Abrakadabra/Prologo/II
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CAPITOLO II.
Il discorso del farmacista.
Una sera i tre antagonisti di C... si erano infervorati più che mai nella discussione politica.
Le finestre della sala erano aperte, e parecchi paesani, attratti dalle grida, sporgevano dai parapetti le bocche spalancate. La Camera del signore aveva le sue tribune.
Quella sera l’assemblea era completa. Il medico e i due domestici sedevano a poca distanza dal signore.
Il farmacista aveva la parola:
« — No!... colle mezze misure non si otterranno che deplorabili risultati — e fra poco le idee liberali dovranno soccombere, a meno che sull’apatia universale non prevalgano gli uomini del nostro partito.
«I moderati sono la peste delle rivoluzioni. L’oppio è il più esiziale dei narcotici, in quanto esso uccida cogli allettamenti di un sopore delizioso.
«Questa nostra società, corrotta dal despotismo, incadaverita dall’inazione e dal servaggio, domanda rimedii eroici — fuoco, sangue, terrore. Di tal guisa si rigenerano le nazioni.
«Tronchiamo le membra guaste, e il corpo sorgerà vivificato! Dovunque elevasi un campanile, si pianti una ghigliottina! I nemici del progresso sono i sicarii della umanità, la negazione di Dio. Esterminiamoli! La voce del popolo li ha colpiti del suo tremendo anatema.
«Gli schiavi, gli oppressi, i sofferenti, sono la maggioranza. Questa maggioranza è onnipotente. Già da secoli le ossa di quel misero Laocoonte che è il popolo, stridono nell’improbo amplesso di pochi rettili coronati — il Briareo dalle cento braccia si lascia stritolare senza gemiti, come un gramo fanciullo nelle fascie.
«Riscuotiti, o gigante! Strappa a’ tuoi carnefici quelle squame dorate che finora ti abbagliarono la vista. Schiaccia sotto il forte tallone le teste dell’idra. — Sperdi nel fango le bave velenose!... Guai se una sola testa uscirà intatta dall’eccidio! Ella andrà a rintanarsi fino a quando non abbia ricuperate le sue spire e il suo veleno. Al primo intiepidirsi della stagione, spiccherà un salto per morderti alla carotide e succhiare il tuo sangue.
«Che abbiamo fatto noi? che facciamo, colla nostra rivoluzione tanto vantata e tanto infruttuosa?... Abbiamo atterrito il dispotismo col tuono di una cannonata — abbiamo lanciato una bomba di carta in mezzo a questo intrigo di rettili. Ma i rettili si ritrassero nelle loro tane sibilando minaccia, e aspettando gli eventi.
«Poi misero fuori la cresta, e si sparsero fra il popolo coll’aria mansueta del primo serpente. E noi li vediamo, li incontriamo nelle nostre vie — li accogliamo nelle nostre case — li riscaldiamo nel nostro grembo — e istupiditi dall’oppio, non sentiamo le nuove trafitture. Oh la bella, la grande rivoluzione!
«Metà dell’Italia è schiava degli stranieri. I moderati ci promettono il compimento dell’opera, predicando la rassegnazione e la pazienza. — Noi ci prepariamo! gridano essi. — O che? Forse i tedeschi, i clericali, i nemici nostri non profittano anch’essi della tregua per prepararsi alla lor volta?...
«Aspettiamo! diamo tempo alla reazione di completare la sua trama! Così, il giorno in cui i soldati d’Italia dovranno schierarsi sul Mincio per attaccare i tedeschi, ovvero spingersi a Roma alla conquista di una capitale, nel volgere il capo dietro i loro passi, vedranno sventolare sulle aguglie delle nostre cattedrali i colori abborriti!
«Stolti! avete perdonato ai despoti quando essi giacevano nel fango ai vostri piedi! Liberi per un quarto d’ora, tremaste della libertà conquistata più che delle vinte tirannidi. Adulaste gli oppressori caduti, confermando nei vostri Parlamenti le leggi dell’oppressione. Temeste di mostrarvi troppo liberali, e vi lusingaste, col rispetto di un abbominevole passato, conciliarvi le simpatie di chi non potrà in nessun modo allearsi con voi.
«Perseguitaste gli uomini della luce, per allearvi, inconsapevoli o colpevoli, agli uomini delle tenebre. Impotenti o malvagi, ritiratevi! Il popolo non è con voi, non può essere con voi.
«Guai, se svegliandosi da quel sonno artifiziale che è il prodotto dei vostri narcotici, il popolo si accorgerà di esser tradito! Allora il vostro sangue correrà nelle vie a torrenti; allora tutti gli alberi e tutti i metalli si convertiranno in ghigliottine, in istrumenti di morte, pel vostro completo esterminio.
«I Robespierre, i Danton, i Marat sorgeranno a migliaia dalle officine pensanti. E questa volta non sarà l’ottantanove della Francia, ma quello di tutta l’Europa liberale, coalizzata contro i tiranni. Voi vi troverete accerchiati da un milione di baionette, minacciati da un milione di mannaie — e la libertà, come aurora boreale, splenderà sull’universo imporporata di sangue...
«E badate, che i vostri giorni sono contati; che la pazienza è prossima a mutarsi in furore... In quel giorno, i clericali e i moderati, gli uomini delle tenebre e gli uomini del crepuscolo, saranno travolti dal medesimo turbine. Coloro che si oppongono al progresso come quelli che pretendono moderarlo, rimarranno stritolati sotto le sue ruote prepotenti».
Il terribile oratore pose fine alla sua arringa per essiccamento di fauci, e sedette nel cupo silenzio de’ suoi ascoltatori.
La fronte del signore annunciava un intimo turbamento, sebbene più volte egli avesse dato segno di adesione con un leggero movimento del capo.
Il curato, durante il discorso dell’implacabile demagogo, non aveva cessato di interromperlo con delle esclamazioni che parevano giaculatorie. Poichè il farmacista ebbe finito di parlare, il buon prete giunse le mani in atto di orrore, ed ai paesani, che ascoltavano dalla finestra, fece un gesto come dicesse: non vi scandolezzate di tante bestemmie!
Il Sindaco aveva ascoltato con moderazione, meditando un’eloquente risposta.