Anima sola/XVI
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Intorno all’amore.
Arrossisco nel pensare a quanti sono piaciuta come donna — solamente per questo; per il mio volto, per la mia figura — solamente per questo; hanno amato i miei occhi e non il mio pensiero — non la sua profonda passione. Mi pare un insulto alla mia anima.
Come è diverso il mio modo di sentire da quello di Maria Bashkirtseff! Ella dice: “Quando soffro sono umiliata.„ Io più soffro e più mi sento diventare alta e pura. È forse una forma d’orgoglio superiore a quello della Bashkirtseff?
Ella dice ancora: “Non bisogna lasciarci vedere troppo neanche a quelli che ci amano. Bisogna camminare nel mezzo della strada e lasciarsi dietro dei rimpianti e delle illusioni. Si figura meglio e si appare più belli.„ Che orrore! Siamo pure due donne e così diverse.
La vista della passione mi ha sempre commossa, come l’aspetto della folgore, delle innondazioni, dei vulcani, di tutti i grandi spettacoli della natura. Non è anche questo un grande spettacolo delle forze occulte, di ciò che è dentro di noi? Tutte le volte che vidi un uomo a’ miei piedi ammirai Dio nella più profonda delle sue manifestazioni. Così grande è l’uomo nella passione! Balenano allora veramente in lui le maestà dei turbini e delle tempeste.
E anche quando non ho potuto ricambiare l’amore, ho però sempre provato una impressione profonda di rispetto, una commozione dolce e solenne per il nuovo mistero. È triste non essere amati, ma è anche triste assai non poter amare non poter rispondere ad un affetto che si ispira, sapendo che forse si cambierà in odio.
Mi spaventa molte volte il male che si fa senza saperlo e senza volerlo. Quando una parola mi offende, non posso esimermi dal ricordare tutte le parole che io stessa ho pronunciate, e quante fra esse avranno pure ferito qualcuno. Mi sembra allora un giusto riparto di pena e mi pare di trovarmi nell’equilibrio della natura. I frutti pigiati in un paniere si ammaccano l’un l’altro senza poter dire con giustizia che l’offensore sia più cattivo dell’offeso, non è vero?
È giunta al vostro orecchio la voce di un poeta che mi ha maledetta perchè non corrisposi al suo amore. Ma perchè si ama? Oh! il grande e malinconico mistero che ci incombe, l’inevitabile fatalità di soffrire e di far soffrire! Se l’amore non fosse un fanciullo cieco dovrebbe guidare a noi l’anima fatta per la nostra anima, e non è così, non è quasi mai così. Noi ci consumiamo in aspettative, in desideri, in lotte, in rimpianti e l’amore ci passa accanto e sorride.
Ma perchè si ama? torno a domandarvelo. Diciamo: amo la sua bellezza, il suo ingegno, la sua bontà; amo i suoi capelli perchè sono neri, amo la sua voce perchè è soave. E non è vero, e non è niente di tutto ciò. Amo perchè amo. Questa è la formula dell’amore; non ve ne sono altre.
Noi obbediamo ciechi, ad una legge veggente; la prova è che non si ama quando si vuole e quando il disinganno amoroso ci percuote, accusiamo gli altri e non ci accorgiamo di essere nello stesso tempo vittima e carnefice, fedeli e infedeli insieme, strumenti misteriosi e fatali del grande Ignoto che ci guida.
Rileggendo ancora i versi ardenti di collera di quel poeta, mi sento invasa da una inesprimibile malinconia. Che cosa ci sarebbe voluto per invertire le parti? Oh! così poca cosa, meno che nulla. Se io lo avessi amato, egli non mi amerebbe più, ora, e il crudele sarebbe lui.