Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/151

Anno 151

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Anno di Cristo CLI. Indizione IV.
ANICETO papa 2.
ANTONINO PIO imperadore 14.
Consoli

SESTO QUINTILIO CONDIANO e SESTO QUINTILIO MASSIMO.

Senza i pronomi di Sesto, il Pagi e il Relando ed altri aveano proposto i consoli presenti. Loro l’ho aggiunto io in vigore d’un’iscrizione che si legge nella mia Raccolta1145. Nuovo non è, che due fratelli portino il medesimo prenome. Il cognome o sia soprannome li distingueva. Nelle medaglie di Antonino Pio1146 spettanti all’anno presente, è fatta menzione dell’Annona, cioè della provvision di grani, fatta dal buon imperadore per sollievo del popolo romano. Se ne trova menzione anche sotto altri anni. Ben sollecito in sì importante affare fu Antonino Augusto1147, trattandosi di provvedere di vitto all’immenso popolo allora abitante in Roma. Un anno ancora vi fu, in cui si patì una grave carestia. Servì questa a far meglio conoscere il generoso ed amorevol cuore del principe. Abbondante provvision da ogni parte fece egli di grano e d’olio e di vino colla sua propria borsa, e tutto gratuitamente donò al suo popolo. Pareva che questo imperadore inclinasse troppo al risparmio, e quasi all’avarizia; ma ciò che veniva disapprovato dall’ignorante popolo, nell’estimazion de’ saggi era uno de’ suoi più begli elogi. Levò egli via moltissime pensioni date da Adriano a delle persone inutili, con dire, che era [p. 511 modifica]cosa indegna, anzi crudele, il lasciar divorare il pubblico da chi non gli prestava servigio alcuno. A Mesomede Candiotto, poeta e sonator di lira, che dovea essere ben eccellente nell’arte sua, perchè di lui parlano con lode Eusebio1148 e Suida, sminuì Antonino il salario. Vendè ancora vari addobbi ed altre cose superflue de’ palazzi imperiali, ed alcuni poderi ancora: del che probabilmente si fecero molte dicerie. Pure tutto ciò era per pubblico bene, e non per ammassar tesori, perchè Antonino in occasione magnificamente spendea, se così richiedeva il bene e il bisogno della repubblica, e il risparmio suo tendeva al non aggravar mai di nuove imposte i popoli. Se dice il vero Zonara1149, occorrendo qualche guerra, o pur altro bisogno di regalare i soldati, non richiedeva egli danari da alcuno, non imponeva gabelle; ma, messi pubblicamente all’incanto gli ornamenti del palazzo, e fin le gioie ed altri arredi della moglie Augusta, col ricavato soddisfacea i soldati. Passata poi quella necessità, procurava di ricuperar le cose preziose vendute, con rifonderne il prezzo. Alcuni le restituivano; ma altri no, senza che Antonino se ne sdegnasse, nè inquietasse per questo i compratori. Noi vedremo all’anno 170, che Marco Aurelio suo successore fece lo stesso, talmente che si può fondatamente sospettare che Zonara si sia ingannato attribuendo questo fatto glorioso ad Antonino Pio, quando esso unicamente si può credere di Marco Aurelio Antonino. Guardossi egli sempre dall’imprendere alcun viaggio lungo. Il suo andar più lontano era nella Campania e alle terre che possedeva nelle vicinanze di Roma; perchè diceva di sapere quanto costasse ai popoli la corte d’un imperadore in viaggio, ancorchè egli camminasse con poco seguito. Doveva ben esso Augusto avere inteso i lamenti delle città per li tanti viaggi fatti da Adriano, o pure da Domiziano. E quanto egli fosse alieno dal succiar il sangue de’ sudditi, lo fece ben vedere1150 con levar via tutti gli accusatori che abbondavano in altri tempi, perchè toccava loro la quarta parte delle condanne. Però sotto di lui il fisco fece poche faccende. Avea questo usato in addietro d’ingojar le sostanze di quei governatori, giudici ed altri ministri, contra de’ quali o le comunità o i privati avessero intentate querele per danari indebitamente presi nel loro uffizio; Antonino restituì ai loro figliuoli i beni confiscati, con obbligo nondimeno di rifare ai provinciali il danno ad essi dato. Nè egli fu mai veduto accettar eredità a lui lasciate da chi avea de’ figliuoli. Se s’ha da credere a Zonara1151, egli bruciò ed abolì il senatusconsulto fatto da Giulio Cesare, con cui era proibito il far testamento, in cui non fosse lasciata all’erario della repubblica una determinata parte dell’eredità. Parla anche Pausania1152 d’una legge, per cui chi avea la cittadinanza romana per privilegio, senza che questa si stendesse ai suoi figliuoli, l’eredità sua dovea passare ad altri cittadini, o pure al fisco, restandone privi essi suoi figliuoli. Ma Antonino più riguardo avendo alle leggi dell’umanità, che all’altre inventate dall’avarizia de’ principi cattivi, volle che ne’ loro figli passasse l’eredità paterna.




Anno di Cristo CLII. Indizione V.
ANICETO papa 3.
ANTONINO PIO imperadore 15.
Consoli

MARCO ACILIO GLABRIONE e MARCO VALERIO OMULO o sia OMULLO.

Questo Omulo o Omullo, console, quel medesimo è che abbiam veduto di sopra, di genio satirico e maligno. Può essere che Antonino non avesse a male la libertà del di lui parlare, anzi prendesse per