Andria/Atto quarto/Scena III

Atto quarto - Scena III

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Publio Terenzio Afro - Andria (II secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Luisa Bergalli (1735)
Atto quarto - Scena III
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MISIDA, E POI DAVO.

Misida
POssibil, che nessuno abbia un sol bene

Fermo in questo mondaccio? O Dio! Credeva
Che il sommo bene della mia Padrona
Si fosse in tutto Panfilo; egli amico,
Amatore, marito, che doveva
Protegerla ogni tempo, or per cagione
Di lui, deh, che rammarichi non ha
La poveraccia? In fede, che quel male
Ch’ella ne ha sorpassa tutto il bene,
Ch’ella ne ha avuto: Ma Davo vien fuora,
Ch’e’ questo Davo mio, dove vai tu
Con quel fanciullo?

Davo
Misida ve’ qua,

Per questo fatto mi bisogna la
Tua svegliata memoria, e il tuo operare
Destro.

Misida
Che opra hai per le mani.


Davo
Te’

Presto questo bambino, ponlo là
Avanti l’ uscio nostro.

Misida
O la così

In piana terra!

Davo
Togli quattro foglie

Là da quell’ Ara, e attaccagliele sotto.

Misida
Perchè nol fai tu da te?


Davo
Perche se’,

Fosse bisogno giurar al Padrone.
Che non l’ho messo io, possa giurarlo
In buona coscienza.

Misida
Bene sta.

Ma come sei divenuto a quest’otta
Così dabbene?

Davo
Spacciati, se vuoi

Saper quel, ch’io vo’ fare! O un’altro Diavolo.

Misida
Cos’è.


Davo
Ecco qui il Padre della Sposa;

Lascio il primo consiglio.

Misida
Io non so infatti

Ciocchè borbotti.

Davo
Io farò vista di

Venir qui da man destra: sta avvertita,
Di risponder secondo, ch’ io ti dico,
Se vi sarà da parlare.

Misida
Io non so

Quel, che vuoi fare per nulla; ma se
V’ha cosa, in che vi possa giovar l’opera
Mia, che tu ’l sappia più di me, sto quì,
Ch’io non vo disturbar il vostro comodo.