Asolani/Libro secondo/XVII

Libro secondo - Capitolo XVII

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Ora, perciò che da ritornare è là, onde ci dipartimmo, quinci comprender potete, donne, e quale sia l’errore di Perottino e dove egli l’ha preso. Perciò che dovendo egli mettersi per quella via dell’animo che ad Amor lo scorgesse nel favellare, egli, entrando per l’altro sentiero, alla contraria regione è pervenuto, per lo quale caminando, in quelle tante noie si venne incontrato, in quelle pene, in que’ giorni tristi, in quelle notti così dolorose, in quelli scorni, in quelle gelosie, in coloro che uccidono altrui e talora per aventura se stessi, in que’ Mezii, in que’ Tizii, in que’ Tantali, in quelli Isioni, tra’ quali ultimamente, quasi come se egli nell’acqua chiara guatato avesse, egli vide se stesso: ma non si riconobbe bene, ché altramente si sarebbe doluto e vie più vere lagrime arebbe mandate per gli occhi fuora che egli non fece. Perciò che credendo sé essere amante e innamorato, mentre egli pure nella sua forma s’incontra imaginando, egli è un solitario cervo divenuto, che poi, a guisa d’Atteone, i suoi pensieri medesimi, quasi suoi veltri, vanno sciaguratamente lacerando; i quali egli più tosto cerca di pascere che di fuggire, vago di terminare innanzi tempo la sua vita, poco mostrando di conoscer quanto sia meglio il vivere, comunque altri viva, che il morire, quasi come se esso oggimai sazio del mondo niuno altro frutto aspettasse più di cogliere per lo innanzi de gli anni suoi, i quali non hanno appena incominciato a mandar fuora i lor fiori. Che quantunque così smaghino la costui giovanezza, donne, e così guastino le lagrime, come voi vedete, non perciò venne egli prima di me nel mondo, il quale pure oltre a tanti anni non ho varcati, quanti sarebbero i giorni del minor mese, se egli di due ancora fosse minore che egli non è. E cotestui, come se egli al centinaio s’appressasse, a guisa de gl’infermi perduti, chiama sovente chi di queste contrade levandolo in altri paesi ne ’l rechi, forse avisandosi, per mutare aria, di risanare. O sciagurato Perottino, e veramente sciagurato poi che tu stesso ti vai la tua disaventura procacciando e, non contento della tua, cerchi di teco far miseri insiememente tutti gli uomini. Perciò che tutti gli uomini amano, e necessariamente ciascuno. Che se gli amanti sempre accompagnano quegli appetiti così trabocchevoli, quelle allegrezze così dolorose, quelle così triste forme di paura, quelle cotante angoscie che tu di’, senza fallo non solamente tutti gli uomini fai miseri, ma la miseria medesima costrigni ad essere per se stesso ciascun uomo. Taccio le pene di quelle maraviglie così fiere del tuo Idio, che tu ci raccontasti, le quali non che a.ffar la vita de gli uomini bastassero trista e cattiva, ma, di meno assai, gl’inferni tutti n’averebbono e tutti gli abissi di soverchio. O istolto, quanto sarebbe meglio por fine oggimai alla non profittevole maninconia, che ogni giorno andare meno giovevole ramarichio rincominciando; e alla tua salvezza dar riparo, mentre ella sostiene di riceverlo, che ostinatamente alla tua perdezza trovar via; e pensare che la natura non ti diè al mondo, perché tu stesso ti venissi cagion di tortene, che, tra queste lamentanze favolose vaneggiando e quasi al vento cozzando, dal vero sentimento e dalla tua salute medesima farti lontano.
Ma lasciamo oggimai da canto con le sue menzogne Perottino, il quale hieri dal molto dolor sospinto e molto d’Amor lamentandosi, alquanto più lunga m’ha oggi fatta tenere questa parte della risposta, che io voluto non arei. Né siamo noi così stolti, donne, che crediamo il dolore altro che da Amore non essere, che pure parte alcuna non ha con lui, o che pensiamo che amare non si possa senza amaro, il qual sapore per niente ne gli amorosi condimenti non può aver luogo. E poscia che l’arme di Perottino, le quali egli contro ad Amore con sì fellone animo impalmate s’avea, nell’altrui scudo, sì come quelle che di piombo erano, si sono rintuzzate agevolmente, veggiamo ora quali sono quelle che Amore porge a chiunque si mette in campo per lui; come che Perottino si credesse hieri che a me non rimanesse che pigliare. Quantunque io né tutte le mi creda poter prendere, ché di troppo mi terrei da più che io non sono, né, se io pure il potessi, mi basterebbe egli il dì tutto intero a ciò fare, non che questo poco d’ora meriggiana che m’è data. Tuttavia dove egli non fosse, dilettose giovani, che voi voleste che io alcun’altra cosa ancora ne sopraragionassi alle raccontate.