Andrea Doria/L'Uomo/1
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Capitolo 1
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MONSIGNOR Agostino Giustiniani, negli Annali della Repubblica di Genova annota con soddisfazione gli alti e continui riconoscimenti che gli Imperatori di Costantinopoli sempre diedero a Genova per la sua attività nel vicino Oriente. La Repubblica di Genova che, come quella di Venezia, aveva dalle Crociate ritratto il maggior vantaggio economico, costituendo in quella plaga fiorentissime colonie, ebbe in dono dagli Imperatori fondachi, chiese, contrade, e oggetti tuttora preziosi. Di tale situazione di privilegio in Oriente, largamente beneficiavano tutti i cittadini genovesi, che avevano trovato un campo sicuro per la loro ben nota attività e per le loro speciali capacità.
Questa favorevole situazione durò ben tre secoli, con grande vantaggio di Genova, che per lungo tempo fu la più importante città marittima d’Europa.
Ma alla metà del XV secolo un fatto decisivo per la storia europea, venne a chiudere anche quel periodo di floridezza: Maometto II, nel 1453, conquistava Costantinopoli, e metteva fine all’Impero. E’ gloria di Genova essere stata, in quell’occasíone, l’unico stato europeo a fare argine ai Turchi: il suo Capitano Giovanni Giustiniano Longo partecipò eroicamente all’estrema difesa di Costantinopoli, e dovette abbandonare il combattimento per una mortale ferita. Anche l’ultimo imperatore d’Oriente, Costantino XI1I il Dragazete, periva in combattimento: e il Turco si insediò nell’Impero, portandovi quello spirito di intransigenza religiosa, che caratterizzava la sua stessa religione, e che non dava tregua ai cristiani. Anche i genovesi, naturalmente, si videro fatti oggetto di persecuzioni e di lotte sanguinose. I floridissimi fondachi, i fornitissimi magazzini furono dilapidati, e per la maggior parte abbandonati: e Genova, che ne aveva ritratto sicura e pacifica ricchezza, conobbe quei momenti di grave disagio che succedono ai periodi di floridezza, quando gli affari vanno male.
Ma, prima della fine del secolo, un altro affare, doveva andar male per la città gloriosa. L’avvenimento che immortalava un suo figlio, la scoperta dell’America, veniva a darle un altro brutto colpo. La scoperta del nuovo continente significava nuove terre da sfruttare, è vero, ma erano gli altri a sfruttarle: terre che, a prima vista, si dimostravano ricche d’ogni ben di Dio. Erano nuove possibilità di espansione, ma per gli altri. Significavano soprattutto, ed erano, un allargamento del campo d’azione dell’uomo, epperciò una corrispondente diminuzione d’importanza di tutto quanto l’uomo aveva sino a quel momento sfruttato e, sia pure, valorizzato. L’Atlantico spodestava il Mediterraneo, così come le Indie Occidentali spodestavano l’Oriente vicino e gli altri centri del commercio che avevano fino ad allora tenuto lo scettro.
Solamente in un secondo tempo le nuove scoperte avrebbero potuto costituire un terreno di sfruttamento per tutti, se i bassi egoismi dei primi ad arrivare, non lo avessero impedito: comunque è fuori discussione che tali scoperte, agli inizi del secolo, si presentassero per Genova e per tutte le altre città marittime e commerciali del Mediterraneo con prospettive non favorevoli.
Genova, già avvilita dalle lotte interne, già menomata dall’intervento e dal possesso straniero, legata alla sorte delle fazioni, che si succedevano nel suo governo a seconda che vincevano e soccombevano, attraversò uno dei più brutti periodi della sua storia.
In questo momento veramente decisivo per le sorti della Repubblica, al momento giusto, Dio mandò alla tenace regina del glorioso Mediterraneo ormai, come abbiamo detto, ridotto di importanza, e limitato nelle sue funzioni l’uomo necessario alla sua ripresa. Grandissima figura di Principe, che si erge in un’epoca miracolosa della storia del mondo, uomo e condottiero del suo tempo, espressione viva di un modo di esprimersi della forza umana, Andrea Doria fu veramente come Genova lo onorò, il Padre della Patria.
Ogni popolo che sia veramente tale, che abbia cioè in sé gli elementi indispensabili per risorgere - la forza e lo spirito - esprime dalle sue linfe, nel momento più difficile della sua vita, l’Uomo: principe o popolano, guerriero o pensatore, ma saggio e forte, ardito e cauto, astuto e diritto. L’Uomo che afferra il timone, della nave sballottata dalla tempesta, e le indica la meta, e la conduce al porto.
Questa è la sintesi superba della vicenda di Andrea Doria, salvatore di Genova.