimenti Cesarei, persuadendosi d’aver vinto, si diedero a bottinare il bagaglio degli Svezzesi con molto disordine. Il Tosterdon, avvedutosi d’esser giunta l’opportunità di sbaragliare gl’Imperiali, fatte uscire da un bosco alquante truppe, collocate in aguato, con esse, e col Cannone appuntato in siti ottimi combattette sì a proposito, che fracassò più reggimenti dell’Asfeld, e mise in fuga quegli che s’erano dati a predare. La scena voltò faccia. Gli amici si rovesciarono sopra gli amici. Il disordine crebbe tant’oltre, che fuggirono tutti. L’Asfeld, rimasto con pochi, si diede prigioniero con altri Generali, ed alcuni mila soldati, che presero poi partito sotto le insegne del Vincitore.
Una somma costernazione abbattette gli Stati ereditarj, e la Corte medesima di Cesare, che sopra veloci cavalli s’absentò da Praga. Alla custodia di quella Capitale lasciò il Galasso, e il Coloredo, che armarono subito sette mila Borghesi, li disposero in guardia della mura con bell’ordine militare, e gl’infervorarono a sostenere la sovranità dell’Augusto Monarca. Il Galasso giorno, e notte a cavallo scorreva su i terrapieni. Visitava i posti, provvedeva a’ bisogni. Raccomandava agli Uffiziali il vegliare a’ loro posti. Poco dopo il Galasso assunse il comando generale delle soldatesche, che si armavano frettolosamente in tutti i Paesi Austriaci. Da nuovi ordini di Cesare fu sollecitato, ad accelerare le mosse, e spingere le truppe raccolte verso Vienna, a cui erasi avvicinato il vittorioso Tosterdon, e batteva Crembs, Città a poche leghe dall’Imperiale residenza sul Danubio. Espugnata questa, crebbero i spaventi, e il prezzo de’ viveri in tutta l’Austria. L’Imperatore, mandati i figli, e i capitali più preziosi a Gratz, risolvette di fermarsi alla difesa della sua Capitale, sempre più angustiata dalle Armi Svedesi, che con mille, e seicento cavalli si erano avanzati a’ ponti di Vienna, e occupato avevano il forte, che sta in capo all’ultimo ponte. Quivi fortificatisi meditavano di passar il Danubio, ed entrare nell’Austria inferiore. Giunse opportuno ad incoraggire quegli abitanti, benchè ferito, il Generale Conte Tommio Pompei Veronese con due mila cavalli, rimastigli dopo la passata battaglia. Con questi, ed altre truppe l’Arciduca Leopoldo ricuperò il Forte in faccia a Vienna, ed aperse libera la comunicazione del fiume. Non potette riavere Crembs; perchè i nemici v’avevano aggiunte nuove fortificazioni, e perchè conveniva ostare al Ragozzi, che dalla parte dell’Ungheria minacciava quella frontiera.