Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/162
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Anno di | Cristo CLXII. Indizione XV. SOTERO papa 1. MARCO AURELIO imperad. 2. LUCIO VERO imperadore 2. |
QUINTO GIUNIO RUSTICO e CAJO VETTIO AQUILINO.
Rustico quel medesimo è che fu uno de’ maestri di Marco Aurelio, sopra gli altri a lui caro. Da un’iscrizione riferita dal Panvinio1212, e posta nelle calende di luglio, si deduce che ad Aquilino succedette nel consolato Quinto Flavio Tertullo. Credesi1213 che sant’Aniceto papa nell’anno precedente compiesse gloriosamente il suo pontificato col martirio; ma è intrigata in questi tempi la cronologia de’ romani pontefici, e confessa anche la cronica di Damaso, la qual va sotto nome di Anastasio bibliotecario. Tuttavia, secondo essa cronica, Sotere papa cominciò in quest’anno a contare gli anni del suo pontificato. Avea già dato principio al suo governo nell’anno procedente Marco Aurelio Augusto, e si era cominciato a provare quanto sia vero il detto di Platone, che sarebbero felici i popoli, se regnassero solamente i filosofi, ed è lo stesso che dire se i regnanti studiassero, amassero e professassero la sapienza. Seco si univa Lucio Vero Augusto nel comando, e con buona unione, ma con subordinazione a lui, quasi che l’uno fosse padre e l’altro figliuolo1214. Studiavasi Lucio Vero di uniformarsi nelle maniere di vivere a lui, per quanto poteva, usando sobrietà, gravità e moderazione in apparenza, perchè nella sostanza troppo era egli diverso dall’altro. Non si desiderò in essi la bontà e la clemenza di Antonino Pio; ed uno de’ primi a farne pruova fu Marcello commediante, che in pubblico teatro con qualche equivoco il punse, senza che Marco Aurelio, che lo seppe, ne facesse risentimento alcuno. Ma che? contro dell’imperio romano si cominciarono a scatenar le disgrazie, e se al popolo romano non fosse toccato in tempi sì burrascosi un imperadore di tanta voglia, come fu Marco Aurelio, poteano maggiormente moltiplicarsi i guai. La prima disavventura, onde restò turbata la pubblica felicità, fu l’innondazione del Tevere, che recò un gravissimo danno alle case, alle mercatanzie ed altre robe della città di Roma, affogò gran copia di bestiame, e si tirò una terribil carestia. Le provvisioni fatte in questo bisogno dai due Augusti, tali furono che si rimediò ai disordini, e ritornò la calma nella città. Ma più da pensare davano le turbolenze insorte ai confini dell’imperio, prima eziandio che mancasse di vita Antonino Pio. In Germania i Catti popoli barbari avevano già fatto delle scorrerie nel paese romano. La Bretagna anch’essa minacciata dai barbari non sudditi dell’imperio. Fu dunque inviato in Germania a difendere quelle frontiere Aufidio Vittorino. Cosa ne avvenisse non ne resta memoria nelle storie. Alla difesa della Bretagna fu spedito Calpurnio Agricola, ma di quegli affari parimente è perita la memoria. Di maggiore importanza senza paragone fu la guerra mossa fin l’anno precedente da Vologeso re de’ Parti, non si sa, se perchè Antonino Pio ricusò di rendergli il trono regale, tolto a Cosroe suo padre, o pure perchè anch’egli, al pari de’ suoi maggiori, facesse l’amore al regno dell’Armenia, dipendente dall’imperio romano. Dopo la morte di esso, Antonino dichiarò egli la guerra, sollevò quanti re e nazioni potè di là dall’Eufrate e dal Tigri contro ai Romani, e, verisimilmente sul principio, indirizzò l’armi sue addosso alla stessa Armenia. Fu conosciuto in Roma necessario lo spedire un capo di grande autorità con gagliardissime forze, per far fronte a sì potente nemico, e perchè lo stato della repubblica esigeva in Roma la presenza di Marco Aurelio, acciocchè egli accudisse anche agli altri rumori della Bretagna e della Germania; e col consenso del senato fu presa la risoluzion d’inviare in Oriente Lucio Vero Augusto. In fatti, provveduto di tutti gli uffiziali occorrenti si partì questo giovinastro principe da Roma, e fu accompagnato dal fratello Augusto sino a Capoa. Ma appena giunto a Canosa, cadde infermo. Il che inteso da Marco Aurelio, che s’era restituito a Roma, colà si portò di nuovo per visitarlo. Tornatosene poscia a Roma, compiè i voti fatti per la salute d’esso Lucio Vero nel senato. L’andata di esso Vero vien riferita all’anno presente da vari letterati. Il padre Pagi1215 la crede seguita del precedente. Riavuto egli dalla malattia, guadagnata nel viaggio coi disordini e coi piaceri, a’ quali si abbandonò, subito che si fu sottratto agli occhi del savio fratello Augusto, continuò per mare il suo viaggio. Abbiamo da Capitolino1216, e lo asserisce anche Eusebio1217, che Lucio Vero andò a Corinto e ad Atene, sempre accompagnato nella navigazione dalla musica de’ cantori e sonatori. In Atene fece de’ sagrifizii con augurii, creduti infausti dai visionarii pagani. Poscia, ripigliato il viaggio per mare, andò costeggiando l’Asia Minore, la Pamfilia e la Cilicia, fermandosi qualche giorno per tutte le città più illustri a darsi bel tempo, finchè finalmente arrivò ad Antiochia, dove fece punto fermo. Probabilmente non vi giunse se non nell’anno presente.