Andate, o pellegrini
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VII
ANDATE, O PELLEGRINI...
Andate, o pellegrini,
sulla prua che veleggia alla ventura:
il mare è vasto, e vita è mutamento.
Sul tergo dei delfini
5scherza la luce, e il granchio è cosa oscura,
cui non move dal sasso onda né vento.
Andate: è legge antica
che l’uomo, allo stillar d’ogni rugiada,
lasci il giaciglio e i sandali riprenda,
10E sotto stella amica
o scellerata eternamente vada,
come il pallido ebreo della leggenda.
Un di dall’Asia a torme
vennero i padri, il mistico velario
15seco recando alle cognate sedi.
E sulla bara enorme
delle sacre famiglie il dromedario
fa sentir novamente i tardi piedi.
Un lin d’araba saga
20è fascia al Pallicar d’idra e Corinto,
fra i sassi d’Edda ha culla un scmideo:
da polline, che vaga
confuso a polve d’un califfo estinto,
spunta la rosa a un finnico imeneo.
25Cadon le nivee bende
d’Egeria nella sacra urna di Nurna,
e sorgon dal velato Indo i profeti.
Muore l’Incasso, e splende
la colomba dell’arca a Montezuma,
30giá vista al Nibelungo entro i querceti.
Ciba il villnn le zebe
dove un giorno i leoni ebber pasture,
e nel cranio di Siila il verme stride.
E sulle truci glebe
35ove passò di Clodoveo la scure,
balla il fandango la gitana e ride.
Usi, favelle ed are,
e vivi e moni continovamente
vengono e van con novitá di suoni.
40Flutto d’immenso mare,
che flagella le chiome alla ridente
Venere glauca e ai pallidi Orioni.
Sia duro il varco o lieve,
ha ciascun la sua tenda e il suo penate,
45e una zolla ove dorme e in che si pasce.
L’ora del tempo è breve;
andate, o dolci pellegrini, andate:
sua ventura ha ciascun dal di che nasce.