Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Capitolo XXIX

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XXIX.

Avvenimenti politici.

Fratanto nel Congresso tenutosi in Firenze fra i Ministri francesi e i Ministri pontificii non si concluse la pace, perchè la Francia esigeva articoli inconciliabili col dogma e con la disciplina della Chiesa, e il Papa ricusandoli con petto forte sostenne degnamente le parti di Vicario di Dio. Questa fortezza però che fu sommamente lodevole nella sua rappresentanza spirituale, fu compatibile e quasi buffa nella sua qualità di sovrano temporale, poichè non potendo aver pace si determinò di fare la guerra alla Francia senza armi, senza fortezze, senza provvigioni, [p. 52 modifica]senza soldati, e senza il tempo di preparare la lotta fra due milioni e mezzo di sudditi pontificii inermi, e tremanti, contro quaranta milioni di Francesi bellicosi e superbi per tante vittorie. Doveva restringersi fra il vestibolo e l’altare invocando e aspettando la misericordia divina, ma le armi non erano la parte sua. Nulladimeno si risolvè di difendersi, e si cominciarono i preparativi della guerra. Si reclutò un paio di reggimenti, si invitarono i sudditi ad arruolarsi volontariamente, e a soccorrere l’erario sovrano con offerte gratuite, e si proclamò che all’appressarsi degli inimici si suonasse per tutto campana all’armi, e il popolo levato in massa ammazzasse quanti Francesi poteva. Allora la leva in massa empiva la bocca e confortava il cuore di tutti, e in questo Stato arrugginito per lunga pace non si conosceva come la massa di un popolo tranquillo fugge o cade all’aspetto di un battaglione regolare. Si ebbe pure ricorso all’Imperatore, il quale abbastanza occupato per sè stesso accordò per tutto sussidio il general Colli, e un paio di capitani. Probabilmente non supponeva le cose nostre nello stato deplorabile in cui si trovavano, e in ogni modo gli giovava che gli inimici suoi venissero divertiti molto o poco. I Francesi ridevano di quegli ammanimenti e occupandosi nelle altre loro faccende riserbavano lo Stato del Papa per il fine del pranzo.