Aminta (1590) - Versione critica/Atto primo/Scena prima
Questo testo è incompleto. |
◄ | Atto primo | Atto primo - Scena seconda | ► |
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Dafne. Silvia.
Da i piaceri di Venere lontana
Menarne tu questa tua giovanezza?
Ne’l dolce nome di madre udirai?
5Nè intorno ti vedrai vezzosamente
Scherzar i figli pargoletti? ah, cangia,
Cangia (prego) consiglio,
Pazzarella che sei.
Sil.Altri segua i diletti de l’Amore,
10(Se pur v’è ne l’amor alcun diletto)
Me questa vita giova, e’l mio trastullo
È la cura, de l’arco, e de gli strali;
Seguir le fere fugaci, e le forti
15Atterrar combattendo; e, se non mancano
Saette a la faretra, o fere al bosco,
Non tem’io, che a me manchino diporti.
Daf.Insipidi diporti veramente,
Ed insipida vita: e, s’a te piace,
È sol, perche non hai provata l’altra.
20Così la gente prima, che già visse
Nel mondo ancora semplice, ed infante,
Stimò dolce bevanda, e dolce cibo,
L’acqua, e le ghiande, ed or l’acqua, e le ghiande
Sono cibo, e bevanda d’animali,
25Poi che s’è posto in uso il grano, e l’uva.
Forse, se tu gustassi anco una volta
La millesima parte de le gioie,
Che gusta un cor amato riamando,
Diresti, ripentita, sospirando:
30Perduto è tutto il tempo,
Che in amar non si spende.
O mia fuggita etate,
Quante vedove notti,
Quanti dì solitari
35Ho consumati indarno,
Che si poteano impiegar in quest’uso,
Il qual più replicato, è più soave.
Cangia, cangia consiglio,
Pazzarella che sei: