Asolani/Libro primo/XXIV

Libro primo - Capitolo XXIV

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Libro primo - Capitolo XXIV
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I più soavi e riposati giorni
Non ebbe uom mai né le più chiare notti,
Di quel c’ebb’io, né ’l più felice stato,
Alor ch’io incominciai l’amato stile
Ordir con altro pur che doglia e pianto,
Da prima entrando a l’amorosa vita.

Or è mutato il corso a la mia vita
E volto il gaio tempo, e i lieti giorni,
Che non sapean che cosa fosse un pianto,
In gravi, travagliate e fosche notti,
Col bel suggetto suo cangiâr lo stile
E con le mie venture ogni mio stato.

Lasso, non mi credea di sì alto stato
Giamai cader in così bassa vita
Né di sì piano in così duro stile.
Ma ’l sol non mena mai sì puri giorni,
Che non sian dietro poi tante atre notti:
Così vicino al riso è sempre il pianto.

Ben ebbi al riso mio vicino il pianto
E io non me ’l sapea, che ’n quello stato
Così cantando e ’n quelle dolci notti
Forse avrei posto fine a la mia vita,
Per non tardar al fel di questi giorni,
Che m’ha sì inacerbito e petto e stile.

Amor, tu che porgei dianzi a lo stile
Lieto argomento, or gl’insegni ira e pianto,
A che son giunti i miei graditi giorni?
Qual vento nel fiorir svelse ’l mio stato
E fe’ fortuna a la tranquilla vita
Entro li scogli a le più lunghe notti?

U’ son le prime mie vegghiate notti
Sì dolcemente? u’ ’l mio ridente stile
Che potea rallegrar ben mesta vita?
E chi sì tosto l’ha converso in pianto?
C’or foss’io morto alor, quando ’l mio stato
Tinse in oscuro i suoi candidi giorni.

Sparito è ’l sol de’ miei sereni giorni
E raddoppiata l’ombra a le mie notti,
Che lucean più che i dì d’ogni altro stato.
Cantai un tempo e ’n vago e lieto stile
Spiegai mie rime, e or le spiego in pianto,
C’ha fatto amara di sì dolce vita.

Così sapesse ogniun qual è mia vita
Da indi in qua, ch’e miei festosi giorni,
Chi sola il potea far, rivolse in pianto;
Che pago mi terrei di queste notti,
Senza colmar de’ miei danni lo stile;
Ma non ho tanto bene in questo stato.

Ché quella fera, ch’al mio verde stato
Diede di morso e quasi a la mia vita,
Or fugge al suon del mi’ angoscioso stile
Né mai, per rimembrarle i primi giorni
O raccontar de le presenti notti,
Volse a pietà del mio sì largo pianto.

Eco sola m’ascolta, e col mio pianto
Agguagliando ’l suo duro antico stato,
Meco si duol di sì penose notti;
E se ’l fin si prevede da la vita,
Ad una meta van questi e quei giorni,
E la mia nuda voce fia ’l mio stile.

Amanti, i’ ebbi già tra voi lo stile
Sì vago, ch’acquetava ogni altrui pianto:
Or me non queta un sol di questi giorni.
Così va chi ’n suo molto allegro stato
Non crede mai provar noiosa vita
Né pensa ’l dì de le future notti.

Ma chi vol si rallegri a le mie notti,
Com’ancho quella, che mi fa lo stile
Tornar a vile e ’n odio esser la vita,
Ch’io non spero giamai d’uscir di pianto.
Ella se ’l sa, che di sì lieto stato
Tosto mi pose in così tristi giorni.
Ite, giorni gioiosi e care notti,

Che ’l bel mio stato ha preso un altro stile,
Per pascer sol di pianto la mia vita.