Aridosia/Atto quinto/Scena ottava
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Lorenzino de' Medici - Aridosia (1536)
Atto quinto
Scena ottava
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Aridosio, Marcantonio, Erminio
- Aridosio
- Chi è?
- Marcantonio
- Apri Aridosio.
- Aridosio
- Che mi vieni a portar qualche cattiva novella?
- Marcantonio
- Non più cattive nuove, Aridosio, sta di buona voglia, che i tuoi due mila ducati son trovati.
- Aridosio
- Di’ tu che i miei denari son trovati?
- Marcantonio
- Questo dico.
- Aridosio
- Pur che io non sia uccellato come dianzi.
- Marcantonio
- E’ son qui presso, e di qui a poco gli avrai nelle mani.
- Aridosio
- Io non lo credo s’io non li vedo e non li tocco.
- Marcantonio
- Inunanzi che tu gli abbia, ci hai da prometter due cose: l’una di dar Cassandra tua figliuola a Cesare di Poggio, e l’altra di lasciar torre una moglie a Tiberio con sei mila ducati di dote.
- Aridosio
- Io non bado, non penso a nulla se non a’ miei denari; infin che io non gli veggio almanco, non so quello che vi diciate. Io vi dico bene, che se voi mi fate riavere i miei denari farò poi ciò che voi vorrete.
- Marcantonio
- E così prometti?
- Aridosio
- Così prometto.
- Marcantonio
- Se tu ne manchi poi, te li torrem per forza; tò, ecco i tuoi denari.
- Aridosio
- Oh Dio, e’ son pur dessi. ;Marcantonio: mio, quanto ben ti voglio; io non ti potrò mai ristorare, se ben vivessi mill’anni.
- Marcantonio
- Tu mi ristorerai d’avanzo, se tu farai queste due cose.
- Aridosio
- Tu mi hai reso la vita, l’onore, la roba e l’essere; che insieme con questa aveva perduto.
- Marcantonio
- Però mi dei tu far queste grazie.
- Aridosio
- E chi gli avea rubati?
- Marcantonio
- Lo intenderai poi: rispondi a questo.
- Aridosio
- Io voglio prima annoverargli e poi ti risponderò.
- Marcantonio
- Che bisogna adesso annoverargli?
- Aridosio
- E se ce ne mancasse?
- Marcantonio
- Non ve ne manca certo: e se ve ne mancherà, ti prometto di rifarteli del mio.
- Aridosio
- Fammi un poco di scritto e son contento.
- Marcantonio
- Quest’è pur cosa da starne alla fede.
- Aridosio
- Orsù, io me ne sto alla tua promessa; che di’ tu di sei mila ducati?
- Erminio
- Guarda s’egli ha tenuto a mente questo.
- Marcantonio
- Dico che noi vogliamo la prima cosa che tu dia Cassandra tua figliuola per moglie a Cesare di Poggio.
- Aridosio
- Son contento.
- Marcantonio
- Di poi, che tu lasci torre a Tiberio una moglie, che gli dà sei mila scudi di dote.
- Aridosio
- Di questo io ho da pregar voi; come, sei mila ducati? e chi sarà più ricco di lui?
- Marcantonio
- Egli è da Tortona; che non dica poi io nol sapeva.
- Aridosio
- Sia da casa del diavolo; sei mila ducati, eh?
- Marcantonio
- E Tiberio è contento di darti della sua dote mille scudi, i quali tu dia per dote a Cesare, acciocchè non ti abbia a cavare denari di mano.
- Aridosio
- Questi mi paiono ben troppi, a dirti il vero.
- Marcantonio
- Ti paion troppi, e oggi n’hai guadagnati otto mila.
- Aridosio
- Come otto mila?
- Marcantonio
- Due mila ne hai trovati tu e seimila Tiberio.
- Aridosio
- Orsù, fa tu, Marcantonio.
- Marcantonio
- Voglio che glieli dia ad ogni modo.
- Aridosio
- Noi faremo adunque due paia di nozze ad un tratto.
- Marcantonio
- Noi ne faremo pur fin in tre, che in questa sera ho dato moglie ad Erminio.
- Aridosio
- E chi?
- Marcantonio
- Te lo dirò per la via.
- Aridosio
- Buon pro ti faccia, Erminio.
- Erminio
- E a voi, che avete guadagnato oggi tanti ducati.
- Marcantonio
- Andiamo adesso dentro a concludere affatto questi parentadi, e a darne notizia ai nostri parenti che son tutti in casa mia.
- Erminio
- Fate che si mandi per Cassandra.
- Aridosio
- Ella ci sarà domattina a buon’ora, e farolla venire a casa tua, dove si potran fare tutte tre le paia delle nozze, perchè la mia è tanto disagiata stanza, che non vi si potrebbe nè ballare, nè far cosa buona.
- Marcantonio
- Io t’ho inteso, farem quello che tu vorrai; andiam pur là adesso.
- Aridosio
- Andiamo.
- Erminio
- Voi udite, stasera non si hanno a far le nozze; chè manca Cassandra e Fiammetta mia, sì che pigliatevi per un gherone, e domandassera venite che si farà allegra festa.