Adiecta (1905)/II/LXXVIII
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IL MIO CUORE
I.
Il mio cuore è uno scrigno di velluto
che con sette sigilli è sigillato.
Molti voller saperne il contenuto,
4ma nessuno finor l’ha indovinato.
Lungamente il segreto ho mantenuto
e il labbro come il cor tenni serrato,
ma più a lungo tacer non ho potuto
8ed i sette sigilli ho lacerato.
Sappiate dunque che nel cor segreto
chiudo i ricordi del tempo remoto,
11i fiori secchi dell’aprii mio lieto,
fra cui quest’oggi, e già ne son pentito,
scendo a frugar con l’animo devoto
14per cavarne un sonetto impallidito.
II.
Un povero sonetto impallidito,
fior dell’anima mia morto e seccato,
che tra le foglie sue reca smarrito
4come un lontano odor del mio passato,
come un ricordo vago e scolorito,
un’eco lieve del tempo beato,
un rimpianto profondo ed infinito
8di tutto quel che in giovinezza ho amato.
Ed ecco che il sonetto esce discreto
da la prigion dove dormiva ignoto
11e rivede tremando il mondo lieto.
Va dunque, o mesto fior da me cresciuto,
porta a chi m’ama del mio core il voto,
14ed a chi m’odia porta il mio saluto.