Asolani/Libro primo/XVI
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Così avendo detto Perottino, fermatosi e poi a dire altro passar volendo, Gismondo con la mano in ver di lui aperta sostandolo, a madonna Berenice così disse: - Egli non v’attien, Madonna, quello che egli v’ha testé promesso di sporvi delle sue rime, potendol fare. Perciò che egli una canzone fe’ già che di questo miracolo medesimo racconta, vaga e gentile, e non la vi dice. Fate che egli la vi dica, che ella vi piacerà. - Il che udito, la donna subitamente disse: - Dunque ci manchi tu, Perottino, della tua promessa così tosto? O noi ti credavamo uom di fede. - E con tai parole e con altre scongiurandol tutte, non solamente a dir loro quella canzone della quale Gismondo ragionava, ma ancor dell’altre, se ad huopo venissero di quello che egli dir volea, il constrinsero, e fattolsi ripromettere più d’una volta, egli alla canzone venendo con voce compassionevole così disse:
Voi mi poneste in foco,
Per farmi anzi ’l mio dì, Donna, perire;
E perché questo mal vi parea poco,
Col pianto raddoppiaste il mio languire.
Or io vi vo’ ben dire:
Levate l’un martire,
Ché di due morti i’ non posso morire.
Però che da l’ardore
L’umor che ven de gli occhi mi difende,
E che ’l gran pianto non ditempre il core
Face la fiamma che l’asciuga e ’ncende.
Così quanto si prende
L’un mal, l’altro mi rende,
E giova quello stesso che m’offende.
Che se tanto a voi piace
Veder in polve questa carne ardita,
Che vostro e mio mal grado è sì vivace,
Perché darle giamai quel che l’aita?
Vostra voglia infinita
Sana la sua ferita,
Ond’io rimango in dolorosa vita.
E di voi non mi doglio,
Quanto d’Amor che questo vi comporte;
Anzi di me, ch’ancor non mi discioglio".
Ma che poss’io? con leggi inique e torte
Amor regge sua corte.
Chi vide mai tal sorte:
Tenersi in vita un uom con doppia morte?