Aminta (1590)/Atto primo/Choro

Choro

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Aminta - Atto secondo


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choro

O
Bella età de l’oro

320Non già perche di latte
     Sen’corſe il fiume, e ſtillò mele il boſco;
     Non perche i frutti loro
     Dier da l’aratro intatte
     Le terre, e gli angui errar ſenz’ira, ò toſco;
     325Non perche nuuol foſco
     Non ſpiegò allhor ſuo velo,
     Ma, in Primauera eterna,
     C’hora s’accende, e verna,
     Riſe di luce, e di ſereno il Cielo;
     330Nè portò peregrino
     Ò guerra, ò merce, à gli altrui lidi il pino:
         Ma ſol, perche quel vano
     Nome ſenza ſoggetto,

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     Quell’Idolo d’errori, ldol d’inganno,
     335Quel, che dal volgo inſano
     Honor poſcia fù detto,
     (Che di noſtra natura’l feo tiranno)
     Non miſchiaua il ſuo affanno
     Frà le liete dolcezze
     340De l’amoroſo gregge;
     Nè fù ſua dura legge
     Nota à quell’alme in libertate auuezze:
     Ma legge aurea, e felice,
     Che natura ſcolpì, S’ei piace, ei lice.
         345Allhor trà fiori, e linfe,
     Trahean dolci carole
     Gl’Amoretti ſenz’archi, e ſenza faci;
     Sedean Paſtori, e Ninfe,
     Meſchiando à le parole
     350Vezzi, e ſuſurri, & à i ſuſurri i baci
     Strettamente tenaci;
     La Verginella ignude
     Scopria ſue freſche roſe,
     C’hor tien nel velo aſcoſe,
     355E le poma del ſeno acerbe, e crude;
     E speſſo in fonte, ò in lago
     Scherzar ſi vide con l’amata il vago.
         Tu prima, Honor, velaſti,
     La fonte de i diletti,
     360Negando l’onde à l’amoroſa ſete:
     Tu à begli occhi inſegnasti

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     Di ſtarne in ſe riſtretti,
     E tener lor bellezze altrui ſecrete:
     Tu raccogliesti in rete
     365Le chiome à l’aura sparte:
     Tu i dolci atti laſciui
     Festi ritroſi, e ſchiui:
     À i detti il fren poneſti, à i paſſi l’arte:
     Opra è tua ſola, ò Honore,
     370Che furto ſia quel, che fù don d’Amore.
         E ſon tuoi fatti egregi
     Le pene, e i pianti nostri.
     Ma tu, d’Amore, e di Natura donno,
     Tu domator de’ Regi,
     375Che fai trà queſti chioſtri,
     Che la grandezza tua capir non ponno?
     Vattene, e turba il ſonno
     À gl’illuſtri, e potenti:
     Noi quì negletta, e baſſa
     380Turba ſenza te laſſa
     Viuer ne l’uſo de l’antiche genti.
     Amiam, che non hà tregua
     Con gli anni humana vita, e ſi dilegua.
         Amiam, che’l Sol ſi muore, e poi rinaſce:
     385À noi ſua breue luce
     S’aſconde, e’l ſonno eterna notte adduce.

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coro

O
Bella età de l’oro

320Non già perché di latte
     Sen’ corse il fiume, e stillò mele il bosco;
     Non perché i frutti loro
     Dier da l’aratro intatte
     Le terre, e gli angui errar senz’ira, o tosco;
     325Non perché nuvol fosco
     Non spiegò allor suo velo,
     Ma, in Primavera eterna,
     Ch’ora s’accende, e verna,
     Rise di luce, e di sereno il Cielo;
     330Né portò peregrino
     O guerra, o merce, a gli altrui lidi il pino:
         Ma sol, perché quel vano
     Nome senza soggetto,

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     Quell’Idolo d’errori, ldol d’inganno,
     335Quel, che dal volgo insano
     Onor poscia fu detto,
     (Che di nostra natura’l feo tiranno)
     Non mischiava il suo affanno
     Fra le liete dolcezze
     340De l’amoroso gregge;
     Né fu sua dura legge
     Nota a quell’alme in libertate avvezze:
     Ma legge aurea, e felice,
     Che natura scolpì, S’ei piace, ei lice.
         345Allhor tra fiori, e linfe,
     Traean dolci carole
     Gl’Amoretti senz’archi, e senza faci;
     Sedean Pastori, e Ninfe,
     Meschiando a le parole
     350Vezzi, e susurri, ed a i susurri i baci
     Strettamente tenaci;
     La Verginella ignude
     Scopria sue fresche rose,
     Ch’or tien nel velo ascose,
     355E le poma del seno acerbe, e crude;
     E spesso in fonte, o in lago
     Scherzar si vide con l’amata il vago.
         Tu prima, Onor, velasti,
     La fonte de i diletti,
     360Negando l’onde a l’amorosa sete:
     Tu a begli occhi insegnasti

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     Di starne in sé ristretti,
     E tener lor bellezze altrui secrete:
     Tu raccogliesti in rete
     365Le chiome a l’aura sparte:
     Tu i dolci atti lascivi
     Festi ritrosi, e schivi:
     A i detti il fren ponesti, a i passi l’arte:
     Opra è tua sola, o Onore,
     370Che furto sia quel, che fu don d’Amore.
         E son tuoi fatti egregi
     Le pene, e i pianti nostri.
     Ma tu, d’Amore, e di Natura donno,
     Tu domator de’ Regi,
     375Che fai tra questi chiostri,
     Che la grandezza tua capir non ponno?
     Vattene, e turba il sonno
     A gl’illustri, e potenti:
     Noi qui negletta, e bassa
     380Turba senza te lassa
     Viver ne l’uso de l’antiche genti.
     Amiam, che non ha tregua
     Con gli anni umana vita, e si dilegua.
         Amiam, che’l Sol si muore, e poi rinasce:
     385A noi sua breve luce
     S’asconde, e’l sonno eterna notte adduce.