Amico, negligenzia è piú, che danno
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Questo testo fa parte della raccolta XXIV. Pieraccio Tedaldi
XXXVI
In riprensione del vizio della pigrizia.
Amico, negligenzia è piú, che danno,
però che disonor drieto si trae;
e ciascadun distintamente il sae,
e spezialmente quei, che seco l’hanno.
Però, quando niente a fare egli hanno,
vanno indugiando d’ora in or piú láe:
cosí facendo, il tempo se ne vae,
e passa il rii, semmana e mese e l’anno.
E odi quel, che ’ncontra a’ niquitosi:
essendo ricchi, pieni e bene agiati,
diventan pover’, miseri e gottosi;
e, mentre al mondo vivon, son chiamati
cattivi, sciagurati e dolorosi:
dunque, in mal punto que’ cotal son nati.
Però te ne correggi, amico mio,
se vuoi piacere al mondo e poi a Dio.