Libro terzo - Capitolo III
Ma venuto il dì e desinatosi e ciascuno alle sue dimore ritornato, presa la Reina quella compagnia di donne e di gentili uomini, che le parve dover pigliare, con le tre donne e co’ tre giovani n’andò nel giardino e, messasi ancor lei a sedere sopra la verde e dipinta erbetta all’ombra de gli allori, come l’altre, in su due bellissimi origlieri, che quivi posti dalle sue damigielle l’aspettavano, e ciascuno altro delle donne e de gli uomini secondo la loro qualità, chi più presso di lei e chi meno, rassettatisi, altro che il dire di Lavinello non s’attendeva: il quale, fatta riverenza alla Reina, incominciò: - Poscia che io intesi, Madonna, esser piacere di Vostra Maestà che io in presenza di voi ragionassi quello, che alla picciola nostra brigata di questi due dì avere a ragionare mi credea, stetti buona pezza sopra me, alla debolezza del mio ingegno e all’importanza delle cose propostemi e al convenevole di Vostra Altezza ripensando; e pareami avere mal fatto quando io, alle nostre donne e a’ miei compagni promettendo di dire, accettai questo peso. Perciò che, quantunque io allora estimassi come che sia poter per aventura sodisfare al loro disio, nondimento tosto che io mi pensai che le mie parole alle vostre orecchie doveano pervenire, e la imagine di voi mi posi innanzi, subitamente e le mie forze più brievi e la materia più ampia essere m’apparvono d’assai, che elle non m’erano per lo adietro parute. Per che io mi tenni essere a stretto partito infino a tanto che, all’infinita vostra naturale humanità rivolto il pensiero, da lei confortato ripresi animo, estimando di non dover potere errare ubidendovi, perciò che io d’ogni mio possibile fallo ne la conoscea vie maggiore. Oltre che poi, più altre parti d’intorno a questo fatto considerate, compresi che se la fortuna, avendo risguardo alla grandezza delle cose che dir si poteano, avea loro maggiore ascoltatrice e più alta giudice apparecchiata, ciò a me non dovea essere discaro, quando da voi e perdono, dove io errassi, e aiuto, dove io mancassi, venire abondevolmente mi potea e non altro. Senza che, se io risguardo più avanti, buona arra mi può esser questa di dovere ancora poter vincere la presente quistione da Gismondo propostaci, e da lui e da Perottino disputata, il vedere allo ascoltamento de’ miei amorosi ragionamenti datami la Reina di Cipri, la qual cosa non avenne de gli loro. Vagliami adunque il così preso di voi augurio, Madonna, in quella parte che io il prendo, e aspiri ora in ciò che io debbo dire il dolce raggio della vostra salutevole assidenza, nell’ampio favor della quale distendendo le sue ali il mio picciolo e pauroso ardire, con buona licenza di voi io incomincierò.